Associazione Ambientalista a carattere volontario ed apartitica, che si configura quale associazione di fatto. Essa non ha alcuna finalità di lucro. L’area di svolgimento delle attività dell’Associazione è delimitata ai comuni della Valdisieve.

EVENTI 2

  • LABORATORIO RIUSO E RIPARAZIONE A LONDA 

Le attività e aperture del Laboratorio di Riparazione e Riuso di Londa 
sono il mercoledì e il sabato pomeriggio.

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domenica 13 febbraio 2022

“La ‘ndrangheta nei cantieri ferroviari Rfi di mezza Italia”: 15 arresti. Faro sui principali appaltatori: “C’era piano per spartirsi commesse”

 

 | 11 FEBBRAIO 2022

Stando alle indagini, numerose imprese intestate a prestanome e riconducibili alla cosca della 'ndrangheta dei Nicoscia-Arena di Isola di Capo Rizzuto avrebbero ottenuto in subappalto lavori che Rfi appaltava a 'colossi' del settore, come Generale Costruzioni Ferroviarie spa (Gcf) del Gruppo Rossi e il gruppo Ventura. Sequestrati oltre 6,5 milioni di euro. La pm: "Spesso nei cantieri operai senza competenze né abilitazioni, erano sfruttati"

Uomini vicini alle cosche di ‘ndrangheta avevano messo le mani “in uno dei settori strategici del Paese”, i lavori di Rete di ferroviaria italiana, attraverso un complesso sistema di “subappalti mascherati” che coinvolgeva anche le grandi società appaltatrici. E spesso gli operai che finivano nei cantieri non avevano “alcuna competenza professionale” e la documentazione che attestava la loro abilitazione era frutto di “falsificazione”. Non solo: il personale lavorava in “condizioni di sfruttamento”. È quanto ritiene di aver accertato la procura antimafia di Milano a conclusione dell’inchiesta che ha portato all’arresto di 15 persone – 11 in carcere e 4 ai domiciliari – e che vede coinvolti, come si legge nel capo d’imputazione, “gruppi imprenditoriali” che “gestiscono in regime di sostanziale monopolio l’aggiudicazione delle commesse per i lavori di armamento e manutenzione della rete ferroviaria direttamente da R.F.I. spa, a mezzo delle loro società (appaltanti) G.C.F. Costruzioni Generali spa, Gefer srl, Armafer spa, Globalfer spa, Salcef spa, Francesco Ventura Costruzioni Ferroviarie spa, Fersalento srl, Euroferroviaria spa”............................

Leggi il resto a questo link: https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/02/11/la-ndrangheta-nei-cantieri-ferroviari-rfi-di-mezza-italia-15-arresti-faro-sui-principali-appaltatori-cera-piano-per-spartirsi-commesse/6490031/

mercoledì 26 ottobre 2016

ECCO A CHE SERVONO LE GRANDI OPERE!!

