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Le attività e aperture del Laboratorio di Riparazione e Riuso di Londa 
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martedì 21 agosto 2018

RIFIUTI : UN TRIS DI DIRETTIVE DA UTILIZZARE AL MEGLIO

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Nella discussione all’interno del movimento ambientalista (comitati locali, movimenti, reti, associazioni) il tema della normativa è, anche quando non esplicitamente discusso, al centro delle valutazioni e dell’azione.
Spesso ci si trova a manifestare contro un’opera la cui autorizzazione/realizzazione è stata possibile grazie a una normativa inadatta, recepita in modo volutamente distorto e per favorire specifici interessi, interpretata erroneamente, modificata a fronte dei “lacci e lacciuoli” ambientali che determina.
Un caso da manuale riguarda le “Grandi Opere” : la distorsione della normativa sulla Valutazione di Impatto Ambientale tramite la “Legge Obiettivo” ha grandemente favorito iter veloci e semplificati di opere ad elevato impatto, impedendo o limitando la partecipazione popolare e la espressione dell’opposizione anche in sede procedurale (la cancellazione della legge obiettivo sta infatti producendo difficoltà maggiori – es. per la TAV – per modifiche parziali dei progetti in corso d’opera rispetto al progetto nel suo insieme).
Giusto e doveroso manifestare contro una autorizzazione e la sua realizzazione considerate nefaste, altrettanto giusto (e utile) seguire (e intervenire sul)le norme che vengono redatte e/o modificate che possono contenere previsioni utili per far emergere il vero impatto di una opera oppure possono contenere artefatti “legali” che facilitano l’occultamento dei veri impatti o nascondono ai più i passaggi autorizzativi basandoli su premesse non veritiere difficili poi da far emergere.
Insomma, occorre agire contro opere inutili, mal progettate e ad elevato impatto ma occorre anche studiare e intervenire nella predisposizione delle norme affinché le ragioni di tutela dell’ambiente occupino il posto che meritano come pure l’informazione e la partecipazione delle popolazioni esposte.
Questo anche quando i contenuti delle norme (parlando di quelle ambientali ci riferiamo quasi esclusivamente a norme europee) non sono pienamente soddisfacenti per rigorosi obiettivi ambientali e/o prevedono tempi lunghi di attuazione .
A giugno sono arrivate (pubblicate nella gazzetta ufficiale europea) tre direttive in sequenza sui rifiuti che “ritoccano” diversi aspetti della normativa vigente e – se ben recepite – introdurranno significativi miglioramenti (e già questa sarebbe una controtendenza rispetto a quanto siamo stati abituati negli ultimi anni – prima e dopo lo “sblocca italia”).
Parliamo delle direttive n. 850, 851 e 852 rispettivamente relative alle discariche, alla normativa quadro sui rifiuti e a quella sugli imballaggi, riviste, nelle intenzioni del Parlamento Europeo, per allinearle ai principi dell’economia circolare.
Non si ha la pretese di entrare nel dettaglio ma è opportuno, almeno in termini di “titoli” o principi di base di nuova introduzione, segnalare le innovazioni.
