Situazione alle 17.40 del 28 Novembre 201 |
Se si dice che, ancora oggi, tante cose per ridurre il rischio non sono state fatte (vedi art. sotto sull'Arno)........ com'è che anche l'Autorità di Bacino ha dato parere positivo per costruire quello schifo di INCENERITORE 7 volte più grande dello schifo che c'è adesso a Selvapiana???
Eppure, anche con Bilancino, la situazione dopo 1 giorno di pioggia (no bomba d'acqua!) è quella della foto !! (idem alle altre piene degli anni precedenti).
Anche se le NORME del PAI permettono ciò, la cosa NON quadra!
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La Nazione Edizione di VIAREGGIO | (gio, 29 nov 2012) |
«Graziati
dall’Arno solo per miracolo»
dall’Arno solo per miracolo»
Checcucci:
il fiume non è mai stato messo in sicurezza
il fiume non è mai stato messo in sicurezza
Sandro
Bennucci
FIRENZE
«ORA CREDO che il cielo, quello con la ‘c’ minuscola,
abbia mandato segnali sufficienti per spingerci a mettere in sicurezza davvero
Firenze e due terzi della Toscana».
Ha passato ore davanti ai computer, Gaia
Checcucci, segretario dell’Autorità di bacino dell’Arno. Sussultando ogni volta
che il diagramma schizzava in alto, facendo superare il livello di guardia ai
minacciosi «fratellini» dell’Arno: Sieve, Ombrone, Pistoiese, Bisenzio, Elsa. Per non
parlare delle aritmie che ha subìto ieri l’altro, alle impennate del Mugnone e
dell’Ema, rigagnoli diventati gonfi e violenti.
Dottoressa
Checcucci, l’ha fatta sussultare anche l’Arno, arrivato a
tre centimetri dal livello di guardia agli
Uffizi?
«No, perchè la piena è stata contenuta, così come non
dovrebbero esserci problemi nelle prossime ore. Il fatto è che non possiamo
più vivere col fiato sospeso. Negli ultimi 46 anni, l’Arno si è mantenuto
tranquillo, ma a quanti miracoli abbiamo diritto?».
Per l’Arno,
paradossalmente, le bombe d’acqua sono meno pericolose delle piogge estese: nel
’66 caddero, in media 220, millimetri sull’intero bacino e fu
l’alluvione...
«Il rischio è se il
cielo, sempre con la ‘c’ minuscola, scarica la bomba d’acqua sul Pratomagno o
sul Casentino. Sarebbero problemi anche senza piogge estese».
Come
si fa a bloccare 200 milioni di metri cubi d’acqua a monte di
Firenze?
«Intanto provando a tenerne 50 mila attraverso
le casse d’espansione del Valdarno e l’innalzamento della diga di
Levane».
Con il «pianino» da 200 milioni del suo predecessore, professor
Menduni?
«Sì, quello che firmarono nel 2005 l’allora ministro
Altero Matteoli e l’allora governatore, Claudio Martini. Ma è un piano
ritoccato: servono 270-300 milioni».
Ci sono?
«In parte sì,
ma bisogna vincere resistenze locali e burocratiche. Mi pare che il governatore,
Rossi, ora sia molto determinato».
Se ricapitasse un disastro come quello del
’66, quanto ci costerebbe, senza contare le perdite di vite
umane?
«Nel 1999, Raffaello Nardi, altro mio predecessore,
parlò di 30 mila miliardi di vecchie, lire, cioè 15 miliardi di euro. Ma è una
valutazione impossibile. Ricordi che nel bacino ci sono Firenze e Pisa,
città-vetrina che custodiscono patrimoni d’arte e cultura».
Anche i
«fratellini» dell’Arno le hanno provocato
fibrillazioni...
«Soprattutto il Mugnone, ma per via di lavori
Tav non completati. Il resto della rete ha tenuto. In particolare hanno
funzionato le casse d’espansione del Vingone, a Scandicci, e dell’Ema, a
Capannuccia. Dove s’interviene si vede».
Che cosa farà
oggi?
«Scriverò al Governo e alla Regione.
Si deve sapere che il cielo, con la ‘c’ minuscola, può far paura».
sandro.bennucci@lanazione.net
Bennucci
FIRENZE
«ORA CREDO che il cielo, quello con la ‘c’ minuscola,
abbia mandato segnali sufficienti per spingerci a mettere in sicurezza davvero
Firenze e due terzi della Toscana».
Ha passato ore davanti ai computer, Gaia
Checcucci, segretario dell’Autorità di bacino dell’Arno. Sussultando ogni volta
che il diagramma schizzava in alto, facendo superare il livello di guardia ai
minacciosi «fratellini» dell’Arno: Sieve, Ombrone, Pistoiese, Bisenzio, Elsa. Per non
parlare delle aritmie che ha subìto ieri l’altro, alle impennate del Mugnone e
dell’Ema, rigagnoli diventati gonfi e violenti.
Dottoressa
Checcucci, l’ha fatta sussultare anche l’Arno, arrivato a
tre centimetri dal livello di guardia agli
Uffizi?
«No, perchè la piena è stata contenuta, così come non
dovrebbero esserci problemi nelle prossime ore. Il fatto è che non possiamo
più vivere col fiato sospeso. Negli ultimi 46 anni, l’Arno si è mantenuto
tranquillo, ma a quanti miracoli abbiamo diritto?».
Per l’Arno,
paradossalmente, le bombe d’acqua sono meno pericolose delle piogge estese: nel
’66 caddero, in media 220, millimetri sull’intero bacino e fu
l’alluvione...
«Il rischio è se il
cielo, sempre con la ‘c’ minuscola, scarica la bomba d’acqua sul Pratomagno o
sul Casentino. Sarebbero problemi anche senza piogge estese».
Come
si fa a bloccare 200 milioni di metri cubi d’acqua a monte di
Firenze?
«Intanto provando a tenerne 50 mila attraverso
le casse d’espansione del Valdarno e l’innalzamento della diga di
Levane».
Con il «pianino» da 200 milioni del suo predecessore, professor
Menduni?
«Sì, quello che firmarono nel 2005 l’allora ministro
Altero Matteoli e l’allora governatore, Claudio Martini. Ma è un piano
ritoccato: servono 270-300 milioni».
Ci sono?
«In parte sì,
ma bisogna vincere resistenze locali e burocratiche. Mi pare che il governatore,
Rossi, ora sia molto determinato».
Se ricapitasse un disastro come quello del
’66, quanto ci costerebbe, senza contare le perdite di vite
umane?
«Nel 1999, Raffaello Nardi, altro mio predecessore,
parlò di 30 mila miliardi di vecchie, lire, cioè 15 miliardi di euro. Ma è una
valutazione impossibile. Ricordi che nel bacino ci sono Firenze e Pisa,
città-vetrina che custodiscono patrimoni d’arte e cultura».
Anche i
«fratellini» dell’Arno le hanno provocato
fibrillazioni...
«Soprattutto il Mugnone, ma per via di lavori
Tav non completati. Il resto della rete ha tenuto. In particolare hanno
funzionato le casse d’espansione del Vingone, a Scandicci, e dell’Ema, a
Capannuccia. Dove s’interviene si vede».
Che cosa farà
oggi?
«Scriverò al Governo e alla Regione.
Si deve sapere che il cielo, con la ‘c’ minuscola, può far paura».
sandro.bennucci@lanazione.net
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