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lunedì 30 novembre 2015

Emergenza cinghiali in Toscana: «La caccia intensiva non è la soluzione, è il problema»

Le critiche e le proposte di Legambiente Chianti Fiorentino all’ordine del giorno Remaschi
[21 settembre 2015]
Cinghiali europa 1
Con l’approvazione dell’ordine del giorno presentato il 9 settembre in Consiglio regionale della Toscana,– contro il quale hanno votato Movimento 5 Stelle e Sì Toscana a Sinistra – che prevede tra l’altro l’abbattimento di 250.000 tra cinghiali e cervidi, l’assessore regionale all’Agricoltura Marco Remaschi ha aperto  un dibattito che è stato supportato anche da una forte (e spesso acritica) campagna mediatica che prende atto di un problema molto sentito in territori agricoli e a forte pressione venatoria, come quello del Chianti Classico, dove si coltivano prodotti di pregio e dove quindi i danni provocati dagli ungulati hanno una  maggior rilevanza economica.
Sul tema interviene, con un documento in gran parte condivisibile – in particolare per quanto riguarda i rischi della creazione di una filiera commerciale della carne di cinghiale –il Circolo Legambiente Chianti Fiorentino,  che forse mette un po’ troppo l’accento su una patica controversa come il controllo della fecondità e soprassiede sulla necessità di una fortissima diminuzione della presenza di cinghiali e di una loro eradicazione da luoghi di recente introduzione e nelle aree protette nazionali e regionali, dove rappresentano il più grosso pericolo per la biodiversità. Si tratta comunque di un contributo importante che, come dice il presidente del Cigno Verde chiantigiano, Ivano Inghilesi, auspica che «Si possa affrontare il problema degli ungulati non con irrazionalità ed “insensatezza” ma con sistemi di intervento basati su aspetti meramente scientifici». Ecco il documento:

Pur prendendo atto della presenza di danni alle colture specializzate dovuti in parte alla pressione degli ungulati e un numero aumentato di incidenti stradali causati da collisioni con fauna selvatica, vogliamo sottolineare quanto segue:
a) Anni e anni di abbattimenti di cinghiali, da parte di squadre di cinghialai, con il metodo della braccata con cani da seguito, non ne hanno diminuito il numero, anzi ne hanno segnato un probabile incremento delle popolazioni. Tali squadre sono state create e “formalizzate” da legge regionale (n.3/1994) e relativo regolamento di attuazione, negli anni, ulteriori norme regionali (decreti e/o deliberazioni) ne hanno allargato l’azione e lo sviluppo (come ad esempio la deliberazione della giunta regionale n. 17 del 2010 che consente ad ogni cacciatore di vendere ai privati o agli esercizi di somministrazione un ungulato abbattuto, intero o eviscerato).