DIRETTIVA 2018/250 SULLE DISCARICHE (MODIFICA DIRETTIVA 1999/31 RECEPITA IN ITALIA CON IL DLGS 36/2003)
– viene confermato l’obiettivo della riduzione dei rifiuti (in particolare quelli organici e di quelli oggetto di raccolta differenziata) (obiettivo entro il 2035 di una riduzione al 10 % sul totale dei rifiuti urbani prodotti nei singoli paesi UE) e la necessità che quelli avviati in discarica siano trattati ma si specifica che il trattamento deve essere finalizzato al riciclaggio e al recupero dei rifiuti residui risultanti dalla raccolta differenziata;
– infatti si specifica che la riduzione del conferimento in discarica deve evitare “lo sviluppo di una sovracapacità per gli impianti di trattamento dei rifiuti residui, come per esempio attraverso il recupero di energia o il trattamento meccanico-biologico di scarsa qualità dei rifiuti urbani
– un obiettivo temporale viene dato (2030) per individuare restrizioni (aggiuntive a quelle esistenti) sul collocamento in discarica di rifiuti idonei al riciclaggio o al recupero;
– una modifica di un aspetto tecnico sulla predisposizione delle discariche potrà essere significativa : si tratta della modalità per la determinazione del coefficiente di permeabilità, spesso oggetto di “trucchi” nei progetti : le caratteristiche di impermeabilità del fondo e delle pareti sono spesso sovrastimate, si stimano tempi di attraversamento di migliaia di anni quando, nel concreto, dopo 20 anni ci si rende conto che la discarica rilascia percolato nel sottosuolo.
DIRETTIVA 2018/251 : MODIFICA DELLA DIRETTIVA QUADRO SUI RIFIUTI (DIRETTIVA 2008/98 RECEPITA IN ITALIA ALL’INTERNO DEL DLGS 152/2006 NEL CORSO DEL 2014)
Le modifiche apportate sono significative e notevoli, occorrerà fare particolare attenzione alla modalità e ai contenuti del recepimento.
Vediamo quelle principali.
– definizione di recupero di materia, sembra una banalità ma finora il recupero, sotto il profilo normativo, era indistinto : bruciare dei rifiuti o avviarli a recupero come materia era sullo stesso livello (e di pari priorità): ora questa definizione distingue il recupero di materia da quello di energia così da calibrare meglio le priorità tra i due sistemi;
– introduzione di tasse su discariche e incenerimento (finalmente queste due forme di smaltimento saranno messe sullo stesso piano), ovviamente occorrerà stare bene attenti che si evitino situazioni (come in Emilia Romagna) ove si distingua impropriamente tra incenerimento e recupero energetico, tassando solo il primo;
– ampliamento delle possibilità di responsabilità estesa del produttore – ovvero l’introduzione di una responsabilità “dalla culla alla culla” (dalla produzione al riciclo) di determinati materiali/merci (l’esatto opposto della cultura dell’usa e getta imperante) migliorando e andando oltre ai sistemi in atto (veicoli fuori uso, RAEE, pile e accumulatori);
– criteri dettagliati per la qualificazione dei sottoprodotti e dei rifiuti che hanno perso la qualifica di rifiuto (CSS), nella speranza che ciò limiti le “furbate” come quella tutta italiana del Combustibile Solido Secondario. Tra i criteri già esplicitati (ed importanti) la questione della presenza di sostanze pericolose e la correlazione con le normative europee sui prodotti e le sostanze chimiche (REACH);
– la riduzione nella produzione di rifiuti alimentari (obiettivi a – 30 % entro il 2025 e a – 50 % entro il 2030) con le relative politiche anti spreco sia a livello di agroindustria che di distribuzione e consumo;
– lotta alla dispersione nell’ambiente (in particolare marino) di rifiuti (v. le campagne contro le microplastiche in mare);
– focus sui prodotti che contengono le “principali fonti di materie prime essenziali, onde evitare che tali materie diventino rifiuti”;
– la promozione di una “bioeconomia sostenibile” ovvero per inquadrare i prodotti di origine biologica nel loro ruolo di sostituti di materie prime nell’ambito dei principi dell’economica circolare (senza farsi abbagliare dal termine “bio” che non necessariamente significa privo o con impatti ambientali ridotti);
– la indicazione del sistema porta a porta come uno “standard” da estendere in tutta Europa unitamente all’incremento degli obiettivi di riciclaggio (55 % entro il 2025; 60 % entro il 2030; 65 % entro il 2035) ma specificando bene che gli scarti della cernita dei rifiuti differenziati, l’utilizzo di rifiuti come combustibili (biogas incluso) NON concorrono al raggiungimento di tali obiettivi;
– l’estensione “europea” della raccolte differenziate in particolare per i rifiuti domestici pericolosi e gli olii usati (per questi ultimi indicando la chiara preferibilità per la loro rigenerazione o altra forma di riciclaggio rispetto all’utilizzo energetico);
– il divieto di incenerimento di rifiuti raccolti in modo differenziato (principio basilare e apparentemente ovvio ma non previsto finora in norme europee);
– la indicazione che la gestione dei rifiuti industriali deve seguire le migliori tecnologie disponibili per ogni settore;
– la tracciabilità condivisa su criteri uniformi (e con dati affidabili) per tutti i paesi UE.