Grandi Opere, 21 arresti per i lavori della Tav e dell’A3: ‘Cemento che sembra colla’. Coinvolti i figli di Monorchio e Lunardi
La prima indagine è stata condotta dalla Procura di Roma e gli arresti effettuati dai carabinieri; nel secondo caso le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal Gip del Tribunale di Genova ed eseguite dalla Guardia di Finanza. Nel mirino le irregolarità nei subappalti dell’Alta velocità Milano-Genova e della Salerno-Reggio Calabria. Tra gli arrestati figura il figlio dell’ex ragioniere generale dello Stato. Indagato Lunardi, figlio dell’ex ministro dei Trasporti.
di  | 26 ottobre 2016
Una nuova retata per irregolarità nella gestione degli appalti delle Grandi Opere. Ventuno arresti per corruzione nei lavori della Salerno-Reggio Calabria e del People Mover di Pisa, 14 invece per la realizzazione del Terzo Valico ferroviario Genova-Milano. La prima indagine è stata condotta dalla Procura di Roma e gli arresti effettuati dai carabinieri della Capitale; nel secondo caso le ordinanze di custodia cautelari sono state emesse dal Gip del Tribunale di Genova ed eseguite dalla Guardia di Finanza. Il legame tra le due operazioni sono quattro persone e secondo quanto si apprende, la prima nasce da uno stralcio di Mafia Capitale. I pm ipotizzano l’esistenza di un’associazione a delinquere nell’ambito della quale operavano imprenditori e direttori dei lavori, sempre in accordo. Tra gli arrestati figura Giandomenico Monorchio, imprenditore e figlio dell’ex ragioniere generale dello Stato Andrea. Giuseppe Lunardi, figlio dell’ex ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, risulta indagato.
Nell’ambito dell’inchiesta coordinata dalla procura della Capitale, denominata “Amalgama” le accuse a vario titolo per gli indagati sono di associazione per delinquere, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e tentata estorsione: secondo l’accusa il gruppo di persone facente riferimento all’ex direttore dei lavori Giampiero De Michelis e al suo socio Domenico Gallo, dava il via libera ai lavori in cambio di subappalti. Nel secondo caso invece le fiamme gialle hanno emesso le ordinanze di custodia cautelare nei confronti di imprenditori e dirigenti a cui vengono contestati, a vario titolo, i reati di corruzione, concussione e turbativa d’asta in relazione all’aggiudicazione di commesse per un valore complessivo di oltre 324 milioni di euro. L’operazione è stata denominata “Arka di Noè“.
Arrestati presidente di Cociv e il suo vice – Le 14 ordinanze di custodia cautelare eseguite dalla Guardia di Finanza di Genova riguardano Michele Longo ed Ettore Pagani, presidente e vicepresidente di Cociv, Consorzio Collegamenti Integrati Veloci, general contractor a cui è affidata la progettazione e la realizzazione della linea ferroviaria AV/AC della linea Milano Genova Terzo Valico dei Giovi; Pietro Paolo Marcheselli, ex presidente di Cociv; Maurizio Dionisi, imprenditore; Antonio e Giovanni Giugliano, imprenditori; Giuseppe Pretellese, tecnico che lavora nella impresa di Giugliano; Andrea Ottolin, funzionario Cociv; Giuliano Lorenzi, dipendente Cociv; Antonio Parri, dipendente Cociv; Giulio Frulloni; Marciano Ricci, imprenditore; Giampiero De Michelis, ingegnere; Domenico Gallo, imprenditore.
Materiali scadenti in opere pubbliche: “Cemento che sembra colla” – In alcuni passaggi delle intercettazioni, ha spiegato in conferenza stampa a Roma il procuratore aggiunto Paolo Ielo, dirigenti e imprenditori sottolineano lascarsa qualità dei materiali utilizzati nella costruzione delle opere pubbliche parlando di “cemento che sembra colla“.
Indagine 1/ Salerno-Reggio Calabria e People Mover Pisa – L’indagine “Amalgama” è stata condotta dai carabinieri e coordinata dalla procura di Roma e, secondo l’agenzia Ansa, è nata da uno stralcio di Mafia Capitale. Secondo l’accusa, l’ex direttore dei lavori Giampiero De Michelis, nell’ambito dei lavori per la realizzazione del 6° macrolotto dell’Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria (la cui apertura ufficiale è prevista per il 22 dicembre prossimo) e del ‘People Mover’ di Pisa, ha “messo a disposizione” la sua funzione pubblica in favore di alcune imprese impegnate ad eseguire i lavori, ottenendo in cambio commesse e subappalti in favore di società riferibili di fatto a lui stesso e all’imprenditore calabrese Domenico Gallo, suo socio di fatto. Inoltre, scrive chi indaga, “è stata accertata l’esistenza di rapporti corruttiviintrattenuti dal direttore dei lavori con i vertici dei general contractor che si occupano della realizzazione delle tre grandi opere pubbliche”. Gallo era il “socio di fatto” di De Michelis e per costruire le strade sulle quali aveva vinto gli appalti si avvaleva tra l’altro del contributo di altre 9 persone, tra le quali alcuni funzionari del consorzio Cociv (Consorzio collegamenti integrali veloci) incaricato anche della costruzione del Terzo valico della Tav.
Indagine 2/ Tav Milano-Genova – La Guardia di Finanza di Genova ha eseguito in contemporanea 14 ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del tribunale di Genova nei confronti di alcuni imprenditori e di dirigenti del consorzio General Contractor. A loro sono contestati a vario titolo i reati di corruzione, concussione e turbativa d’asta in relazione all’aggiudicazione di commesse per un valore complessivo di oltre 324 milioni di euro. In particolare, dalle indagini è emerso che in occasione dello svolgimento delle gare indette dal consorzio, alcuni dirigenti preposti allo svolgimento delle stesse, per pilotare l’assegnazione dei lotti ad alcune società ed escluderne altre, hanno fatto in modo, in alcuni casi, che offerte “anomale” divenissero regolari in violazione ai principi della “par condicio” e, in altri, si sono avvalsi della compiacenza di concorrenti di comodo, in realtà non interessati all’aggiudicazione della gara, per indirizzare direttamente l’assegnazione all’unico concorrente interessato. In una circostanza la turbativa è stata accompagnata dal pagamento di una somma di denaro. Allo stato sono in corso di esecuzione numerose perquisizioni e sequestri di documentazione in Liguria, Piemonte, Lombardia, Trentino Alto-Adige, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Lazio, Molise e Campania, in cui sono impegnati i finanzieri di 19 comandi provinciali.
Tangenti non più in denaro, ma in lavori: “Corruzione triangolare” – Si tratta di “un’organizzazione stabile composta da tecnici, imprenditori e professionisti che si sono accordarti per un reciproco scambio di utilità ai danni dei contribuenti”, ha spiegato in conferenza stampa a Roma il procuratore aggiunto Michele Prestipino. Per gli inquirenti si tratta una “corruzione triangolare” in cui lavori e utilità venivano orientati a società terze riconducibili ad arrestati. “C’è una trasformazione della tangente da denaro ad assegnazione dei lavori”, ha sottolineato il procuratore aggiunto Ielo .
Anche serate con le escort per ottenere appalti – Per aggiudicarsi gli appalti dei lavori per il Terzo Valico genovese gli imprenditori non pagavano soltanto tangenti ma offrivano anche prestazioni con escort. In particolare, secondo gli investigatori, la gara di appalto dei lavori per la galleria Vecchie Fornaci sarebbe stata assegnata a due società, la Europea 92 e la Cipa spa in cambio di serate con prostitute oltre che mazzette. Un sistema oliato, secondo gli inquirenti, che andava avanti da almeno un anno e mezzo.

