Articolo di Redazione
27 marzo 2019 10:54
Ricercatrice al Centro trasporti della Scuola politecnica federale di Lausanne (Svizzera), Sonia Lavadinho è specializzata in questioni di mobilità e sulle loro implicazioni nelle trasformazioni urbane. Fondatrice dell’agenzia Bfluid, è consulente in città come Parigi, Buenos Aires e Montréal.
D. Quali sono le condizioni, secondo lei, per meglio condividere la città?
R. Una delle questioni maggiori è di favorire l’associazione dei diversi modi di trasporto, quella che si chiama multimodalità. Non si tratta solo di rinforzare i trasporti pubblici classici, ma occorre anche sviluppare grazie ad adeguate infrastrutture la pratica del camminare, della bicicletta…
D. Come evitare che questa moltiplicazione delle modalità degli spostamenti non divenga una giungla, ed escluda le persone a mobilità ridotta, come lo si vede oggi con l’esplosione degli scooter?
R. La velocità è un parametro essenziale per favorire la coabitazione. Non possiamo intasare le strade con tante corsie quante sono le modalità di trasporto, attive o motorizzate. Piuttosto che isolare lo spazio pubblico e separare ogni modalità di spostamento, bisogna al contrario privilegiare la sua condivisione in un’ottica di coabitazione, con un rallentamento delle velocità. Soprattutto nelle città in cui gli spazi sono limitati.
D. Qual è per lei la velocità da non oltrepassare?
R. Fino a 20-30 Km/h, la coabitazione è possibile, perché si è in una logica di “condivisione”, ci si dà da fare reciprocamente. Oltre questo c’é il rischio di gravi incidenti. L’idea è di privilegiare delle zone dove non ci sia altra regola che la priorità ai flussi bassi.
D. Questo implica la soppressione degli autoveicoli in città?
R. Questo vuol dire in ogni caso che la strada non deve essere pensata come un semplice luogo di transito, ma come uno spazio dove le persone possono incontrarsi. Si tratta di ripensare la rete delle strade con una logica di vita e di adeguamento alla stessa, in diversi ambienti e con diversi usi. E’ per esempio, il caso di Montréal, con una programma di “vicoli verdi”, che prevede di “disiasfaltare” e trasformare come solo erbose alcune strade. Questo permette agli abitanti di rivalutarle e, nello stesso tempo, di lottare contro il fenomeno dei concentrati di calore. Considerare, come fa oggi Barcelona, che tutte le strade non necessitano di essere parte alla circolazione delle automobili, conduce ad immaginare altri usi ed a fare vetrina della funzione pubblica. La multimodalità è la leva per creare una città più verde, della coesione sociale, degli incontri, della salute.
D. Lo sviluppo delle micromobilità è essenziale in questa città multimodale?
R. Sì, perché devi essere in grado di prendere il trasporto giusto al momento giusto per la giusta distanza. Un città multimodale è una città che ha ben compreso quali sono i buoni gemellaggi tra i modi di spostarsi che vanno lontano e i modi diffusi sugli ultimi chilometri. Il sistema della multimodalità è di potere passare agilmente da un modo all’altro, tutto con una congiunzione dinamica di lunga distanza e con dinamiche di prossimità. Una città come Copenaghen ha sviluppato un urbanismo che favorisce i diversi modi di trasporto. Alcuni treni permettono di uscire dall’agglomerato, di raggiungere le periferie, e di circolare tra esse. Spazi come una riva del fiume o un parco permettono di pattinare, andare in bicicletta o percorrere gli ultimi due o tre chilometri tra un hub di trasporti e l'ufficio o la casa.
D. La multimodalità favorisce la mobilità per tutti?
R. Più la città è contornata da multimodalità, più è facile essere mobili, inclusi i cittadini che sono più disagiati. Questo dipende dal dover andare in pari con un sistema di tariffe integrato, che permette di connettere tra loro tutti i i modi di spostarsi e ridurre il costo del trasporto, invece che dover pagare separatamente, con singoli biglietti, e quindi più costoso, ogni tipo di trasporto pubblico. Bisogna anche che le tariffe integrate si applichino fino alle periferie più lontane. In Svizzera, il pass copre il bacino di strade, in modo tale che coloro che abitano nella seconda o terza cerchia rispetto al centro non siano penalizzati.