b) Il cinghiale toscano odierno è un ibrido incrociato dagli anni cinquanta/sessanta con quello ungherese, più recentemente anche con il suino domestico; quindi una nuova razza (manipolata) con un maggiore trend di nascite e prolificità; tale incrocio è avvenuto soprattutto per motivi legati all’attività venatoria, a tale riguardo il Prof. Silvano Toso (ex direttore dell’INFS, attuale ISPRA) nelle “Linee Guida per la Gestione del Cinghiale (Sus Scrofa) nelle Aree Protette-II^ Edizione” sintetizza: “Le cause che hanno favorito l’espansione e la crescita delle popolazioni sono legate a molteplici fattori sulla cui importanza relativa le opinioni non sono univoche. Tra questi, le immissioni a scopo venatorio, iniziate negli anni ‘50, hanno sicuramente giocato un ruolo fondamentale. Effettuati dapprima con cinghiali importati dall’estero, in un secondo tempo i rilasci sono proseguiti soprattutto con soggetti prodotti in cattività in allevamenti nazionali. Tali attività di allevamento ed immissione sono state condotte in maniera non programmata e senza tener conto dei principi basilari della pianificazione faunistica e della profilassi sanitaria…”
c) La struttura “sociale” del cinghiale è molto complessa; il gruppo (o compagnia) è guidato dalla femmina dominante, generalmente la più anziana (o la più vigorosa), tale gruppo è costituito generalmente da decine di femmine giovani (o adulte) e dai loro piccoli (Meynhardt H. 1986. Schwarzwild-Report. Mein Leben unter Wildschweinen. Naumann, Leipzig). Le femmine di quasi tutti gli ungulati europei o sono monoestre o hanno un breve periodo di estri ripetuti. Unica eccezione è il cinghiale nelle cui femmine il periodo fertile può talora estendersi a tutto l’anno (Apollonio M., R. Putman, S. Grignolio & L. Bartoš 2011. Hunting seasons in relation tobiological breeding seasons and the implications for the control or regulation of ungulate populations. In: M. Apollonio, R. Andersen & R. Putman (eds.), Ungulate management inEurope: Problems and practices, Cambridge University Press, London, UK: 80-105). La femmina adulta regola “la sincronizzazione dell’estro “quindi viene “disciplinato” il parto tra le femmine giovani del gruppo: si ha quindi una riproduzione stagionale regolata (Dardaillon M. 1988. Wild boar social groupings and their seasonal changes in the Camargue, southern France. Säugetierkunde 53: 22- 30).
d) Breve sintesi di alcune ricerche scientifiche sulle popolazione di cinghiali in relazione alla caccia: Ricercatori quali Boitani, ed altri, affermano che il cinghiale è una specie molto adattabile con strategia “r”, il che implica che l’espansione delle popolazioni di cinghiali in Europa non può essere controllata con i modi di caccia tradizionali (Prof. Carlo Consiglio Zoologo Università La Sapienza). Ricercatori quali Servanty ed altri concludono che quando una popolazione è pesantemente cacciata, aumentare la mortalità in una sola classe d’età (ad esempio solo adulti o solo giovani) può non permettere di limitare l’accrescimento della popolazione. Secondo il ricercatore Ungherese Csányi la pressione venatoria è insufficiente per impedire l’accrescimento della popolazione di cinghiali; questi sono favoriti dall’aumento delle superfici forestali e dall’estensione dell’agricoltura che fornisce habitat adatto e cibo; inoltre la distribuzione sparsa dei distretti venatori fa sì che molti animali possano sfuggire verso zone dove non vengono cacciati (Prof. Carlo Consiglio Zoologo Università La Sapienza).
In provincia di Siena vi sono due diversi gruppi di popolazioni di cinghiali, ambedue sottoposti alla caccia. Nella parte occidentale della provincia (Val di Farma) il cinghiale è autoctono, è molto numeroso ma ha una struttura per classi di età ben equilibrata e non causa danni gravi all’agricoltura; il cibo viene somministrato solo in estate ed in foresta. Nella parte orientale (Chianti e Val di Chiana) il cinghiale è stato introdotto a scopo venatorio, viene foraggiato liberamente, è meno numeroso ma ha una struttura sbilanciata per classi di età, con prevalenza di individui giovani, e causa gravi danni all’agricoltura (Mazzoni della Stella R., F. Calovi & L. Burrini 1995. The wild boar management in a province of the Central Italy. Ibex 3: 213-216). Secondo Boitani e Morini, in assenza di un adeguato programma di monitoraggio, eventuali interventi di prelievo potrebbero risultare inefficaci per ridurre i danni; addirittura la popolazione, sottoposta ad interventi inadeguati, potrebbe anche produrre danni maggiori. Secondo Marsan ed altri “un esasperato prelievo non selettivo sul cinghiale produce subito la riduzione degli effettivi, ma questa riduzione viene immediatamente compensata da un aumento del tasso di incremento utile annuo della specie; una popolazione costituita prevalentemente da animali giovani tende a produrre maggiori danni di una naturale, indipendentemente dalla sua densità”. Marsan ed altri dimostrano che la densità del cinghiale non è influenzata da una pesante pressione venatoria, e pertanto un aumento della pressione stessa non può ridurre i danni alle coltivazioni. Secondo il rapporto dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica INFS (Gli Ungulati in Italia. Status, distribuzione, consistenza, gestione e prelievo venatorio. Istituto nazionale per la fauna selvatica -Alessandro Chigi-2002), per la fauna selvatica, la forma di caccia attualmente più utilizzata, la braccata con i cani da seguito, crea spesso una destrutturazione delle popolazioni, caratterizzate da elevate percentuali di individui giovani, responsabili di un sensibile aumento dei danni alle colture (Prof. Carlo Consiglio Zoologo Università la Sapienza).
