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martedì 14 aprile 2020

"Dico no al modello Genova per la ricostruzione". Intervista a Francesco Merloni (Anac)

Parla il successore di Raffaele Cantone. "Dalla deroga rischio sciacalli, condivido l'allarme di De Raho sulla criminalità. Meglio il modello Expo... Non è Anac che blocca i cantieri, anche Cassese sbaglia"


Francesco Merloni è il presidente dell’Anac, dopo le dimissioni di Cantone, in quanto consigliere anziano. Con pieni poteri, in attesa che il governo nomini il successore. In questa conversazione con l’HuffPost condivide l’allarme di De Raho, critica il modello di gestione dell’emergenza in deroga, e rilancia il modello Expo, non il modello Genova, per la ricostruzione post lock down.
Presidente Francesco Merloni, proprio ieri c’è stato un nuovo arresto, turbativa d’asta per la fornitura di mascherine. Non so se è un record europeo, ma è un campanello d’allarme italiano.
Sì, decisamente un campanello d’allarme. Purtroppo in tutte le vicende in legate all’emergenza e alle procedure emergenziali c’è il rischio di imbattersi nello sciacallo, in chi ne approfitta. Ci sono diversi casi in cui le centrali di committenza si trovano di fronte a fornitori che chiedono prezzi esorbitanti. Insomma, vicende che suggeriscono di non abbassare la guardia.
Abbassare la guardia è, ad esempio, agire in deroga in nome dell’emergenza?
Esatto. Se la risposta fosse “tagliamo tutto”, “meno regole”, “agiamo in deroga”, in base a un non dimostrato assunto che “o vai veloce o rispetti le regole”, allora sarei seriamente preoccupato per il Paese.
Condivide l’allarme del procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho? Ha detto: “I clan sfrutteranno l’emergenza per mangiarsi l’economia”.
Ha perfettamente ragione. C’è un pezzo importante di territorio infiltrato da organizzazioni criminali. E, come sa, laddove la mafia stabilisce un controllo diffuso e territoriale, tocca anche le amministrazioni e l’esperienza dice che sono più permeabili nei luoghi dove si fa corruzione di basso profilo e nei centri di piccole dimensioni. Sa quale è la verità?
Quale?
Che bisogna sfidare il senso comune, anche se non è popolare dirlo nei talk show, perché va di moda da vent’anni anche tra politici e intellettuali sostenere che l’amministrazione va snellita, in quanto rappresenta un problema. Invece bisognerebbe investirci in risorse e qualità. Un magistrato una volta mi ha raccontato che un mafioso, interrogato su quale fosse il migliore antidoto contro la mafia, rispose: “Una buona amministrazione”. Sarebbe bene tenerlo a mente.
Torniamo alla vulgata. Sta diventando senso comune il fatto che Anac è responsabile del blocco e della non ri-partenza del paese. Si dice: “Bisogna andare veloci, non c’è tempo per tutte queste regole e burocrazia”.
Questo ragionamento è il presupposto teorico per agire in deroga. C’è chi lo propone in buona fede e chi per interesse. Il problema è che il fondamento sbagliato. Le cose non vanno perché le amministrazioni non ce la fanno, sono impoverite da anni di blocco del turn over, che ha colpito in particolare i quadri tecnici e spesso non sono in grado di fare progetti adeguati. E qual è il risultato? Che, in questa situazione, il progetto viene fatto male, si scrivono bandi errati e le aggiudicazioni sono oggetto di ricorso. Così, se vai a vedere, alla fine ti accorgi che non hai affatto risparmiato ma hai speso di più. Insisto: il problema è a monte, bisogna investire nella qualità delle amministrazioni.
Però il modello Genova ha oggettivamente funzionato. Perché secondo lei il non è replicabile o non è riproducibile per affrontare l’emergenza del Coronavirus?
Lì si trattava di fare un intervento tutto sommato “semplice”, un ponte, sullo stesso tracciato di prima e su cui c’era già un progetto a disposizione. Il commissario, che gode di poteri assoluti, ha scelto personalmente le aziende, senza alcun confronto. Ovvio che funzioni! Oggi stiamo parlando di dimensioni e di ambiti di intervento assolutamente più ampi.
E quindi che si fa?