D. Qual è lo spazio del pedone in questa configurazione?
R. Il camminare è l’essenza della città perché questa è la congiunzione tra i diversi modi di trasporto, a maggior ragione quando questi sono rapidi e impegnativi. In sostanza, una città funzionale dà più spazio all'umano su entrambi i piedi. Il camminare può ben coabitare con gli altri modi di spostarsi, quando tutti questi vanno ad una velocità lenta. Questo non significa fare delle strade pedonali ad ogni costo, ma favorire il camminare il più possibile in modo che questo sia un riflesso naturale.
D. Con quali modi?
R. Per decongestionare il proprio metrò. Transport for London ha sviluppato una iniziativa “Tub and Walk” facendo prendere coscienza alle persone che è più facile, più rapido, più gradevole camminare che prendere il metrò per qualche stazione. Nel metrò, tutti i tragitti pedonali possibili da stazione a stazione – essenzialmente attraversando in diagonale questo o quel parco – sono indicati, coi loro tempi di percorrenza. Bilbao, grazie ad un lavoro in profondità, è diventata una delle città più “da percorre a piedi” d’Europa: ci si sposta al 70% a piedi, al 20% coi trasporti pubblici e solo al 10% con automobili. Questa città ha per questo lavorato sui collegamenti tra quartieri, stimolando a spostarsi per venti-trenta minuti a piedi. La città ha sistematicamente cancellato gli ostacoli, tagliato angoli creando nuovi ponti, passerelle, ascensori e rampe per facilitare l'accesso per gli anziani e/o le persone con disabilità. Ha anche valorizzato le sue grandi cornici verdi e blu in modo esemplare.
D. camminare serve al collegamento sociale?
R. Assolutamente. Le due cose sono correlate. Numerosi studi lo hanno dimostrato: la facilità di attraversare una strada stimola ad una migliore conoscenza dei propri vicini, fa crescere i consumi, la possibilità per le persone più anziane di uscire da casa propria, etc. E’ così che si sviluppano zone di incontri, zone tranquille dove tutte le modalità si mescolano e i pedoni hanno la priorità, le socialità si ristabiliscono, è una cosa immediata. Le micromobilità favoriscono anche gli incontri perché procedono a delle velocità maggiori rispetto al camminare ma relativamente basse, senza bisogno di veicoli che si fermano, salvagente, etc. Più si diminuisce la velocità più si eliminano gli spazi di sosta. E più si è disponibile, sensibile, aperto ciò che accade intorno a sé, più si usufruisce dei vantaggi della città. La multimodalità ridà vigore, venendole incontro, alla finalità della città.
(intervista di Laetitia Van Eeckhout, pubblicata sul quotidiano Le Monde del 27/03/2019)
D. Quali sono le condizioni, secondo lei, per meglio condividere la città?
R. Una delle questioni maggiori è di favorire l’associazione dei diversi modi di trasporto, quella che si chiama multimodalità. Non si tratta solo di rinforzare i trasporti pubblici classici, ma occorre anche sviluppare grazie ad adeguate infrastrutture la pratica del camminare, della bicicletta…
D. Come evitare che questa moltiplicazione delle modalità degli spostamenti non divenga una giungla, ed escluda le persone a mobilità ridotta, come lo si vede oggi con l’esplosione degli scooter?
R. La velocità è un parametro essenziale per favorire la coabitazione. Non possiamo intasare le strade con tante corsie quante sono le modalità di trasporto, attive o motorizzate. Piuttosto che isolare lo spazio pubblico e separare ogni modalità di spostamento, bisogna al contrario privilegiare la sua condivisione in un’ottica di coabitazione, con un rallentamento delle velocità. Soprattutto nelle città in cui gli spazi sono limitati.
D. Qual è per lei la velocità da non oltrepassare?
R. Fino a 20-30 Km/h, la coabitazione è possibile, perché si è in una logica di “condivisione”, ci si dà da fare reciprocamente. Oltre questo c’é il rischio di gravi incidenti. L’idea è di privilegiare delle zone dove non ci sia altra regola che la priorità ai flussi bassi.
D. Questo implica la soppressione degli autoveicoli in città?
R. Questo vuol dire in ogni caso che la strada non deve essere pensata come un semplice luogo di transito, ma come uno spazio dove le persone possono incontrarsi. Si tratta di ripensare la rete delle strade con una logica di vita e di adeguamento alla stessa, in diversi ambienti e con diversi usi. E’ per esempio, il caso di Montréal, con una programma di “vicoli verdi”, che prevede di “disiasfaltare” e trasformare come solo erbose alcune strade. Questo permette agli abitanti di rivalutarle e, nello stesso tempo, di lottare contro il fenomeno dei concentrati di calore. Considerare, come fa oggi Barcelona, che tutte le strade non necessitano di essere parte alla circolazione delle automobili, conduce ad immaginare altri usi ed a fare vetrina della funzione pubblica. La multimodalità è la leva per creare una città più verde, della coesione sociale, degli incontri, della salute.