e) Nel testo votato in consiglio regionale, in data 9 settembre, a firma dell’assessore Remaschi (problematiche causate dalla proliferazione di ungulati in Toscana ed iniziative in merito) nelle stime sulla consistenza in toscana degli ungulati, per quanto concerne le stime di caprioli-cervidaini-mufloni esse sono “complessive” quelle concernenti i cinghiali “approssimative” ovvero si ritiene siano tot in relazione agli abbattimenti del periodo. Questo aspetto è molto importante, i piani venatori devono basarsi sulla reale consistenza della popolazione di selvatici da controllare, quindi sono necessarie stime (più propriamente censimenti) il più possibile realistici ed effettuati super partes (istituti scientifici, centri interuniversitari, ecc.).
f) per quanto concerne gli incidenti stradali causati da attraversamento di ungulati (o altre specie) tale problematica è certamente non secondaria, ma ha molte “concause” e può essere facilmente strumentalizzata. Per cui deve essere affrontata con raziocinio e non con campagne mediatiche che spingono al panico con l’unico scopo di non risolvere di fatto la problematica, che, ovviamente, non si “sbriga” (appare evidente) con la sola attività venatoria. Per cui è necessario fare le seguenti considerazioni: Velocità troppo elevate, traffico veicolare aumentato a dismisura (su strade piccole e grandi), mancanza di attenzione da parte dei conducenti molte volte distratti e non concentrati, approccio alla problematica (da parte degli enti preposti quali Regione e Città Metropolitane) non scientifico ma solo emotivo; censimento delle strade e dei tratti di esse dove avvengono in modo più frequente gli incidenti, miglioramento della cartellonistica stradale che avverta (seriamente e nei punti censiti) della possibilità di attraversamento di animali selvatici, sistemazione di recinzioni ai lati delle strade a maggior flusso veicolare ,come hanno realizzato da decenni nei paesi del centro-.nord Europa, (è ad esempio inconcepibile che sulla superstrada FI-SI sia quasi del tutto assente), inserimento di catarifrangenti (come avviene in alcune regioni del nord-Italia), che rifrangono il fascio di luce dei fari delle auto verso i margini esterni delle carreggiate in modo da bloccare o scoraggiare eventuali attraversamenti , sensibilizzazione maggiore (con campagne televisive , radiofoniche, o su carta stampata) delle persone ad una guida più attenta e moderata soprattutto la sera e la mattina presto, quando può essere più frequente l’attraversamento di caprioli o cervi.
Attuando una maggiore “prevenzione” si otterrebbe, oltre che una maggiore sicurezza al volante, anche un maggior risparmio puramente economico, poiché le Città Metropolitane (o altri Enti “proprietari” delle strade) avrebbero una minore richiesta danni da parte di conducenti rimasti coinvolti in sinistri con animali selvatici. Uno studio Canadese del 2001 commissionato dal Governo di quel paese, (Clevenger, Anthony P., Bryan Chruszcz and Kari E Gunson; Highway Mitigation Fencing Reduces Wildlife Society Bulletin), ha dimostrato che la collocazione di una cartellonistica seria ed adeguata posta nei punti preventivamente censiti relativi all’attraversamento di daini e cervi, ha diminuito del 34% le collisioni con la relativa fauna selvatica.
