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giovedì 14 maggio 2020

Di Paolo Celebre: Conviene finire le tramvie?

Mancano un’analisi costi benefici, una VIA che mostri il reale impatto ambientale, una utenza che permetta il pareggio di bilancio e resta aperto un contenzioso con le ditte costruttrici. 
La lettera dell’architetto Paolo Celebre al Corriere Fiorentino (10/5/2020)




Egregio Direttore, nel dibattito ‘Firenze dopo il virus’, aperto sul suo giornale il 10 aprile, ha preso la ribalta l’intervista radiofonica del Sindaco, esaurientemente riportata e commentata da Marzio Fatucchi, che annuncia il congelamento dei cantieri in particolare della discussa Linea 2, Variante al Centro Storico, per Fortezza, Libertà, S. Marco e ritorno: le nuove linee si faranno – dice – ma vanno rivisti piani finanziari, organizzazione e gestione. 

In realtà sembra solo un rinvio. Sgombriamo perciò il terreno da alcuni luoghi comuni, ricordando qualche presupposto e qualche cifra. Nell’ intervista a Repubblica del 9 aprile, il Sindaco Nardella già diceva che, in seguito all’emergenza Covid-19, il Comune dovrà riformulare, in accordo con la Regione, tutti i piani economico finanziari contratti con i partners privati che gestiscono tramvia, bus toscani ed aeroporto, rivedendo i modelli gestionali e chiedendo loro di fare altrettanto. Aggiungeva anche che il pareggio di bilancio è stato raggiunto soltanto grazie all’apporto di turisti. “Ora cambia il mondo e dovremo ridiscutere tutto”, concludeva. 

Dunque niente di nuovo salvo la temporanea sospensione della T2 VACS e forse l’anticipazione della linea di Rovezzano rispetto a quella per Bagno a Ripoli “arenata” nelle osservazioni e nei contributi di Arpat e Soprintendenza. Siamo a “la progettazione continua” di quasi badogliana memoria. 

I dati del Comune, tuttavia, ci dicono che nel 2019 la tramvia è stata frequentata da 34,5 milioni di passeggeri, cifra pertanto inferiore ai 40 milioni l’anno necessari per raggiungere l’equilibrio economico, anche senza Covid. Nel dopo Covid, con 40 passeggeri per convoglio (su una capienza di 270) si calcola che ci saranno la metà dei passeggeri, se non peggio. E’ dunque ben più che un modesto incidente di percorso. Per limitarsi ad un rinvio e a qualche revisione della convenzione bisognerebbe che il Covid sparisse e che tutti i soggetti avessero le spalle ben larghe: il Comune per sostenere un debito maggiore, mascherato magari in una convenzione prolungata, la Gest nelle più lunghe attese delle entrate da esercizio, la Tram Firenze nell’aumentare il credito al Comune accettando un pagamento più dilazionato. 

Per il Comune questa dovrebbe essere l’occasione per valutare l’opportunità di proseguire con un investimento che produce debito, che rappresenta più del 60% del piano di investimenti triennali e che, realizzando tutte le estensioni previste, avrebbe un costo che sfiora i 2 miliardi per il 70% coperti da finanziamenti pubblici. 

Ci sarebbero ancora da fare la Variante al Centro Storico per S. Marco, la T 3.2 per Bagno a Ripoli, la T 4 per Le Piagge, oltre al ramo per Rovezzano sottopassante la ferrovia alle Cure e alle due estensioni della T 2 per Sesto e della T 4 per Campi Bisenzio, per un totale di quasi 32 km da aggiungere ai 16,8 attuali. 

E non sappiamo come si concluderà il contenzioso di 280 milioni ancora in corso con le ditte costruttrici, ma sappiamo di non sbagliare aggiungendo ai preventivi di spesa una maggiorazione prudenziale del 20/25%. Così, in sintesi, la spesa residua che dovrà affrontare la città per completare l’opera corrisponderebbero al 60/70% del costo. 

Non essendo mai stato verificato in una analisi costi benefici l’interesse pubblico dell’opera, né in una VIA il reale impatto ambientale, proseguire in questa direzione è un lusso che ci possiamo ancora permettere? 

Nella Fase 2 il dirottamento degli investimenti previsti per le estensioni tranviarie a favore di soluzioni più flessibili potrebbe essere una via d’uscita obbligata per allentare, quanto meno, il nodo scorsoio economico. 

Insomma non è questo il momento di riaprire vecchi cantieri o di inaugurarne di nuovi; è cambiato il mondo, appunto. Occorre invece adottare misure veloci in direzione della nuova mobilità, elettrica, autonoma, leggera, con le risorse a disposizione. 

Potrebbe essere il rilancio di un bike sharing a pedalata assistita, accompagnato dalla riapertura del Duomo ad alcune linee bus, ad una nuova gara per il servizio di car sharing, risollevandolo dal fallimento. Torna ad essere cruciale il decollo di un vero Servizio ferroviario metropolitano (di tipo S-Bahn), coordinandolo con la rete bus, con le attuali linee tramviarie e inserendolo in un piano della mobilità a livello urbano e comprensoriale. 

Per questo, oltre alla riduzione temporanea del numero dei treni Alta velocità per permettere il potenziamento dei regionali, come già propone qualcuno, perché non pensare ad una riduzione della velocità di Frecce e Italo (come già si fa in Germania) che aumenterebbe la capacità delle tratte più critiche come quella del Valdarno? 

Insomma bisogna rifondare un nuovo rapporto, questa volta paritario e collaborativo, dei soggetti gestori del trasporto tra loro e verso i diversi soggetti pubblici; il modo più giusto questo per ridurre il paventato assedio di automobili e motocicli privati e inquinanti e fronteggiare le attuali incognite nel campo della mobilità. 

Distinti saluti Paolo Celebre, architetto

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