D. Lo sviluppo delle micromobilità è essenziale in questa città multimodale?
R. Sì, perché devi essere in grado di prendere il trasporto giusto al momento giusto per la giusta distanza. Un città multimodale è una città che ha ben compreso quali sono i buoni gemellaggi tra i modi di spostarsi che vanno lontano e i modi diffusi sugli ultimi chilometri. Il sistema della multimodalità è di potere passare agilmente da un modo all’altro, tutto con una congiunzione dinamica di lunga distanza e con dinamiche di prossimità. Una città come Copenaghen ha sviluppato un urbanismo che favorisce i diversi modi di trasporto. Alcuni treni permettono di uscire dall’agglomerato, di raggiungere le periferie, e di circolare tra esse. Spazi come una riva del fiume o un parco permettono di pattinare, andare in bicicletta o percorrere gli ultimi due o tre chilometri tra un hub di trasporti e l'ufficio o la casa.
D. La multimodalità favorisce la mobilità per tutti?
R. Più la città è contornata da multimodalità, più è facile essere mobili, inclusi i cittadini che sono più disagiati. Questo dipende dal dover andare in pari con un sistema di tariffe integrato, che permette di connettere tra loro tutti i i modi di spostarsi e ridurre il costo del trasporto, invece che dover pagare separatamente, con singoli biglietti, e quindi più costoso, ogni tipo di trasporto pubblico. Bisogna anche che le tariffe integrate si applichino fino alle periferie più lontane. In Svizzera, il pass copre il bacino di strade, in modo tale che coloro che abitano nella seconda o terza cerchia rispetto al centro non siano penalizzati.
D. Qual è lo spazio del pedone in questa configurazione?
R. Il camminare è l’essenza della città perché questa è la congiunzione tra i diversi modi di trasporto, a maggior ragione quando questi sono rapidi e impegnativi. In sostanza, una città funzionale dà più spazio all'umano su entrambi i piedi. Il camminare può ben coabitare con gli altri modi di spostarsi, quando tutti questi vanno ad una velocità lenta. Questo non significa fare delle strade pedonali ad ogni costo, ma favorire il camminare il più possibile in modo che questo sia un riflesso naturale.
D. Con quali modi?
R. Per decongestionare il proprio metrò. Transport for London ha sviluppato una iniziativa “Tub and Walk” facendo prendere coscienza alle persone che è più facile, più rapido, più gradevole camminare che prendere il metrò per qualche stazione. Nel metrò, tutti i tragitti pedonali possibili da stazione a stazione – essenzialmente attraversando in diagonale questo o quel parco – sono indicati, coi loro tempi di percorrenza. Bilbao, grazie ad un lavoro in profondità, è diventata una delle città più “da percorre a piedi” d’Europa: ci si sposta al 70% a piedi, al 20% coi trasporti pubblici e solo al 10% con automobili. Questa città ha per questo lavorato sui collegamenti tra quartieri, stimolando a spostarsi per venti-trenta minuti a piedi. La città ha sistematicamente cancellato gli ostacoli, tagliato angoli creando nuovi ponti, passerelle, ascensori e rampe per facilitare l'accesso per gli anziani e/o le persone con disabilità. Ha anche valorizzato le sue grandi cornici verdi e blu in modo esemplare.
D. camminare serve al collegamento sociale?
R. Assolutamente. Le due cose sono correlate. Numerosi studi lo hanno dimostrato: la facilità di attraversare una strada stimola ad una migliore conoscenza dei propri vicini, fa crescere i consumi, la possibilità per le persone più anziane di uscire da casa propria, etc. E’ così che si sviluppano zone di incontri, zone tranquille dove tutte le modalità si mescolano e i pedoni hanno la priorità, le socialità si ristabiliscono, è una cosa immediata. Le micromobilità favoriscono anche gli incontri perché procedono a delle velocità maggiori rispetto al camminare ma relativamente basse, senza bisogno di veicoli che si fermano, salvagente, etc. Più si diminuisce la velocità più si eliminano gli spazi di sosta. E più si è disponibile, sensibile, aperto ciò che accade intorno a sé, più si usufruisce dei vantaggi della città. La multimodalità ridà vigore, venendole incontro, alla finalità della città.
(intervista di Laetitia Van Eeckhout, pubblicata sul quotidiano Le Monde del 27/03/2019)
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