venerdì 12 agosto 2016

DISCARICA PODERE ROTA IN VALDARNO: nel mirino dell'Antimafia


Sequestrati documenti relativi all'appalto dello scorso ottobre per l'ampliamento della discarica
TERRANUOVA BRACCIOLINI — Podere Rota nel mirino della Direzione distrettuale antimafia.Questa mattina la discarica valdarnese è stata "visitata" con tanto di sequestro di documentazione che riguarda alcuni appalti. 
Nello specifico, l'attenzione della Direzione, che è arrivata sul posto con guardia di finanza, carabinieri, polizia e ispettori del lavoro, è puntata sull'appalto dell'ottobre 2015 relativo all'ampliamento della discarica.
Una gara vinta da una ditta di Matera che poi si è ritirata, facendo subentrare una ditta calabrese tra i cui soci figura Francesco Cataldo, condannato a gennaio per associazione mafiosa.
Gli investigatori – come riportato dal Tgr Toscana – vogliono capire se siamo in presenza di infiltrazioni mafiose.  
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Blitz dell’antimafia a Podere Rota, sequestrati documenti relativi agli appalti *

Gli investigatori – secondo quanto riportato dal Tgr Toscana – intendono comprendere se ci siano infiltrazione mafiose nell’appalto dell’ottobre 2015 e che riguarda l’ampliamento della struttura di Terranuova Bracciolini.
Blitz della direzione distrettuale antimafia questa mattina alla discarica valdarnese di Podere Rota. E’ stata sequestrata della documentazione riguardante gli appalti. Sul posto anche polizia, il Noe dei carabinieri, guardia di finanza e ispettorato del lavoro.
Gli investigatori – secondo quanto riportato dal Tgr Toscana– intendono comprendere se ci siano infiltrazione mafiose, in particolare della n’drangheta calabrese, nell’appalto dell’ottobre 2015 e che riguarda l’ampliamento della struttura di Terranuova Bracciolini.
La gara d’appalto era stata vinta da una ditta della Basilicata, poi ritiratasi dalla gara. A questa è subentrata una ditta calabrese, tra i soci ci sarebbe il figlio di un personaggio noto agli inquirenti, condannato per associazione mafiosa.
Il Csa Impianti, società che gestisce la discarica, ha dichiarato di essersi messa a disposizione degli investigatori, chiedendo che venga fatta al più presto chiarezza.
Redazione Arezzo Notizie
Redazione Arezzo Notizie





                 

Blitz antimafia a Podere Rota. Csai: “Se ci sono irregolarità pronti a revocare l’incarico” *

Durante il blitz, sono stari presi in analisi e sequestrati i documenti riguardanti gli appalti. Le intenzioni, secondo quanto emerso nelle ultime ore, sono volte alla valutazione di eventuali infiltrazione mafiose, in particolare della n’drangheta calabrese, nell’appalto dell’ottobre 2015 e che riguarda l’ampliamento della struttura.
Claudia Failli
Claudia Failli

