Associazione Ambientalista a carattere volontario ed apartitica, che si configura quale associazione di fatto. Essa non ha alcuna finalità di lucro. L’area di svolgimento delle attività dell’Associazione è delimitata ai comuni della Valdisieve.

EVENTI 2

  • LABORATORIO RIUSO E RIPARAZIONE A LONDA 

Le attività e aperture del Laboratorio di Riparazione e Riuso di Londa 
sono il mercoledì e il sabato pomeriggio.

mercoledì 13 marzo 2013

‘Toscana, multinazionali e Beni comuni’

Intervento di Mariarita Signorini membro della Giunta nazionale d’ITALIA NOSTRA e responsabile gruppo energia al convegno
“La montagna dell’Appennino un patrimonio di tutti da
tutelare e valorizzare”,
tenutosi sabato 9 marzo alle ore 10 presso
la sala consigliare ‘Gordon Lett’.


Repower, una multinazionale
svizzera con sede italiana a Milano, ha appena ottenuto il via libera
dalla Regione per una centrale a gas da 245 MW nel pistoiese, con un
procedimento che ha portato all’approvazione della procedura di VIA per
il mega impianto in una zona con criticità ambientali elevate, per
essere ad alto rischio idraulico e in una zona dove la qualità dell’aria
è già messa a dura prova dall’inceneritore di Montale. La VIA è stata
duramente contestata da cittadini e aziende in assemblee pubbliche
affollatissime, tanto che su La Nazione di Pistoia è uscita il 5 marzo
la notizia che, contro questa centrale, sono già partiti 6 ricorsi al
Tar della Toscana da Coldiretti, aziende, vivaisti e comitati cittadini.
Inoltre è stata depositata una denuncia alla procura della Repubblica.
La stessa Repower con nome EEP ‘Energia Eolica Pontremoli’ ha
pure presentato un progetto per un impianto eolico mastodontico,
composto da 16 torri che con la pala arrivano ad una altezza tra i 150 e
i 165 m (hanno proposto pale di diversa lunghezza) da 3,3 MW l’una, sui
crinali dell’appennino toscano ma a 12 m dal confine con
l’Emilia-Romagna.
Si tratta del
vecchio progetto eolico sui passi “Cisa-Cirone” che è stato riproposto
al settore VIA della Regione Toscana il 18 gennaio scorso, i termini per
le osservazioni di Enti, Associazioni ambientaliste Comitati e semplici
cittadini scadono il 22 marzo. Il primo progetto era stato sottoposto
alla procedura di scooping nell’agosto del 2009, ma è stato bocciato
dallo stesso settore VIA della Regione Toscana nel 2010. Anche la
Regione Emilia Romagna e la Provincia di Parma avevano dato parere
negativo nel 2011, dato che, tra l’altro, l’impianto ricadeva in un SIC e
accanto al Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano, un ambito
territoriale di particolare pregio e interesse ambientale, paesaggistico
e naturalistico». Nel progetto attuale sono diminuite il numero di
torri ridotte a 16 e sono state spostate tutte le opere infrastrutturali
sul versante toscano, per evitare la necessità di chiedere l’intesa
alla Regione Emilia-Romagna.
Ma dato che
l’impianto industriale sarà comunque devastante per la costruzione della
strada di servizio che correrà sul crinale e per le reti a media e alta
tensione, la consigliera regionale dei Verdi dell’Emilia Romagna
Gabriella Meo, ha presentato un’interrogazione ‘per chiedere alla Giunta
regionale di esprimere, in sede di Conferenza dei Servizi, il proprio
parere negativo sulla realizzazione di tale impianto eolico’.
Ma vediamo le maggiori criticità del manufatto.



  • Sono previsti 12 km di linea elettrica di elettrodotto ad alta tensione con enormi tralicci.

  • La sottostazione elettrica sarà
    costruita proprio nel paese di Pontremoli, con conseguenti rischi per la
    salute pubblica e conseguente distruzione paesaggistica di un
    importante centro storico.

  • Intervisibilità delle torri oltre il confine con l’ Emilia Romagna con impatti sul paesaggio.