Se parliamo di un commissario che aiuti le amministrazioni a concordare i tracciati di un’autostrada, mi sta bene: rientra nell’ambito dello Stato che si assume una responsabilità. Non condivido invece ipotesi di deroga su appalti e controlli, perché se il mandato è troppo ampio ed esteso nel tempo si sfocia nella patologia. E pensare che riescano a semplificare è un’illusione. Del resto abbiamo visto che cosa ha comportato a livello giudiziario la stagione dei Grandi eventi. Ricorda i commissari straordinari per i rifiuti e per la sanità? Hanno raggiunto i risultati? No, hanno solo aumentato tempi e costi senza essere risolutivi. 
L’obiezione è: si fa prima.
Posso dimostrare il contrario. Pensi a Expo, dove c’erano le verifiche dell’Anticorruzione. Quella vigilanza collaborativa dell’Anac ha consentito di chiudere in pochi mesi i cantieri e di salvare la manifestazione dal rischio fallimento, malgrado gli scandali e gli arresti precedenti. Lo stiamo facendo anche per Bagnoli e per la ricostruzione del sisma. C’è poi un altro luogo comune da sfatare: nel Codice degli appalti ci sono articoli che in caso di emergenza autorizzano già a procedere in deroga.
Teme anche che si parte con gli acquisti in deroga poi si passa a proclamare l’inutilità della certificazione antimafia?
Qualcuno l’ha già proposto, non so con quale coraggio, e del resto dalle deroghe può discendere di tutto. Se estendiamo a tutti l’emergenza, vera, rappresentata dall’approvvigionamento di mascherine, introducendo i commissari si rischiano tempi infiniti, altro che velocità. Efficienza non significa necessariamente deroga.
Sì, però è un dato di fatto che il paese è fermo e i cantieri non partono.
Altro luogo comune: il mercato è tornato ai livelli precedenti alla crisi. E tutti i grandi cantieri bloccati di cui si parla, lo sono da ben prima che entrasse in vigore il codice degli appalti del 2016. Anche la legge obiettivo del 2001, che doveva rappresentare un’accelerazione, dopo 20 anni ha realizzato appena il 15% delle opere previste. È la dimostrazione plastica che non bastano le procedure d’emergenza per risolvere i problemi.
Stefano Esposito, nel suo blog su HuffPost, sostiene che in sostanza si vuole tornare ai ruggenti anni Novanta e duemila, con la scusa dell’emergenza: una certa disinvoltura nella gestione degli appalti.
Condivido. Qui c’è un dato culturale di fondo: la differenza rispetto a Germania, Francia, e agli altri paesi europei è nella solidità dell’amministrazione. Lì non si sviluppano questi dibattiti, molto provinciali. Noi, di fronte alla difficoltà, tagliamo, diciamo “meno norme”, “più condoni”. Tutte soluzioni illusorie.
C’è chi pone il problema sul ruolo di Anac in buona fede, come Sabino Cassese.
Da sempre sostiene questa cosa, purtroppo non ho avuto occasione di confrontarmi con lui, ma le sue critiche non sono corroborate dai fatti. La prevenzione della corruzione si fa aiutando le amministrazioni a decidere le misure per contrastarla, ma sono loro poi a decidere. Lo dico con rispetto, ma anche Cassese è caduto nella tendenza a semplificare il discorso e non tiene conto della grande modernità con cui abbiamo lavorato in questi anni. Anac non è stato un gendarme o un poliziotto, come qualcuno vorrebbe far credere. C’è chi non lo sa ma siamo visti come un modello in diverse parti del mondo. L’Ocse ha certificato come best practice internazionale le nostre verifiche preventive di legittimità e perfino la Francia, notoriamente sciovinista, ha realizzato un’Agenzia anticorruzione prendendo a modella quella italiana.
Voi siete un organo consultivo anche se avete molti ambiti di competenza. Lei vorrebbe “pieni poteri”?
Assolutamente no. I poteri ci sono stati attribuiti dalla legge e noi abbiamo sempre sottoposto le nostre principali decisioni al Consiglio di Stato. Io sono per fare poche cose ma bene.
Di cosa avreste bisogno per essere più celere nelle risposte?
Lo siamo già celeri. In tema di vigilanza collaborativa e precontenzioso, il nostro “core business”, ormai rispondiamo in termini brevissimi. La nostra task force di finanzieri addirittura fornisce risposte nel giro di 48 ore, credo sia un caso senza precedenti. Direi che è un problema che non si pone.
Il Conte 1 sottopose Anac a una attività demolitoria, costringendo Cantone ad andarsene. Che cosa è cambiato col Conte due?
Non credo di dover intervenire su scelte personali che riguardano esclusivamente Raffaele Cantone. In ogni caso, l’Anac è una autorità indipendente che svolge le funzioni che le attribuisce la legge. E questo vuol dire che non guarda i numeri dei governi né il colore delle maggioranze che li sostengono. 

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