“Attendiamo che gli investigatori facciano le verifiche dovute. Se ci saranno anomalie pronti a revocare l’incarico”.
Ne sono sicuri gli amministratori di Csai che, all’indomani del blitz dell’antimafia nell’area di Podere Rota, intervengono precisando alcuni aspetti.
Nella giornata di ieri, gli investigatori hanno effettuato dei controlli all’interno del perimetro dell’impianto di stoccaggio e raccolta rifiuti valdarnese, posto tra i comuni di San Giovanni Valdarno e Terranuova Bracciolini. Durante il blitz, sono stari presi in analisi e sequestrati i documenti riguardanti gli appalti. Le intenzioni, secondo quanto emerso nelle ultime ore, sono volte alla valutazione di eventuali infiltrazione mafiose, in particolare della n’drangheta calabrese, nell’appalto dell’ottobre 2015 e che riguarda l’ampliamento della struttura.
“La società Csai, in qualità di stazione appaltante, – rendono noto dall’azienda che si occupa della gestione di Podere Rota – fa presente che le indagini erano rivolte al cantiere della società che sta svolgendo, in qualità di appaltatore, i lavori di completamento della seconda fase del “progetto esecutivo di ampliamento dell’impianto di discarica per rifiuti non pericolosi di Casa Rota –realizzazione del 2° modulo e del 3° modulo della seconda fase”. Tali lavori sono stati affidati da Csai Spa alla società Italcostruzioni tramite procedura ad evidenza pubblica “Procedura negoziata ex art. 122, comma 7 d.lgs. 163/2006”. Così come previsto dalla normativa, la società Csai prima della stipula del contratto ha effettuato nei confronti dell’azienda, nonché sulle persone fisiche titolari di cariche aziendali, tutte le verifiche del caso, le quali hanno evidenziato il regolare possesso dei requisiti richiesti, ivi compresa la certificazione antimafia. Per questi motivi Csai Spa non poteva esimersi dall’affidare i lavori. Qualora a seguito delle verifiche amministrative effettuate dagli organi competenti fosse rilevato che l’appaltatore non possegga più i requisiti di legge, la società Csai provvederà immediatamente alla revoca dell’aggiudicazione e alla risoluzione del contratto. Csai Spa ribadisce la correttezza del proprio operato e si riserva la facoltà di agire nelle sedi giudiziarie a tutela dell’immagine dell’azienda, anche nei confronti di coloro che stanno facendo allusioni (via internet) diffamatorie quanto infondate”.
* (clicca sui titoli per andare all'articolo originale)

martedì 15 marzo 2016

CONTRORADIO: LIBERA TOSCANA. RISCHIO INFILTRAZIONI IN NUOVO AEROPORTO E INCENERITORE

Libera Toscana annuncia un laboratorio di analisi sul rischio infiltrazione mafiosa nei progetti della nuova pista di Peretola e dell’inceneritore di Sesto Fiorentino.  In vista della manifestazione del 21 marzo in memoria delle vittime del terrorismo mafioso, facciamo il punto sulla questione criminalità organizzata in regione. Intervista a Andrea Bigalli coordinatore regionale di Libera.

Abbiamo aperto un laboratorio di analisi: sulla questione aeroporto e inceneritore a Sesto Fiorentino. Pensiamo che appalti di questi tipo, così massivi e ricchi provocheranno tutta una serie di appetiti ‘pericolosi’ – afferma Bigalli negli studi di Controradio in riferimento all’esito dell’assemblea regionale di Libera che si è tenuta nei giorni scorsi –  Non vorremmo che portassero un livello superiore di infiltrazione e corruzione. Per questo vogliamo dialogare con le istituzioni locali e il Governo. Abbiamo bisogno di sorvegliare il territorio con la politica, leggere e decifrare le movimentazioni di denaro ed educare soprattutto chi amministra il bene pubblico in nome della collettività ad individuare ‘movimenti incongrui’. In questo momento storico – conclude Bigalli–  solo grandi multinazionali o holding mafiose sono in grado di movimentare tali quantità di denaro“.
ASCOLTA L’INTERVISTA DI DOMENICO GUARINO AD ANDREA BIGALLI

