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martedì 16 agosto 2016

Morte ai pendolari. Firmato Fs e Ntv

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La potenza più devastante della storia è quella del profitto. Devastante in senso letterale e niente affatto metaforico. Se ne potrebbero elencare decine di fattispecie, a cominciare ovviamente dal rapporto mortale tra capitale e natura. Ma anche restando dentro i più ristretti limiti dei “danni sociali”, si fa presto a trovare esempi convincenti.
In questi giorni i due gestori pressoché unici del trasporto ferroviario in Italia – Ferrovie dello Stato e Ntv, ovvero Italo – stanno dando vita ad una ignobile gara a chi strozza meglio i pendolari. La prima azienda, che porta ancora (forse per poco) nel nome anche la funzione sociale progressiva svolta per oltre un secolo (favorire la mobilità di persone e merci, a costi contenuti, è stata a lungo una molla sia per l’economia che per l’emancipazione), ha deciso di abbreviare a sole 24 ore la validità dei biglietti: da due mesi a 24 ore.
Non c’è alcuna ragione funzionale dietro questa decisione – ogni biglietto deve infatti essere “obliterato” prima si salire sul treno, dove comunque sono in attività i controllori – ma semplicemente la necessità di venderne e quindi guadagnare di più. È fin troppo noto, infatti, che chi frequenta spesso tratte brevi è abituato a comprare più biglietti (anche interi blocchetti da 10) che poi utilizza al bisogno. Utilizza questo metodo il “pendolare irregolare” – perché ha un lavoro discontinuo, precario, “on call”, ecc- che dunque non fa ricorso all’abbonamento proprio perché non è certo di viaggiare tutti i giorni.
Abbreviando la validità ad un solo giorno (anche a poche ore, nel caso di biglietti emessi in serata) è scontato che molti si ritroveranno ad aver comprato un biglietto che poi – per un contrattempo o un contrordine imprevisto – non utilizzeranno. Buttando via i soldi.
Ma anche gli abbonamenti, e il relativo sconto, stanno per essere cancellati. Soprattutto sulle redditizie linee ad alta velocità. La priva Ntv li ha già annullati, Fs pensa di farlo dal prossimo anno. Il “pendolare veloce” è una tipologia di passeggero nata con la Tav. Un caso di scuola è per esempio quello dei professori che ottengono una nomina in una grande città relativamente vicina (Napoli-Roma. Torino-Milano, Bologna-Milano, ecc), che perciò, invece di trasferirsi altrove con tutta la famiglia (cosa spesso impossibile perché anche il coniuge lavora in altro ramo) si è abituato a fare avanti e indietro in giornata o settimanalmente, a un costo relativamente contenuto e comunque inferiore all’affitto di un appartamento o di una stanza “per studenti”.
“Poco redditizi”, ha stabilito Ntv. Questi pendolari occupano a poco prezzo posti che potrebbero essere venduti ad un costo doppio o triplo. Considerazione peraltro stupida, perché questi pendolari viaggiano spesso in piedi, proprio perché tutti i posti sono stati venduti (quai impossibile riservare un posto fisso, come avviene con la prenotazione obbligatoria).
Con questa decisione si conferma una tendenza a rendere proibitiva, economicamente, la mobilità ferroviaria, riservandola soltanto a quella clientela “occasionale” (turisti, manager, ecc) che è disposta a pagare i prezzi folli ormai in voga sui Frecciarossa e similari (a proposito: si vanno contemporaneamente riducendo di numero i meno costosi Frecciabianca…).
A favorire questa trasformazione economicamente suicida è ancora una volta l’Unione Europea, che premia solo tutto ciò che è impresa privata. La Regione Piemonte, per esempio, che stava studiando una qualche forma di “compensazione” (con denaro pubblico) della differenza di prezzo tra ordinario e abbonamento, ha dovuto rinunciare perché sarebbe stato considerato un “aiuto di Stato”.
Di fatto, per la mobilità tra città diverse, si viene costretti all’uso dell’automobile, anche se stanno moltiplicandosi le iniziative imprenditoriali per sostituire il trasporto su rotaia con quello su gomma. Autobus a prezzi stracciati – per ora… – cominciano a correre tra le metropoli italiane, con tempi di percorrenza ovviamente molto superiori (tra Roma e Milano, per dirne una, ci possono volere anche 8 o 9 ore). Ma è fin troppo facile prevedere che una volta affermatosi questo relativamente nuovo “modello di business”, le tariffe andranno a crescere parallelamente alla domanda.
Il risultato? Una mobilità costosa e lenta, per lavoratori e giovani senza troppi soldi, a fianco a di una costosissima e velocissima per “chi può”. Non paradossalmente, si tratta di una prospettiva “fruttuosa” per le singole imprese che gestiscono o gestiranno la mobilità, ma sarà antieconomica a livello di sistema, aggravando i costi di circolazione di persone e merci. 
Il contrario, insomma, di quel che promette da sempre la propaganda dell’impresa privata.

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