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venerdì 6 dicembre 2013

Inceneritori, leggende e scientifiche verità

NANOPATOLOGIEAntonietta Gatti
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02/12/2013
Inceneritori, leggende
e scientifiche verità

Purché brucino, gli inceneritori accolgono rifiuti di ogni tipo, urbani o industriali che siano. Chi ha qualche pur vaga cognizione scientifica sa che la combustione non elimina i rifiuti, però ne riduce il volume apparente trasformandoli in qualcosa d’altro. Questo lo dice una legge della Fisica che, per quanto ci si provi, nessun politico può abrogare, ed agire in deroga equivale ad agire o da sciocco o da criminale. Il Principio di Conservazione della Massa di Lavoisier (1786) recita che “all’interno di un sistema chiuso, in una reazione chimica la massa dei reagenti è esattamente uguale alla massa dei prodotti.” Questo significa che il fuoco non distrugge affatto il rifiuto ma la temperatura di combustione ne ossida le sostanze che lo compongono e, semplificando un po’ il concetto, fa cambiare aspetto a molti composti.  

Per chiarire meglio il concetto, se si mettono 100 kg di rifiuti, 100 kg sarà la somma dei composti che risultano da quella combustione suddivisi in ceneri, polveri e gas. Per essere aderenti alla realtà, però, ciò che risulta alla fine di un incenerimento risulta superiore al peso del rifiuto trattato, dal momento che la combustione pretende l’ingresso di ossigeno nel processo, e l’ossigeno ha una massa. Poi, per diverse ragioni, nel processo industriale che avviene in un inceneritore si devono aggiungere diverse sostanze: metano, carbone, soda, calce, ecc. Il risultato è che la massa di ciò che esce è un po’ più che doppia di ciò che si sarebbe gradito “far sparire”. Ricordo che in un impianto d’incenerimento buona parte della struttura è dedicata alla filtrazione di ciò che viene aerosolizzato, ma i risultati di quella filtrazione sono molto lontani dall’essere soddisfacenti.  

Ora, non pochi cittadini che vivono attorno ad un inceneritore si sono raccolti in associazioni per rivendicare il loro diritto ad avere un’aria pulita e, soprattutto, per rivendicare il diritto alla salute. Sì perché da Nord a Sud tutti lamentano un aumento di patologie che i gestori degli inceneritori ed i soci della multiutility del caso, tradizionalmente i politici, negano con tutte le loro forze. La scusa è sempre quella offerta dagli studi epidemiologici confezionati da “scienziati” che non hanno evidenziato nulla. Peccato che questi studi siano sponsorizzati proprio da chi ha interesse a mostrare risultati non proprio obiettivi e che nella quasi totalità dei casi gli studi siano condotti in maniera a dir poco opinabile. I dati che escono da quegli studi sono prodotti secondo regole apparentemente scientifiche, ma con una scientificità applicata ad arte in modo da non far risultare niente di anomalo, di preoccupante, soprattutto di fastidioso per chi quegli studi ha commissionato.  

Basti vedere come sono scelti i territori da investigare, come le patologie, come i tempi d’incubazione. Il che equivale a mettere la testa sotto la sabbia o, per essere in tema con ciò che esce dagli impianti, equivale a nascondere la polvere sotto il tappeto. Di fatto questi personaggi pensano che siamo tutti imbecilli ed ignoranti. Però costoro non hanno fatto i conti con la popolazione che si ammala e che, toccata sul vivo, piano piano si accorge di essere presa in giro e comincia, nella più riduttiva delle ipotesi, a porsi delle domande. Il passo seguente e certo meno riduttivo è la ribellione.  

Un esempio di presa per i fondelli si sta attuando a casa mia, intorno a Modena. In risposta a ripetute richieste dei cittadini è partita l’idea di un nuovo monitoraggio della popolazione attorno all’inceneritore, un impianto che prima è stato duplicato, poi triplicato, poi, a ridosso di Ferragosto di quest’anno, è diventato per incanto inceneritore nazionale, vale a dire che può – potenza ed efficienza della burocrazia agostana - bruciare rifiuti di tutta Italia, per tossici che siano. Certo un bel primato e certo un altro fiume di quattrini nelle tasche di qualcuno. 