  • Viabilità da costruire sul crinale con
    grandi sbancamenti in zona di rischio idrogeologico e in area sismica.
    La valle ospita le sorgenti del Fiume Magra, direttamente interessate
    dalle opere. L’alta Val di Magra, la cui fragile rete di borghi rurali, è
    già stata messa a dura prova dall’alluvione del 2011, verrebbe
    stravolta nel suo equilibrio idrogeologico, già molto precario, da un
    cantiere di dimensioni colossali.

  • Vicinanza del Parco Nazionale.dell’Appennino Tosco Emiliano e da Siti d’Importanza Comunitaria per la biodiversità (SIC).

  • Messa a rischio degli ecosistemi e impatti sull’avifauna migratoria sui valichi montani protetti.

  • Mancanza di vento utile: la media toscana degli ultimi 5 anni è pari a di 1460 ore l’anno! (vedi allegato: Le pentole senza coperchi dell’eolico toscano)

  • Nessuna ricaduta occupazionale: non
    esiste alcun piano occupazionale ed è noto che impianti di questo tipo,
    una volta in funzione, hanno bisogno al massimo di due addetti perché
    l’impianto è automatizzato.

  • Nessun vantaggio per i cittadini e la comunità

  • Non sono stati analizzati i rapporti costi – benefici dell’impianto.Le
    amministrazioni non analizzano mai nel dettaglio le reali ricadute
    positive per la comunità che governano, ma si avvalgono sempre delle
    dichiarazioni, spesso mendaci, delle industrie eoliche e d’altronde non
    se è mai visto un proponente che svaluti la propria merce!


