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Le attività e aperture del Laboratorio di Riparazione e Riuso di Londa 
sono il mercoledì e il sabato pomeriggio.

giovedì 13 ottobre 2011

Ceramiche "BRUNELLESCHI" in fallimento - La RUFFINO agli Americani

E' di questi giorni la notizia del Fallimento della Fabbrica Brunelleschi a Sieci di cui vi proponiamo il video realizzato dagli stessi operai e proiettato in una Assemblea Pubblica a Sieci (organizzata da SEL):



Ai link sotto anche i comunicati fatti dal PDL, dal PD, da Rifondazione e dalla Lega Nord, 
della Provincia di Firenze, in ordine:
  1. http://met.provincia.fi.it/news.aspx?n=101582
  2. http://met.provincia.fi.it/news.aspx?n=101588
  3. http://met.provincia.fi.it/news.aspx?n=101471 
  4. http://server-nt.provincia.fi.it/consiglio/news_st.asp?id=1935
Pubblichiamo anche un articolo del PMLI di Rufina nel quale, al di là delle ideologie politiche per cui ognuno è libero di pensarla come vuole, il redattore fa una analisi molto precisa:

<< LA CHIUSURA DELLO STORICO MARCHIO CONFERMA LA DILAGANTE CRISI DELL'OCCUPAZIONE IN VALDISIEVE.

CERAMICHE BRUNELLESCHI, E' FALLIMENTO

INCUBO DISOCCUPAZIONE PER I 34 LAVORATORI DA ANNI IN CASSA INTEGRAZIONE. ANCHE LA RUFFINO AGLI AMERICANI.

