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giovedì 9 gennaio 2020

L’inquinamento atmosferico nel 2019

Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta su La Città invisibile, rivista del laboratorio politico perUnaltracittà – Firenze, a questo indirizzo [https://www.perunaltracitta.org/2020/01/04/linquinamento-atmosferico-nel-2019/] con licenza BY-NC-SA 3.0.
DI  · 4 GENNAIO 2020
Per l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), la principale minaccia per la salute nel 2019 è venuta dall’inquinamento atmosferico, in particolare dal PM2,5 che è l’inquinante più pericoloso insieme agli ossidi di azoto e all’ozono.
Dalla letteratura scientifica del 2019 e del 2018, estrapoliamo alcuni importanti studi che ribadiscono che:
– l’impatto dell’inquinamento dell’aria è sottostimato e peggiore di quanto potessimo pensare;
– per il PM2,5 non esiste una soglia di sicurezza;
– l’aumento delle temperature, il cosiddetto global worming,  peggiora gli effetti dell’inquinamento atmosferico;
– l’inquinamento ed il riscaldamento globale colpiscono in modo sproporzionato le fasce più deboli della popolazione.
L’ Organizzazione Mondiale della Sanità per tutti questi motivi, sta aggiornando i propri valori limite, che peraltro sono molto più restrittivi di quelli attualmente vigenti in Europa, Italia compresa.
In Europa il valore massimo consentito di PM2,5 è troppo alto!
Nel 2015, ben l’82% della popolazione UE 28, è stata esposta a limiti superiori a quelli indicati dall’OMS.  In UE il livello medio annuale da non superare per il PM2,5  (25 µg/m3) è (e resta) due volte e mezzo maggiore rispetto a quello raccomandato dall’OMS (che sta per essere ulteriormente abbassato), il cui valore limite di 10µg/m3 quasi azzerava l’aumento della mortalità per tumore al polmone. Secondo AEA (Agenzia Europea per l’Ambiente), se si rispettassero i limiti OMS i decessi causati dall’inquinamento (più di 400.000 all’anno in Europa) si ridurrebbero di un terzo.
Quando nelle varie Agenzie europee (e italiane) si valuta l’inquinamento atmosferico, con toni spesso trionfanti, ci si riferisce agli attuali  valori “di sicurezza” dell’Unione europea, che come abbiamo visto lasciano il tempo che trovano.
L’impatto dell’inquinamento dell’aria può essere peggiore di quanto pensassimo, titolava The Guardian
Riferendosi ad un imponente studio appena pubblicato sul British Medical Journal (BMJ) in cui si evidenziava, con tutti i limiti del caso, che i pericoli per la salute e gli impatti economici dell’inquinamento atmosferico sono significativamente più grandi di quanto si credesse, perchèé l’inquinamento può colpire tutti gli organi del corpo umano, e perché non esiste una soglia di sicurezza per il PM2,5.
Short term exposure to fine particulate matter and hospital admission risks and costs in the Medicare population: time stratified, case crossover study”  è lo studio in questione, a cura della Harvard TH Chan School of Public Health.  Si sono valutati 95 milioni di ricoveri di pazienti di età pari o superiore a 65 anni iscritti al programma assicurativo Medicare, registrati negli Usa fra il 2000 e il 2012, collegati all’esposizione a breve termine di polveri sottili.
Pochi giorni prima dei picchi di smog, cioè quando il PM2,5  eccedeva i 25 µg/m3 orari,  i ricercatori, dello studio pubblicato sul BMJ, hanno trovato aumenti dei ricoveri per insufficienza renale, setticemia, infezioni urinarie, malattie della pelle, occlusioni intestinali e altre condizioni che nessuno studio in precedenza aveva collegato all’inquinamento. E’ stato pure riconfermato il nesso, ormai acquisito,  fra polveri sottili e i ricoveri per malattie cardiovascolari, respiratorie, diabete, morbo di Parkinson e altre patologie.
Da notare che tutti questi effetti si sono verificati anche a concentrazioni inferiori rispetto alle soglie stabilite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
L’inquinamento atmosferico provoca più morti all’anno rispetto al fumo di tabacco