liberaSi terrà il prossimo 21 Marzo 2016 la 21° giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti di Mafia organizzata da Libera, associazione nata dall’impegno di Don Luigi Ciotti nella sensibilizzazione e nel contrasto al fenomeno mafioso. Libera è attiva principalmente nel campo della promozione di progetti di gestione sociale laddove si siano verificate delle confische a beni e immobili di proprietà di famiglie mafiose, e ogni anno sceglie una città diversa come base principale della giornata del 21 Marzo, primo giorno di Primavera e simbolo di una rinascita. Quest’anno il raduno madre si terrà a Messina, e avrà come titolo “Ponti di Memoria, Luoghi di impegno”, ma cortei e celebrazioni sono previsti in quasi tutti i capoluoghi di provincia sparsi per lo stivale.
Nel 2013 Firenze venne scelta come città del raduno, nel ventennale della strage dei georgofili, arrivando ad accogliere qualcosa come 150 mila persone tra cui familiari delle varie vittime di mafia, cittadini comuni, militanti antimafia, e il 21 Marzo prossimo anche nel capoluogo toscano verrà organizzata una manifestazione per Libera, con un corteo che partirà la mattina alle 9 e 30 da Piazza Beccaria e si concluderà alle 10 e 45 in Piazza Santissima Annunziata. Manifestazioni coinvolgeranno anche le città di Siena, Prato, Sovicille (SI), San Vincenzo (LU), Grosseto, Pistoia, Pisa e Lucca. Durante il corteo è abitudine leggere tutti i nomi delle vittime cadute per mano della mafia. Cosi’ come c’è spazio per dibattiti e tavoli tematici appositamente istituiti durante il percorso, e interventi di personaggi pubblici di spicco, oltre alla dichiarazione da parte del fondatore Don Luigi Ciotti.  Il referente di Libera in Toscana è Don Andrea Bigalli, parroco di Sant’Andrea in Percussina, provincia di Firenze.
Circa 300 imputati – quasi tutti cinesi – e tra loro anche Bank of China, la banca di stato, saranno alla sbarra a Firenze il prossimo 16 marzo per l’avvio dell’udienza preliminare di un maxi-processo per riciclaggio dedicato a un massiccio e capillare trasferimento di denaro dall’Italia al paese orientale. Un’emorragia che la guardia di finanza rilevò in 4 miliardi di euro, sfuggiti al fisco e alla normativa antiriciclaggio attraverso negozi ‘money transfer’. Bank of China è imputata ai sensi della legge 231 sulla responsabilità amministrativa per non aver segnalato migliaia e migliaia di operazioni sospette, insieme a quattro suoi dirigenti apicali, dell’epoca, in forza alla succursale di Milano per l’Italia. In generale, l’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza di Firenze, fa contestare al pm, a vario titolo, ireati di associazione a delinquere, riciclaggio, trasferimento illecito di denaro all’estero, evasione fiscale, per una ventina di imputati anche l’aggravante di mafia.
Ovviamente si parla di un controllo sul territorio che vede la stragrande maggioranza delle mafie nazionali, saldamente al timone di tutte le attività illegali, però si dividono territori e attività, creano livelli di subappalto. Sicuramente la mafia cinese deve godere di alcuni accordi, nell’ambito per esempio della contraffazione commerciale. Bisogna valutare che tipo di accordi ci sono tra la triade cinese e Cosa Nostra“, commenta Bigalli.