Termina nel peggiore dei modi la vicenda delle Ceramiche Brunelleschi, storico marchio di pavimenti in terracotta di Pontassieve, da anni al centro di una pesante vertenza sindacale nella quale i lavoratori hanno pagato a carissimo prezzo la disastrosa gestione dello stabilimento. In oltre due anni di cassa integrazione, i lavoratori stessi, assieme a sindacati ed al timido intervento delle Istituzioni, hanno cercato in ogni modo di scongiurare quella chiusura definitiva che in fondo è sempre parsa inevitabile. La Ceramiche Brunelleschi aveva debiti per milioni di euro ma appare strana e forzata la richiesta di fallimento intimata in via definitiva da Toscana Energia Clienti per bollette non saldate ammontanti a circa 200.000 euro; fino ad oggi la messa in mora era stata evitata a causa dell'ipotetico intervento di una cordata di banche capeggiate da Bnl, che però soltanto un anno fa avevano imposto la messa in liquidazione della società malgrado, in rispetto agli accordi sindacali già firmati, fossero già stati investiti 12 milioni di euro per realizzare uno stabilimento alternativo nel confinante comune di Pelago dove poter iniziare una nuova attività sotto lo stesso storico marchio. Il sito attuale della fabbrica storica, fra l'altro in parte tutelato dalle belle arti per le ciminiere e le fornaci secolari, si trova adiacente alla super trafficata Statale 67 e nella sempre più popolosa frazione di Sieci, in direzione Firenze. Appariva chiaro già dal momento dell'acquisto dell'immobiliarista Gruppo Margheri, che niente ha mai avuto a che fare col mondo delle ceramiche, l'enorme interesse in chiave abitativa che l'area rappresentava in se. In ambito di trattativa sindacale, il Comune aveva posto per l'area della vecchia fornace un vincolo, fortunatamente ancora in essere, che impedisce la trasformazione in zona residenziale dell'area almeno fino al momento della riapertura del nuovo impianto di Pelago e la conseguente ripresa della produzione, per la tutela dei posti di lavoro esistenti. Chiaramente stavolta, l'impedimento della speculazione edilizia va di pari passo con la riapertura del nuovo impianto e la salvaguardia dell'occupazione; in quest'ottica il fallimento rappresenta però un ulteriore ostacolo in quanto al futuro Curatore fallimentare rimarrà in mano soltanto il marchio, visto che entrambi gli stabilimenti di Sieci e di Pelago appartengono al Gruppo Margheri che, fra l'altro, ha grandi necessità di risanare il proprio bilancio. A questo punto il quadro si delinea in maniera più chiara, lasciando pochi dubbi a chi, come noi, lo ha tacciato da subito di essere una vera e propria truffa di immobiliaristi e banche a danno dei lavoratori. Di fatto l'acquisto della fabbrica dal Gruppo Margheri ha avuto da sempre l'obiettivo della lottizzazione e su questo hanno agito le banche finanziando l'altro stabilimento e poi costringendo di fatto al fallimento, auspicando nuove costruzioni che nella pratica si traducono in nuovi investimenti, nuovi mutui, in sintesi nuovi profitti. Il tutto, come sempre, sulla pelle dei lavoratori. In sede di consiglio provinciale, il vincolo del comune di Pontassieve se da un lato è considerato positivo in quanto l'unica arma utilizzabile per sbloccare l'impianto di Pelago, dall'altro a detta del capogruppo leghista Mario Cordone, “rappresenta un arma a doppio taglio perchè potrebbe scoraggiare le banche a riavviare il piano di risanamento del Gruppo Margheri”. Il Pmli di Rufina, da sempre vicino alle vicende dei lavoratori delle Ceramiche Brunelleschi fin dal sorgere di questa epopea, ritiene che da salvaguardare ci siano innanzitutto i 34 posti di lavoro (che originariamente erano oltre 50) e per questo il vincolo deve rimanere in piedi così come accordato con sindacato e lavoratori; inoltre tutti gli organismi interessati devono intervenire in modo tale che il marchio sia rilevato ad un prezzo adeguato da aziende in grado di riprendere quanto prima la produzione nello stabilimento di Pelago. I margini ridotti di questa futura trattativa e per questo dall'esito non certo, confermano la sempre crescente deindustrializzazione e precarizzazione del lavoro anche in Valdisieve. A supporto di quanto detto ricordiamo, fra le altre nell’ultimo decennio, la chiusura-truffa della Centralpane di Dicomano, della Merinangora di Pelago che trasferì la propria produzione in Cina; la recente chiusura della pelletteria Emmebiemme di Rufina con conseguente fuga del padrone ed il trasferimento della Braccialini da Pontassieve alla piana fiorentina per questioni logistiche di profitto indipendenti dal lavoro e dal fatturato. In pratica, solo per queste aziende, circa 250 posti di lavoro in meno (più l’indotto) ai quali ci auguriamo non si aggiungano i 34 della ormai ex-Ceramiche Brunelleschi.  A Pontassieve, fra l'altro, un altro marchio storico internazionale della produzione di vino quale la Ruffino, è stato giorni fa svenduto alla multinazionale americana Constellation Brand la quale, in alcuni articoli pubblicati negli ultimi mesi da quotidiani nazionali dell'alta finanza, si dichiarava non molto entusiasta dell'affare che ora si è concluso (ndr la Constellation Brand possedeva già il 49,9% della Ruffino). Recentemente, notizie interne al settore davano per risaputo che il colosso americano sta cercando di sbarazzarsi di molte attività vitivinicole non considerate più redditizie. Anche su questa vicenda occorre fare la massima chiarezza per stroncare sul nascere qualsiasi eventuale tentativo di “riorganizzazione”, come le definiscono solitamente le direzioni aziendali, ed i conseguenti ulteriori tagli di posti di lavoro. Alla popolazione serve lavoro stabile ed a salario pieno. Dobbiamo dire basta alla logica del profitto capitalista che sta facendo terra bruciata nell'occupazione anche in Valdisieve, così come è necessario opporsi unitariamente al dilagante precariato. I lavoratori, unici veri motori della società, si difendono ad ogni costo.>>

Il  corrispondente del PMLI  di Rufina 

 

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