DIRETTIVA 852/2918 SUGLI IMBALLAGGI E I RIFIUTI DA IMBALLAGGIO (MODIFICA DELLA DIRETTIVA 94/62 RECEPITA IN ITALIA PRIMA CON IL “DECRETO RONCHI” dlgs 22/1997 POI NELL’AMBITO DEL DLGE 152/06)
Le principali “implementazioni” della precedente direttiva riguardano:
– incremento degli obiettivi di raccolta differenziata e riciclo (anche “multiplo”) dei rifiuti da imballaggio escludendo dal calcolo quelli avviati a produzione di energia (attualmente, in Italia, più della metà degli imballaggi raccolti in modo differenziato vengono avviati al recupero energetico – alias incenerimento o co-incenerimento; falsando gli effettivi benefici della loro gestione);
– i principali obiettivi di riciclo (si sottolinea il termine riciclo ovvero effettivamente ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze, non di raccolta differenziata o di generico recupero …. anche energetico come attualmente) sono fissati come segue :
anno 2025: 65 % del totale (e specifiche per : plastica 50 %; legno 25 %; metalli ferrosi 70 %; alluminio 50 %; vetro 70 %; carta e cartone 75 %); anno 20030 : 70 % del totale (e specifiche per : plastica 55 %; legno 30 %; metalli ferrosi 80 %; alluminio 60 %; vetro 75 %; carta e cartone 85 %);
(ovviamente questi obiettivi possono essere criticati come non particolarmente elevati ma occorre tener presente da un lato il dato di partenza disomogeneo tra i paesi UE, in particolare quelli dell’est, e che si tratta di obiettivi MINIMI e non massimi);
– viene altresì specificato che imballaggi trattati utilizzati “come combustibili o per altri mezzi per produrre energia o devono essere inceneriti” NON possono essere considerati ai fini del conseguimento degli obiettivi di riciclaggio (e non è una affermazione secondaria, rispetto all’andazzo attuale italiano in particolare con il regime del combustibile solido secondario !);
– prevenzione dei rifiuti (es, depositi-cauzione o altre forme di incentivi; riduzione degli imballaggi “eccessivi”; diffusione imballaggi riutilizzabili);
– valutazione di dettaglio sulla promozione di “bioimballaggi” e imballaggi biodegradabili (in tal senso la quota di imballi biodegradabili avviati a trattamento aerobico o anaerobico vengono conteggiati negli obiettivi generali di riciclo; NB non sono considerati tali gli imballaggi “oxodegradabili in plastica” in quanto non si degradano in biossido di carbonio, biomassa e acqua, ma si riducono solo di dimensione – divenendo microplastiche – se rilasciati nell’ambiente o avviati a un trattamento di compostaggio);
– estensione di regimi di responsabilità estesa del produttore dell’imballaggio (e del produttore di merci che necessitano di imballi);
– migliorare la progettazione e la composizione degli imballaggi
Come si vede vi sono molti elementi da tenere d’occhio per un recepimento idoneo e soprattutto affinché le norme si traducono in una riduzione complessiva degli impatti ambientali e sanitari del ciclo dei rifiuti (nell’ambito del più generale ciclo della materia che deve passare dal modello “lineare” a quello “circolare”).
Marco Caldiroli

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