g) troviamo davvero “curioso” che tra le more del documento a firma dell’assessore Remaschi, (problematiche causate dalla proliferazione di ungulati in Toscana ed iniziative in merito) si trovi, in calce, la richiesta della costituzione di una DOP per le carni di cinghiale; è il paradosso di tutto il testo, si cerca di abbattere e rendere le stime di presenza per ettaro vocato e non vocato della specie a numeri minimali (anche etologicamente e biologicamente difficili da conseguire), per poi permettere la loro commercializzazione creando addirittura un “marchio”. Restano molti dubbi sia sanitari che fiscali. Soprattutto quale sia la convenienza concreta delle squadre di cinghialai, una volta esaurito il compito triennale di abbattimenti di massa, a mantenere basse tali presenze, e quindi quale valore possa avere un atto regionale così articolato per l’effettiva risoluzione dei danni alle colture agricole anche in una prospettiva futura. Per quanto riguarda l’aspetto sanitario la carne di cinghiale consumata può procurare la trichinellosi (un’infezione causata da un parassita, la Trichinella Spiralis, ospitato in molte specie animali). L’allarme per questo problema da non sottovalutare, è scattato nel gennaio 2014, “nella valle del Serchio 26 persone (un gruppo di cacciatori e alcuni loro familiari) manifestarono dolori muscolari, febbre, problemi gastro-intestinali e manifestazioni cutanee, sintomi di un’infezione che i medici della Asl di Lucca non tardarono a identificare per trichinellosi”, fonte: http://www.gazzettinodelchianti.it/articoli/minutoperminuto/4670/notizie-sul-chiantifiorentino/controllo-cinghiali-trichinella.php#.UzrK5ixn3XQ
Alcune ricerche recentemente pubblicate negli Stati Uniti gettano nuova luce sulle conseguenze che l’assunzione di piombo attraverso la carne delle selvaggina abbattuta può avere sulla salute delle persone. “Il piombo è un metallo velenoso, che può danneggiare il sistema nervoso (specialmente nei bambini) e causare malattie del cervello e del sangue. L’esposizione al piombo o ai suoi sali, soprattutto a quelli solubili, o all’ossido PbO2, può causare nefropatie, caratterizzate dalla sclerotizzazione dei tessuti renali, e dolori addominali colici.” Uno studio della University of Colorado (Health Effects of Low Dose Lead Exposure in Adults and Children, and Preventable Risk Posed by the Consumption of Game Meat Harvested with Lead Ammunition) ha dimostrato che anche l’esposizione a piccole quantità di piombo (consumando carne contaminata da piombo) – inferiori a 25 microgrammi per decilitro– può provocare ipertensione, indebolimento della funzionalità renale, declino delle capacità cognitive e problemi all’apparato riproduttore. Lo studio epidemiologico e la valutazione del rischio conseguente hanno indicato che il consumo regolare di selvaggina abbattuta con fucile e munizione al piombo può causare degli aumenti anche sostanziali dei livelli di piombo nel sangue in particolare nei bambini. Fonte http://www.tutelafauna.it.
Conclusioni: Alla luce della presenza di corposi studi scientifici riguardanti prioritariamente la gestione faunistica, e lo sviluppo etologico ed ecologico delle specie di ungulati (e di altre specie di selvatici), crediamo che l’agricoltura non necessiti, per la risoluzione dei danni provocati da tale fauna selvatica, della caccia di “massa” (abbattimenti), anzi, di come essa sia assolutamente deleteria per tale attività. Crediamo quindi che sia assolutamente necessario scinderla dall’agricoltura, poiché è un valore fuorviante visto che non collimano gli obiettivi: la caccia (massiva), senza animali da abbattere (o comunque con una loro densità minimale), finirebbe di sussistere.