martedì 3 novembre 2015

Il buio oltre le code: Expo tra debiti e banche alle costole

Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 31/10/2105

di GIANNI BARBACETTO E MARCO MARONI


Mai così pochiMilano – Alla fin della fiera l’obiettivo è stato raggiunto, alla faccia di gufi e disfattisti: Expo chiude i battenti con oltre 20 milioni di ingressi. Un trionfo, almeno per il commissario Sala, che ha la strada spianata per Palazzo Marino, per il governo Renzi e la sua retorica dell’Italia che funziona, e per il gigantesco apparato mediatico mobilitato fin dall’inizio, a suon di milioni, in una delle più straordinarie operazioni di propaganda e manipolazione dell’opinione pubblica che si ricordino. Restano però in sospeso due domande: i numeri testimoniano un successo? E, soprattutto, alla fine chi paga?  
Il successo di un grande “camouflage” Se al di là della fanfara celebrativa si guardano i fatti, l’Expo universale di Milano ha registrato ingressi contenuti, chiude con un disastroso buco di bilancio, non ha rilanciato l’economia e lascia dietro di sé uno strascico di problemi irrisolti.  
Quello milanese è stato il peggior Expo degli ultimi 50 anni. Tolti i quasi 14 mila addetti che ogni giorno si sono avvicendati nel sito, su cui i comunicati di Expo sorvolano, e la ridicola mistificazione per cui si considerano le code da sfinimento un indice di successo e non di disorganizzazione, l’esposizione milanese chiude con 18 milioni di visitatori. È la stessa cifra registrata dall’Expo di Hannover 2000, ricordato come “il flop del millennio”. Per fare peggio di così bisogna andare all’Expo di Seattle del 1962, con 9 milioni di visite. Ma il problema non è quello del flusso di visitatori. È che per evitare un flop colossale, il management dell’Expo ha spinto sui numeri dei tornelli a scapito del conto economico, che già partiva appesantito da malaffare, clientelismi, inefficienze.   
La festa coi soldi   degli altri.    
Il risultato è che la manifestazione peserà sui contribuenti per più di un miliardo di euro. Expo è costata, finora , 2,4 miliardi di euro: 1,3 miliardi per la costruzione del sito; 960 milioni per la gestione dell’evento (840 milioni secondo Expo, ma è un conteggio basato su magheggi contabili già censurati dalla Corte dei conti) e 160 per l’acquisto dei terreni, pagati – giusto per ricordare come è partita l’operazione   – dieci volte il prezzo di mercato.  I dati sulla spesa sono provvisori, visto che sono in corso i contenziosi per gli extracosti chiesti da tutte le principali imprese che hanno lavorato sul sito: solo per il Padiglione Italia, prima trattativa conclusa, ammontano a 29 milioni. Ed è di questi giorni la notizia che per la bonifica dell’area, rivelatasi gravemente inquinata solo dopo che era stata comprata a peso d’oro, c’è un conto da 72 milioni. 
La faccenda ha dato l’avvio a un tragicomico balletto in cui Expo spa, Arexpo (proprietaria dei terreni) e gli ex proprietari (tra cui la Fondazione Fiera Milano, che però è anche socia di Arexpo) si rimpallano le responsabilità, in uno scaricabarile in cui non è difficile immaginare su chi ricadranno, ancora una volta, i costi.  Storia di una voragine finanziaria.  I costi di gestione dell’Expo si sarebbero dovuti pareggiare, secondo le dichiarazioni di Sala, con i ricavi da biglietti più quelli da sponsorizzazioni, royalties e via dicendo. Il pareggio si sarebbe raggiunto vendendo 24 milioni di biglietti a un prezzo medio di 22 euro e ricavando circa 300 milioni dalle altre voci. Visti gli scarsi afflussi iniziali, tali che la società si è rifiutata per i primi tre mesi di fornire dati, in estate è stato offerto al volo un nuovo conteggio: sarebbero bastati 20 milioni di biglietti a 19 euro di costo medio; il resto lo avrebbero fatto i ricavi diversi, aumentati chissà come. Già così, si sarebbe chiuso con un deficit di gestione da 200 milioni di euro. Il problema è che per arrivare ai 20 milioni di ingressi promessi, con annessi titoloni di giornali, si è messa in campo una politica di omaggi e prezzi stracciati. Sconti da saldo alle scolaresche, praticamente precettate dal ministero, ai dipendent i delle aziende sponsor, alle parrocchie, alle coop, agli ordini professionali e a qualsiasi organizzazione che potessero portare a Rho flussi consistenti. Biglietti a 5 euro dopo le 18, ingressi regalati ai pensionati, ai titolari di bassi redditi, a chi parcheggiava per la visita serale nelle aree di sosta del sito. Il rivenditore ufficiale della manifestazione nelle ultime settimane faceva il 70 per cento di sconto. Expo, pur sollecitata da questo giornale, non fornisce alcun dato sul prezzo medio di vendita: ma non ci vuol molto a capire che sarà molto inferiore alla soglia di 19 euro. Vale a dire che il deficit di gestione sarà ben maggiore dei 200 milioni previsti.  Volano  e fantasiaLa retorica con cui si cerca di mascherare la perdita economica è soprattutto quella sull’“indotto” e sull’eredità dell’Expo; ritorni economici che giustificherebbero gli 1,3 miliardi d’investimento a fondo perduto nel sito. 
