di Alberto Ziparo
1.
Affoga la “città diffusa”. Ormai basta un
temporale un po’ più consistente,neppure alluvionale,e pezzi interi di
quartieri vanno sott’acqua, i fiumi esondano, i sottopassi diventano cisterne
di acqua sporca e melmosa, pronta a riversarsi nell’intorno. Il clima
impazzito, perché sovrabbondante di entropia ed energia da attività antropiche,
scarica le proprie bizzarrie su un territorio indebolito; paradossalmente
dall’elemento che più doveva consolidarlo, oltre che modernizzarlo, il cemento
delle città.
2.
In questi giorni –che sarebbero quelli
della”Merla”, ovvero i più freddi dell’anno –registriamo temperature e
precipitazioni da inizio autunno. I trend ci dicono che il riscaldamento
globale provoca frequenti alternanze di siccità e forme alluvionali, che
provocano sempre più spesso, con precipitazioni concentrate (le così dette
bombe d’acqua), autentici disastri. Che si eviterebbero se le piogge
ricadessero su un territorio ecologicamente solido. Al contrario un ciclo
dell’acqua alterato ricade su contesti ambientali e insediativi fortemente
indeboliti proprio dalla diffusione urbana, con consumo di suolo e
cementificazione che hanno dissestato, degradato, scassato gli ecosistemi,
oltre ogni possibile capacità di tenuta.
3.
Fino ad ieri, specie in un ambiente
tendenzialmente chiuso come quello mediterraneo in cui si estende la nostra
penisola, cicloni ed uragani costituivano eventi eccezionali. Oggi invece
precipitazioni alluvionali diventano la norma e trovano un territorio stravolto
da un’urbanizzazione che ormai ingombra circa il 20% della superficie
nazionale.Con il paradosso di aver sconvolto gli ecosistemi ed i paesaggi del
Belpaese per realizzare un enorme patrimonio di volumi edificati, abitativi,
commerciali, industriali, infrastrutturali, che in gran parte oggi restano
vuoti; a testimoniare il doppio danno, da spreco e da disastri ambientali
conseguenti alle loro realizzazioni. Decine di milioni di stanze vuote,
miliardi di metri cubi di capannoni abbandonati sono un monumento al trionfo
della rendita, ma soprattutto allo sfascio e all’idiozia nazionale. E
contribuiscono costantemente a innalzare i livelli di rischio idrogeologico-
come appare evidente ogni giorno di più- ma anche sismico, ci ricordano
L’Aquila e gli altri centri colpiti da eventi recenti.
4.
Ieri la pioggia (o la neve) ricadendo trovava un
territorio ancora integro, ovvero organizzato secondo razionalità ecologica. I
bacini montani erano i primi ad intercettare le precipitazioni, ma ne traevano
giovamento nell’alimentazione delle fonti e del patrimonio boschivo. Il
deflusso verso valle dell’acqua riscontrava versanti saldi e vie di fuga
libere, pronte ad essere fruite in caso eventi alluvionali. A valle colture e
insediamenti rispettavano gli alvei fluviali: in prossimità di questi
rimanevano ambienti tendenzialmente naturali o colture umide.
5.
Oggi la città diffusa, non solo italiana, ha
stravolto tale paesaggio: dalla Megalopoli Padana, alla blobbizzazione del Nord
Est, alla mega conurbazione lineare adriatica, alle città allargate
dell’Emilia, della Toscana, della campagna romana, alla sporca marmellata
insediativa napoletana, alle coste iperurbanizzate e spesso abusive di Calabria
e Sicilia, fino alla cementificazione dei contesti urbani sardi (che pure
Cappellacci vorrebbe ancora ampliare). Così le colture montane abbandonate
favoriscono il dissesto e le frane, anche per l’abbandono della cura del bosco
protettivo. Ancora l’urbanizzazione si è spinta spesso verso i versanti sub
collinari, negando le vie di fuga di fiumare e torrenti, spesso intubati o
cementificati. In regime alluvionale, i corsi d’acqua trovano argini sempre più
alti –che devono “proteggere” la città estesa fino al limite o dentro gli
alvei- e diventano condotte forzate. La rottura delle reti ecologiche e della
continuità dei collettori per la diffusione urbana non permette più esondazioni
“tranquille”, in caso o fuoriuscita o rottura degli argini, o di innalzamenti
repentini delle falde. Si tendono a formare così le “macrovasche urbane” che
abbiamo visto l’anno scorso in Veneto e poi in Sardegna e oggi a Roma: muri e
costruzioni hanno chiuso corridoi di deflusso e vie di fuga; l’intorno si
riempie di acqua e fango e il liquido melmoso sale repentinamente.Urge una
svolta drastica nelle politiche territoriali e ambientali.
articolo di Alberto Ziparo pubblicato sul "Manifesto" di
sabato 1 febbraio sul
probelma del dissesto idrogeologico dell'Italia.