Proposte:
1) sterilizzazione farmacologica. Ovvero una disposizione che consenta la sterilizzazione farmacologica degli ungulati, pratica già attivata in Gran Bretagna e in Australia. Infatti in Inghilterra, un vaccino denominato GonaCon è stato sperimentato nel 2008 alla Food and Environment Reasearch Agency di York da una ricercatrice italiana, Giovanna Massei, peraltro conosciuta in Toscana per aver collaborato con il parco della Maremma. Permette di sterilizzare i cinghiali attraverso esche specifiche apribili solo dagli ungulati, senza colpire altre specie. In Australia la pratica della sterilizzazione farmacologica (con un altro ritrovato sistemico il suprelorin) è già stata messa a punto sui Koala e su altri marsupiali.
2) obbligatorietà di esecuzione dei censimenti della fauna selvatica avvalendosi delle Università e/o degli Istituti Scientifici toscani,così come prevede l’art 2 comma 3 della legge regionale 3/94; che recita: “ la Regione, per la realizzazione degli scopi definiti dalla presente legge, si avvale del supporto scientifico delle Università toscane, nonché istituti scientifici e organismi di studio…” ;
3) studiare seriamente il problema coinvolgendo le Università Toscane, organizzando conferenze e convegni di valore unicamente scientifico,
4) sperimentazione seria su alcune aziende agricole, con la realizzazione di progetti pilota, relativamente all’uso di barriere olfattive e gustative, ovvero repellenti , applicati nel perimetro delle colture da difendere, in grado di allontanare gli ungulati.
5) stop ai foraggiamenti intensivi ed estensivi, con sanzioni pesanti (quali la sospensione della licenza del porto del fucile), in caso di flagranza o reiterazione.
6) ripopolamenti effettuati con maggiore controllo da parte delle autorità sanitarie (e/o altre preposte) e in minore quantità , con programmi di reinserimento sotto l’egida dell’ISPRA
7) selvicoltura naturalistica e sistemica è noto ormai che i danni apportati alle colture forestali (e ai coltivi) non sono proporzionali solo alla densità degli Ungulati, ma anche al tipo di pratiche selvicolturali in atto (Reimoser e Gossow 1996). Inoltre un bosco capace di fornire cibo e protezione permette di trattenere in zona gli animali, annullando i rischi di pressione di pascolo sul fondovalle e sulle colture agrarie circostanti.
Il tempo è maturo perché si passi anche da noi dalle buone intenzioni ai fatti, la ricerca scientifica ci ha fornito soluzioni “tecniche”, la Regione può e “deve” dare inizio a risoluzioni complementari ai prelievi, magari iniziando da alcune aree sperimentali, per esempio all’interno dei parchi regionali, sotto l’egida degli organismi di Studio.
Sunto Finale:
“Io vorrei spiegare che la caccia non è in nessun modo necessaria alla conservazione della natura e che in realtà molti scienziati compiacenti, fin dagli anni ‘30, hanno formulato delle teorie scientifiche per sostenere che la caccia era compatibile, e forse anche necessaria, alla conservazione della natura, però che questi argomenti non sono fondati, perché gli animali raggiungono da soli un equilibrio con il loro ambiente e hanno dei meccanismi interni di regolazione delle popolazioni”.
“Lo stesso concetto di sovrappopolazione non ha un fondamento scientifico o una definizione scientifica. Sovrappopolazione significa che gli animali sono di più di quelli che dovrebbero essere, ma nessuno può dire quanti dovrebbero essere. Gli animali sono quelli che sono, in seguito all’equilibrio che essi raggiungono…” (Prof. Carlo Consiglio già Docente di Zoologia all’Università “La Sapienza” di Roma- intervista a http://www.no-alla-caccia.org)

Circolo Legambiente Chianti Fiorentino

fonte: http://www.greenreport.it/news/aree-protette-e-biodiversita/emergenza-cinghiali-in-toscana-la-caccia-intensiva-non-e-la-soluzione-e-il-problema/

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