Qui si entra direttamente nel campo della fantasia. Gli studi con cui si cerca di far passare Expo per un volano economico sono quelli preparati da un gruppo di accademici della Bocconi finanziato da Expo. Si parla di 3,5 miliardi di spesa complessiva dei visitatori, tali da generare, per l’effetto moltiplicatore (per cui ogni euro speso genera ulteriori spese a cascata), una produzione aggiuntiva per il Paese da 10 a 30 miliardi e 191 mila nuovi occupati l’anno dal 2012 al 2020, con un picco tra il 2013 e il 2015. È l’apoteosi del moltiplicatore economico, un campo dei miracoli dove per ogni euro sotterrato se ne ritrovano 3, o anche 10. Solo che la stima ignora il costo delle risorse usate, in termini di tasse o tagli ad altre voci del bilancio pubblico. Qualsiasi investimento valutato in quel modo darebbe un risultato positivo. Per Carlo Scarpa, ordinario di Economia all’Università di Brescia, esperto di infrastrutture, “qualche effetto moltiplicatore la spesa generata da Expo ce l’avrà, ma stimarlo è pura fantasia. Inoltre, un conto è costruire infrastrutture che restano, un altro è un investimento di pura edilizia, come l’Expo, che dopo sei mesi chiude”. Sui mirabolanti effetti occupazionali, basti dire che nel 2013, nel 2014 e fino al primo semestre 2015 (ultimi dati Istat disponibili) gli occupati in Lombardia sono stati in calo.  Alla ricerca   dei cinesi perduti   L’arrivo di turisti stranieri è stato al di sotto delle previsioni. Secondo uno studio dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, coordinato da Jérôme Massiani, i risultati preliminari indicano una quota del 16 per cento di stranieri (soprattutto francesi e svizzeri) contro il 25 per cento previsto. 
All’Expo sono andati soprattutto i lombardi (quasi il 40 per cento dei visitatori), mentre i non europei, compreso l’atteso milione di cinesi, hanno raggiunto quote irrisorie. Peccato, perché la spesa degli stranieri è quella che determina il saldo positivo per il Paese creato da Expo. A patto che, fa notare Massiani, “nei benefici per l’economia sia contabilizzata solo la componente addizionale della spesa dei turisti”. Vale a dire quella di coloro che non sarebbero venuti in Italia se non ci fosse stata l’esposizione. Per gli esercenti milanesi e lombardi non sembra proprio che Expo sia stata una manna. Qualcuno certo ci ha guadagnato, ma per molti, come i locali del centro di Milano che hanno visto la movida serale trasferita a Rho, l’effetto è stato quello di un boomerang. Gli ultimi a manifestare la propria delusione, questa settimana, sono stati i commercianti bresciani: “Qui si perdono quattro imprese al giorno”, ha scritto un report di Confesercenti, “Expo a Brescia non si è proprio fatto sentire”.  Carta di Milano, fiera  di buoni propositi   Dovrebbe essere il grande lascito morale di Expo. Sembra invece più che altro un esercizio d’ipocrisia. La Carta di Milano raccoglie indicazioni per risolvere i problemi mondiali dell’alimentazione, della produzione di cibo, della fame del mondo. Firmata da tutti i capi di Stato, ministri, politici, funzionari, delegati passati da Expo e da milioni di cittadini, è stata consegnata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella al segretario dell’Onu Ban Ki-moon. Peccato che non sia altro che un elenco di buone intenzioni, senza vincoli né verifiche, destinata a restare lettera morta una volta spenti i riflettori sull’Expo. Nata negli uffici della multinazionale alimentare Barilla, è stata bocciata dalle più importanti organizzazioni non governative. “Abbiamo partecipato ai lavori preparatori, ma abbiamo deciso di non firmarla perché non tocca alcuni nodi: la proprietà dei semi, l’acqua come bene comune, i cambiamenti climatici”, ha dichiarato Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia, l’organizzazione fondata da Carlin Petrini, che aggiunge: “Non prevede impegni concreti per governi e multinazionali, è generica, tra i firmatari ci sono anche alcune multinazionali e capisco che il governo italiano non abbia potuto osare di più”. 
Oxfam, network internazionale di organizzazioni non governative attive in 17 Paesi, l’ha definita “lacunosa” su temi fondamentali come le politiche per l’agricoltura contadina, la speculazione finanziaria sulle materie prime alimentari, l’espropriazione delle terre e il consumo di suolo agricolo”.  Il giudizio più duro arriva però da Caritas Internationalis: “È una carta scritta dai ricchi per i ricchi”, dichiara il segretario generale Michel Roy, “un testo parziale, per i destinatari e i contenuti. Non si sente la voce dei poveri del mondo, né di quelli del Nord, né di quelli del Sud”. Perché “indica un problema – la fame nel mondo – tutto sommato noto, ma non mette a fuoco le cause e quindi le soluzioni”, ha continuato Roy. “Contiene una nobile e giusta esortazione a evitare gli sprechi, ma non parla di speculazione finanziaria, accaparramento delle terre, diffusione degli ogm, perdita della biodiversità, clima, speculazioni finanziarie sul cibo, acqua, desertificazione e biocombustibili”. Aggiunge Luciano Gualzetti, vicedirettore di Caritas Ambrosiana e vicecommissario del padiglione della Santa Sede: “Siamo stati chiamati a partecipare alla sua stesura, ma dobbiamo constatare che il risultato non ha tenuto conto dei nostri suggerimenti, probabilmente per salvaguardare certi equilibri”.