La montagna,
le alture, i pascoli e i prati della dorsale appenninica costituiscono
un nodo primario della rete ecologica toscana per cui è prevista la
tutela integrale.
Sono poche aree che si concentrano nelle creste appenniniche residuali, dunque ogni sforzo va fatto per preservarle.
Permettere la compromissione di questo paesaggio unico sarebbe una
gravissima contraddizione per una regione che ha come obbiettivo uno
sviluppo in grado di garantire la tutela ambientale e paesaggistica.
Inoltre le inusitate
torri, che si vedranno da molti km di distanza, potrebbero aggiungersi
ad altre torri previste per l’impianto ‘Vento di Zeri’ dell’azienda FERA
srl, nello stesso comune di Pontremoli, dove già sono in corso grandi
sbancamenti di terreno. Per questo impianto è in atto un ricorso al Tar
della Toscana presentato da WWF, da altre associazioni ambientaliste e
comitati locali. Proprio in questi giorni è stata accolta la richiesta
di sospensiva e finalmente i lavori sono fermi.
Fatto di rilievo: L’IMPIANTO
DI ZERI SAREBBE COSTRUITO ALL’INTERNO DI UN TERRENO AD ‘USI CIVICI’ E
SI TRATTEREBBE DELLA COMPROMISSIONE DI IMPORTANTI BENI COMUNI CHE
RAPPRESENTANO UN RILEVANTE VALORE IDENTITARIO DI QUELLA COLLETTIVITA’,
ma in tal caso l’accordo economico sottoscritto con la stessa ASBUC ha
prevalso sulla tutela del valore identitario di quel luogo
.
A proposito del significato di Usi Civici la giurisprudenza afferma: Usi
civici” sono i diritti spettanti a una collettività (e ai suoi
componenti), organizzata e insediata su un territorio, il cui contenuto
consiste nel trarre utilità dalla terra, dai boschi e dalle acque. Il
corpus normativo di riferimento è costituito, principalmente, dalla
Legge dello Stato 16/6/1927, n. 1766 e dal relativo Regolamento di
attuazione 26/2/1928, n. 332; inoltre, dalle successive norme (nazionali
e regionali) in materia di usi civici.
E proprio Ieri a Firenze Italia Nostra ha presentato il libro di Settis
Azione popolare. Cittadini per il bene comune Einaudi dove il tema degli
usi civici e dei beni comuni è trattato con ampio respiro a pag. 61 si
legge .. Al singolare ‘Bene comune’ è un principio immateriale che
appartiene all’universo dei valori e include i diritti fondamentali:
salute, lavoro, istruzione, uguaglianza, libertà. Al plurale ‘I Beni
comuni possono essere cose tangibili: l’aria, l’acqua , la terra; (e a
pag 62)… boschi, chiese, spiagge, scuole, pascoli, ferrovie, università,
ospedali, montagne, musei, laghi, aree archeologiche’.
Ancora a pag 12 si legge : ‘In nome dello sviluppo abbiamo svenduto il
territorio in favore di grandi opere e cementificazione, condoni
edilizi, sanatorie paesaggistiche, piani casa e altre misure illegali
sancite da leggi compiacenti ( si contano 63.194 deroghe stabilite per
legge).
Abbiamo incoraggiato la morte dell’agricoltura di qualità,
trasformando uliveti e vigneti in “Parchi eolici “ e distese di pannelli
solari. Abbiamo promosso e difeso Tav e autostrade anche quando
disseccavano fiumi e sorgenti.
Abbiamo disseminato discariche nelle
zone più fertili della Campania, e dalla Lombardia alla Sicilia abbiamo
incoraggiato il riuso dei rifiuti tossici nell’edilizia.
Abbiamo protetto il contagio dell’aria e delle acque generato dalle industrie.
Crescita c’è stata”, certo: la crescita degli introiti dei soliti noti,
mentre il benessere dei cittadini e l’occupazione continuano
inesorabilmente a calare.
Per concludere vale la pena analizzare un’argomentazione frequente
di chi propone impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e
che, purtroppo, è normalmente fatta propria anche da quegli
amministratori pubblici che mostrano nei loro confronti un asservimento
totale, e talora anche sospetto, mentre invece dovrebbero farsi carico
delle verifiche di compatibilità ambientale.
Si tratta dell’asserzione secondo cui tali impianti rivestono caratteri di “pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza”,
ai sensi del comma 1 dell’articolo 12 del D.lgs 387/2003”. I proponenti
dimenticano sempre però che, poche righe più sotto, al comma 3, lo
stesso articolo 12 puntualizza che la costruzione e l’esercizio di tali
impianti “sono soggetti ad autorizzazione unica (…) nel rispetto delle
normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del
paesaggio e del patrimonio storico-artistico”. Non è poi banale
sottolineare che, per il decreto legislativo, tale autorizzazione unica
costituisce variante allo strumento urbanistico solo “ove occorra” (come
recita).
Il percorso dettato dalla legge dello stato è quindi chiarissimo: si
prevede, prima, un iter finalizzato alla verifica del rispetto delle
tutele (non a caso il vocabolo “tutela”, nel dettato normativo, appare
ripetuto!). Poi, se del caso, potrà seguire il rilascio
dell’autorizzazione unica. E solo a seguito ell’autorizzazione
rilasciata l’opera proposta potrà assumere la prerogativa di “pubblica
utilità, indifferibilità e urgenza”.
E’ quindi questo che dobbiamo rispondere forte e chiaro ai nostri
assessori, o ai nostri sindaci, quando vogliono tagliare corto sulle
nostre rimostranze contro ciò che ci vogliono imporre. Siamo cittadini,
non sudditi!
Sappiamo (poi) che la Valutazione d’Impatto Ambientale, e quindi l’iter
di Autorizzazione Unica, devono svolgersi su una proposta che abbia il
livello di dettaglio del progetto, si badi bene, definitivo.
Cosa debba contenere e prevedere il progetto definitivo è fissato dal
DPR 207/2010, agli articoli 24 e seguenti: a una semplice lettura di
tali disposizioni colpisce l’impressionante lacunosità dei progetti che
spesso ci troviamo a consultare, e che spesso vengono ugualmente
approvati e autorizzati, a riprova del fatto che esiste un’inquietante,
ma del tutto illegittima, corsia preferenziale riservata a essi.
Per quanto riguarda le “opere e misure mitigatrici e compensative
dell’impatto ambientale, territoriale e sociale”, sappiamo anche che i
proponenti di impianti FER di norma si limitano a mere ipotesi, prive di
dettaglio, o anche solo di descrizione e localizzazione: ebbene, la
definizione di tali opere e misure è espressamente prescritta dall’art.
166 del D.Lgs. 163/2006 per un progetto definitivo di opera che voglia
dirsi di pubblica utilità. Si noti che tale art. 166 è contenuto in una
sezione, del provvedimento legislativo, dedicata a “infrastrutture e
insediamenti produttivi”.


Cliccate qui per leggere l’intervento di Alberto Cuppini, rappresentante della Rete della Resistenza sui Crinali

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