Lo afferma uno studio internazionale pubblicato, nel 2018, sulla rivista Pnas, “Global Estimates of Mortality Associated with Long-term Exposure to Outdoor fine Particulate Matter”, Richard Burnett, Hong Chen et al (fra cui l’italiano Francesco Forestiere). 
Con quasi nove milioni di morti all’anno, l’inquinamento risulta così ancora più letale del fumo, che causa “solo” 6,3 milioni di vittime.
In questo lavoro, che copre il 97% della popolazione mondiale, grazie all’inclusione di uno studio di coorte in Cina, si è rivisto al rialzo il numero di decessi legati all’esposizione cronica all’inquinamento, facendolo lievitare dai 4,2 milioni di morti all’anno (delle stime precedenti) a ben 8,9 milioni.  Le stime precedenti consideravano soltanto i decessi legati a malattie ischemiche, ictus, tumore del polmone, infezioni respiratorie ed enfisema. Oggi però sappiamo che l’inquinamento favorisce anche altre patologie (malattie neurologiche, diabete, tumori di altri tipo ecc..), che sono quindi state incluse nell’analisi.
L’inquinamento atmosferico può danneggiare ogni organo, ha titolato sempre il Guardian,  perché “Le particelle ultrafini passano attraverso i [polmoni], vengono prontamente raccolte dalle cellule e trasportate attraverso il flusso sanguigno per arrivare praticamente in tutte le cellule del corpo.”  
PM2,5 e diabete di tipo 2
Soltanto nel 2016, l’inquinamento dell’aria ha contribuito ad almeno 3,2 milioni di nuovi casi di diabete, che rappresentano il 14% del totale delle nuove diagnosi per quell’anno, determinando la perdita, in totale, di 8,2 milioni di anni di vita sana nel mondo, anche a livelli di smog oggi considerati “accettabili”.
Lo dice un articolo pubblicato nel 2018 sulla prestigiosa rivista scientifica, The Lancet Planetary Health, “The 2016 global and national burden of diabetes mellitus attributable to PM2·5 air pollution”, BenjaminBoweMP, et al.  
Per questo studio sono state arruolate 1,7 milioni di persone, veterani dell’Esercito degli Stati Uniti, seguiti per un periodo di 8 anni e mezzo.
Il global worming peggiora gli effetti dell’inquinamento atmosferico
Analizzando i ricoveri per malattie cardiovascolari registrati al grande ospedale Humanitas, vicino Milano, nel 2014 e nel 2015, si è trovata una frequenza più alta di ricoveri all’aumentare della concentrazione di polveri sottili e all’aumentare della temperatura a causa dei cambiamenti climatici.
L’inquinamento ed il riscaldamento globale, colpiscono in modo sproporzionato le fasce più deboli della popolazione.
Lo ha detto anche il rapporto dell’ Agenzia europea per l’ambiente Unequal exposure and unequal impacts: social vulnerability to air pollution, noise and extreme temperatures in Europe,  che per la prima volta analizza dati ambientali confrontandoli con i dati socioeconomici. In questo report, del febbraio 2019, si dice che l’inquinamento atmosferico (PM2,5; NOX; O3), l’inquinamento acustico, le temperature estreme, impattano in modo sproporzionato sulle fasce  più deboli della popolazione, da un punto di vista socio-economico, da un punto di vista di età anagrafica e da un punto di vista immunitario.
Anche nella relazione dell’OMS  “Environmental health inequalities in Europe. Second assessment report” (2019) , si conferma che l’ impatto maggiore dell’inquinamento atmosferico avviene sulle classi svantaggiate della popolazione, quelle più povere, gli anziani soli, gli immigrati, le persone con condizioni abitative precarie, i malati cronici (affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva, asma, malattie cardiovascolari, ecc.), e i bambini. Avvalendosi della tecnica del biomonitoraggio, si è visto che le concentrazioni di particolato (PM) e di metalli pesanti, sono molto più elevate nei bambini che vivono in aree socialmente svantaggiate.
Le persone di stato socio-economico basso sono più vulnerabili ai rischi ambientali, perché costrette a vivere in peggiori condizioni rispetto al rumore, all’aria, alle temperature;  perché hanno alloggi poveri, diete povere, difficoltà di accesso ad una assistenza sanitaria di qualità, e soffrono più di stress.
Per tutto questo l’ Ecologia è politica.
*Gian Luca Garetti

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