Fonte articolo:  https://triskel182.wordpress.com/2015/10/31/il-buio-oltre-le-code-expo-tra-debiti-e-banche-alle-costole-gianni-barbacetto-e-marco-maroni/

Grandi opere. Il Commissario anticorruzione ha esaltato l’Expo, ma ha dimenticato la mafia negli appalti - I falsi anticorpi di Cantone

Paolo Berdini

Edizione del
30.10.2015


Cri­mi­no­gena. Que­sto è il giu­di­zio che Raf­faele Can­tone ha recen­te­mente dato alla legge «Obiet­tivo del 2001» con cui sono stati per­pe­trati gradi scempi ambien­tali e urba­ni­stici. Nono­stante que­sto pesante giu­di­zio quella legge è ancora in vigore: Mat­teo Renzi si guarda bene dall’abrogarla. Sono state sol­tanto accan­to­nate alcune opere inu­tili, ma le pro­ce­dure sem­pli­fi­cate fanno ancora gola. Siamo dun­que in un paese che lascia in vita una legge cri­mi­no­gena e in una città che ha con­tri­buito per numero e qua­lità a riem­pire le patrie galere.

Appena dieci giorni fa a Milano sono stati arre­stati il vice­pre­si­dente della Giunta regio­nale e vari altri galan­tuo­mini. Tutto mira­co­lo­sa­mente supe­rato. Raf­faele Can­tone ha affer­mato durante una ceri­mo­nia di esal­ta­zione di Expo 2015 che Milano ha riat­ti­vato gli anti­corpi con­tro la cor­ru­zione. Evi­den­te­mente l’uso spre­giu­di­cato della reto­rica è una coperta buona a nascon­dere la realtà, com­presi gli arre­sti del mag­gio 2014 quando fu sgo­mi­nata la cupola che gover­nava gli appalti Expo.

Ma è dav­vero così? Expo è la leva su cui risor­gerà Milano e l’Italia? Per costruire la grande fiera sono stati spesi 14 miliardi di euro, come ha dimo­strato Roberto Perotti. A que­sta folle cifra dob­biamo aggiun­gere un gigan­te­sco soste­gno pub­blico: abbiamo infatti assi­stito a quo­ti­diane rubri­che sulle tele­vi­sioni e sui quo­ti­diani, inne­ga­bili spinte alla visita. Saranno rag­giunti i 20 milioni di visi­ta­tori. Se divi­diamo quel numero per le somme spese, ogni visi­ta­tore ci è costato 750 euro. Una somma ragio­ne­vole o era pos­si­bile – come pure ipo­tizzò qual­cuno — orien­tare l’esposizione dedi­cata al cibo verso le cen­ti­naia di luo­ghi straor­di­nari d’Italia in cui avven­gono le pro­du­zioni di qua­lità tanto decan­tate a parole? Si tratta spesso di luo­ghi mar­gi­nali, abban­do­nati da anni di assenza di pro­getti, dove i pro­dut­tori fanno fatica a man­te­nere le quote di mer­cato. Una Expo decen­trata che avrebbe fatto cono­scere al mondo la straor­di­na­rietà del pae­sag­gio ita­liano e rivi­ta­liz­zato le aree mar­gi­nali, for­nito occa­sioni di svi­luppo ad imprese vere.

Vinse il para­digma della con­cen­tra­zione soste­nuto dall’agguerrita classe diri­gente mila­nese. Grande quar­tiere di espo­si­zione, grandi for­ni­ture di cemento e asfalto (sono stati urba­niz­zati 105 ettari di ter­reni agri­coli), gradi affari. Ter­reni pagati a peso d’oro; alber­ghi pieni, valori immo­bi­liari in rialzo per la feli­cità della grande pro­prietà edilizia.

Milano ha dun­que bene­fi­ciato dell’effetto dro­gato dalla spesa di 14 miliardi, ma come esso possa rap­pre­sen­tare un modello per il paese è dif­fi­cile da com­pren­dere. Tra due giorni, appena spente le luci, reste­ranno tutti i pro­blemi sul tap­peto. Per­ché in Ita­lia non si inve­ste più nelle città e man­cano pro­grammi di lungo periodo. Durante i sei mesi di mani­fe­sta­zione, ad esem­pio, si poteva almeno ragio­nare sul futuro delle aree Expo. Nulla. Hanno taciuto comune e regione. Si espri­mono solo i diri­genti della Con­fin­du­stria lom­barda che pro­pon­gono sulle pagine del Cor­riere della Sera la rea­liz­za­zione di una città della scienza e della ricerca — ovvia­mente a carico dei con­tri­buenti — e sopra­tutto «tempi bre­vis­simi» per le decisioni.

E così tor­niamo al punto di par­tenza. Forse Raf­faele Can­tone voleva sol­tanto magni­fi­care il modello isti­tu­zio­nale del Com­mis­sa­rio straor­di­na­rio, e cioè di una figura in grado di svol­gere la regia di ope­ra­zioni com­plesse e garan­tire effi­cienza. Siamo sem­pre den­tro al cul­tura degli anni ’90, altro che anti­corpi. La crisi dei governi delle città è sotto gli occhi di tutti ma l’unica strada da per­cor­rere è quella di resti­tuire ai comuni le risorse per gover­nare: la strada della straor­di­na­rietà è solo una peri­co­losa scor­cia­toia. Non c’è infatti chi non veda che in que­sto modo si crea una for­bice mici­diale: le opere rite­nute impor­tanti ver­ranno affi­date a figure straor­di­na­rie sle­gate dal con­trollo demo­cra­tico men­tre l’ordinarietà, come la man­canza di acqua nella città di Mes­sina, sarà lasciata sulle spalle di sin­daci senza risorse e auto­no­mia. La inne­ga­bile crisi del modello demo­cra­tico non si affronta con la cul­tura della straor­di­na­rietà. E’ più impor­tante chiu­dere tutte le leggi di deroga, ad ini­ziare dalla «cri­mi­no­gena» legge Obiettivo.

FONTE: il Manifesto del  30-10-2015
http://ilmanifesto.info/i-falsi-anticorpi-di-cantone/