Ma la salute prima di tutto e, allora, via al monitoraggio. Al centro dell’attenzione dei controllori ci saranno le urine e le unghie dei piedi di chi abita in zona inceneritore, certi di accontentare così i cittadini e altrettanto certi di cancellare i loro timori. A questo punto i casi sono due: o chi ha proposto quella roba ci prende per dei cretini o, in alternativa, chi ha proposto quella roba è un incompetente. 

Personalmente propendo per la seconda ipotesi, e lo faccio per i motivi che elenco. Da un camino d’inceneritore escono gas e polveri ai quali gli abitanti della zona sono per forza di cose esposti. Le polveri sono tutte dannose, ma lo sono più o meno a seconda della loro morfologia, della loro dimensione e della loro composizione chimica. Purtroppo i gestori dell’inceneritore non analizzano mai in modo esauriente i rifiuti bruciati né ciò che esce a falò fatto, limitandosi a “controllare” i pochissimi parametri di legge e trascurandone migliaia d’altri, perché migliaia, nella più prudente delle ipotesi, nei fatti sono. Meno che mai i controlli si spingono a caratterizzare le polveri per forma e composizione, fermandosi, nella migliore delle ipotesi, a stabilire quante ce ne sono, non per numero ma grossolanamente per massa, con un diametro uguale o inferiore a 10 micron e quante sotto i 2 micron e mezzo. Quanto alle ricadute, si tracciano dei cerchi concentrici con raggi diversi, in barba al comportamento reale delle polveri che, giusto per semplificare, si spostano secondo la direzione del vento. Comunque sia, chi è esposto agli effluenti dell’inceneritore respirandoli e, magari, ingerendoli con la frutta e la verdura su cui quella roba ricade, lo è per tutti i giorni dell’anno con un effetto che è quello della goccia che scava la pietra. 

Da poco più di un mese lo IARC, l’ente dell’OMS che valuta le sostanze cancerogene, ha reso pubblico un rapporto con cui informa che le polveri sono ufficialmente un cancerogeno di Classe I, la categoria dove stanno le sostanze più aggressive. Tradotto in pratica, l’esposizione, ancor di più se continua, può determinare l’insorgere di forme di cancro. 

È poi noto dalla letteratura medica che, restando alle polveri, la frazione dimensionale sotto il micron ha il potere di superare la barriera polmonare e di finire nel sangue. Da qui è conseguente poter raggiungere tutti gli organi interni ed essere captate anche selettivamente per affinità chimica dai diversi tessuti. L’accumulo può far scatenare una reattività biologica del tessuto o dell’ organo innescando, quindi, una patologia. In letteratura non è descritto nessun meccanismo di eliminazione di queste polveri e, quindi, è fantasia pura pensare di trovarle nelle urine come vorrebbero farci credere. Il pensare, poi, di ritrovarle nelle unghie dei piedi è una specie di beffarda fantabiologia. A giudicare da questo parrebbe che gli “scienziati” cooptati per il monitoraggio che hanno partorito questa pensata non conoscano nemmeno la differenza fra atomo, ione, molecola, composto chimico e particella. Senza entrare in particolari che risulterebbero pedanti, basti sapere che le particelle non vanno né nelle urine né nelle unghie. Ma nelle urine e nelle unghie non va nemmeno una miriade d’inquinanti che l’inceneritore produce con generosità, le diossine in primis. Dunque, se urine e unghie sono i testimoni, non ci sono preoccupazioni e, chissà, forse sapremo in via ufficiale che, come già certificò qualcuno, dall’inceneritore esce aria più pulita di quella che è entrata. 

Il risultato sarà il solito: questi signori avranno speso un bel po’ di quattrini di Pantalone per poter raccontare che non c’è nessuna evidenza di correlazione fra l’incenerimento e le patologie cancerose della popolazione. Tutte le altre patologie da inquinamento non sono nemmeno contemplate e, almeno, non ci sarà bisogno di raccontare altre frottole. Intanto noi saremo di nuovo cornuti e mazziati, però, almeno, avremo la soddisfazione di aver ingrassato ancora qualche conto in banca. 


* fisico e bioingegnere, Gatti è un International Fellow della Unione delle Società dei Biomateriali e di Ingegneria. Ha coordinato Progetti Europei e Nazionali di Nanotossicologia, di Nanopatologia e di Nanoecotossicologia e si occupa dell’impatto di polveri submicroniche sulla salute umana, animale e quella del mondo vegetale.  

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