Chi è Alberto Ziparo:
professore associato in tecnica e pianificazione urbanistica (ICAR/20) | |
Alberto
Ziparo, Ingegnere ed Urbanista, Master of Science in Economic Policy
and Planning (Boston, 1986), Dottore di Ricerca in Pianificazione
Territoriale (Reggio Calabria, 1988). È Professore associato di Pianificazione Urbanistica presso la Facoltà di Architettura di Firenze dal 1993 (confermato dal 1996). È titolare del corso di Analisi e Valutazione Ambientale e tiene il corso di Pianificazione Ambientale presso il corso di laurea di Architettura; insegna Pianificazione Ambientale nel corso di Pianificazione Ambientale e Progettazione del Paesaggio, nel corso di laurea specialistica , e Pianificazione del Territorio e delle infrastrutture, nel corso di laurea triennale di Pianificazione e Progettazione della Città e del Territorio (sede di Empoli). Dal 2004 tiene a supplenza il corso di Questioni Urbanistiche presso il corso di laurea in Discipline Economiche e Sociali della Facoltà di Economia dell’Università della Calabria (sede di Arcavacata di Rende / Cosenza). È stato borsista e visiting researcher presso il Center for European Economic Studies della Northeastern University di Boston (1985-1990). Dopo di allora continuato a mantenere relazioni e progetti di studio con la stessa Università. Ha partecipato a tre edizioni della New England Envirnmental Conference, e quindi delle conferenze sull’ Ambiente del Mediterraneo.Collabora anche con la Facoltà di Ingegneria e di Architettura dell’Università di Sofia, con l’ Università di Notthingam, Dipartimento di Urbanistica, con l’ Università Ben-Gurion,Negev-Sde Boqer Campus (Israele). È componente e partecipa alle attività dell’AESOP. I suoi programmi di ricerca riguardano : l’impatto ambientale di progetti e programmi di opere rispetto alle variabili territoriali e paessaggistiche; teorie e metodi di pianificazione ambientale,territoriale e paesaggistica. In tali ambiti ha coordinato e condotto ricerche di interesse ampio, nazionale e internazionale, sui temi dell’impatto ambientale e territoriale: del progetto di megacentrale termoelettrica a carbone di Gioia Tauro (1985- 1991); del Progetto di Ponte sullo Stretto di Messina (1998- 2002; aggiornamenti in corso) del Sottoattraversameno TAV della città di Firenze (dal 2007); e ancora le indagini dell’ Osservatorio Nazionale della Legge Obiettivo (MOVITALIA, dal 2005). Ha fatto parte di Ricerche Nazionali quali ITATEN (1994- 1998), RetUrb (1998- 2000), i progetti di cui al Programma di Studi Territorialisti (dal 1996). Per gli studi sulla Pianificazione Paesaggistica e Territoriale svolge anche attività di studi applicati e consulenza scientifica: in questo quadro ha fatto parte del coordinamento per la Redazione e l’ Aggiornamento delle Linee Guida del Piano Territoriale Paesaggistico della Regione Sicilia (1998- 2000); del Coordinamento tecnico- scientifico per la redazione delle Norme del Piano Paesaggistico delle Isole Eolie (1999-2000); del Coordinamento e Direzione tecnico- scientifica per la Redazione del Piano Territoriale Paesaggistico dell’ Ambito dei Rilievi del Trapanese (2000- 2002);del Coordinamento e Direzione tecnico- scientifica per la Redazione del Piano Territoriale Paesaggistico dell’Ambito del Palermitano (2003- 2005); della Direzione Scientifica per la Redazione delle Linee Guida della Pianificazione della Regione Calabria (2005- 2006); della Direzione scientifica per la Redazione del Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico della Calabria (2007-2010).Su tali temi ha pubblicato numerosi saggi,articoli e libri. Svolge attività di consulenza e divulgazione scientifica per le associazioni ambientaliste Italia Nostra, WWF, Legambiente, oltre che per molti comitati locali. http://www.urba.unifi.it/CMpro-v-p-178.html |
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