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mercoledì 29 luglio 2015

Cambiamenti climatici: la più grande minaccia per la salute dell’uomo

I cambiamenti climatici sono la più grande minaccia globale nei confronti della salute nel nostro tempo”. E’ sicuramente questa la frase più significativa ed emblematica del “Rapporto su come affrontare le conseguenze sulla salute provocate dai cambiamenti climatici”, recentemente pubblicato da Lancet, in collaborazione con l’University College London Institute for Global Health Commission (UCL).
Il Rapporto, molto dettagliato e ricco di particolari, nelle sue 60 pagine pone l’attenzione sul rapporto che inevitabilmente si crea tra cambiamenti climatici e salute umana che, secondo i medici, gli ingegneri, gli antropologi, i ricercatori che l’hanno stilato, sarà influenzata negativamente dagli effetti del clima.
Purtroppo è noto a tutti ciò che le attività umane hanno causato negli ultimi anni al nostro pianeta, all’ambiente e di conseguenza al clima. I gas serra, CO2, metano e ossido di carbonio, sono arrivati ad un livello molto alto, potremmo dire critico, determinando così un significativo riscaldamento del pianeta, che ha provocato grandi cambiamenti della stagionalità e dell’intensità delle precipitazioni, l’aumento della frequenza e della forza degli eventi climatici estremi, nonché lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento del livello del mare.
Nel Rapporto l’impatto dei cambiamenti climatici sulla salute di ogni uomo, viene diviso tra effetti diretti e indiretti. I primi sono strettamente legati agli eventi meteorologici estremi; i secondi, invece riguardano il cambiamento dei modelli di diffusione delle malattie infettive, dell’inquinamento atmosferico, dei problemi alimentari… Alla luce dell’analisi di questi effetti, secondo il Rapporto, sarebbero 5 le sfide decisive che l’uomo deve impegnarsi ad affrontare se vuole davvero che i cambiamenti climatici non diventino una minaccia per la sua stessa sopravvivenza.
La prima cosa è l’informazione. Senza le adeguate conoscenze in merito all’argomento dei cambiamenti climatici è impossibile decidere e sapere come agire. Serve uno studio approfondito della materia e maggiore consapevolezza su tutto quello che stiamo facendo al nostro pianeta, a noi stessi e ai nostri figli. Secondo, occorre rafforzare i sistemi sanitari dei paesi meno sviluppati. Gli effetti del cambiamento del clima colpiscono prima di tutto e in misura maggiore le popolazioni più povere, quelle che hanno un sistema sanitario molto arretrato o del tutto assente e sono quindi più esposte a malattie e gravi problemi di salute. Al terzo posto troviamo, invece, la sfida tecnologica, perché le nuove tecnologie e il conseguente investimento nella ricerca, devono essere in grado di aiutarci ad adattarci ai cambiamenti climatici. La quarta sfida è quella politica. E’ necessario che chi governa e prende le decisioni sia in grado di sviluppare le opportune leggi a tutela dell’ambiente e della salute, a dispetto del potere e dell’incremento del profitto. Infine, e il quinto punto è strettamente correlato al quarto, le istituzioni si devono convincere che i cambiamenti climatici sono una priorità, se non vogliamo che ci schiaccino e ci distruggano per sempre.
Già nel dicembre del 2009 i medici, ricercatori e scienziati italiani avevano lanciato un appello per il controllo dei cambiamenti climatici. All’appello, a cui aveva aderito anche ISDE – Italia, si legge che: “I medici, ricercatori e scienziati italiani intendono indirizzare i governi italiano, europei e degli altri Paesi a un accordo che assuma i seguenti principi: il confronto e il dialogo tra scienza, etica e politica; la cooperazione internazionale; la giustizia e l’equità nel determinare le future quote di emissione dei gas climalteranti; la responsabilità comune, ma differenziata tra i diversi Paesi; e che ponga i seguenti obiettivi: limitare i cambiamenti climatici dovuti alle emissioni carboniche di origine antropica; promuovere la salute, la giustizia sociale e la sopravvivenza delle generazioni attuali e future, dei poveri e dei ricchi, a livello locale e mondiale; avviare una profonda revisione dei modelli economici dominanti”.
Un nuovo modello di sviluppo è dunque richiesto a gran voce da più parti ed è sicuramente necessario per modificare e agire profondamente sui comportamenti, le abitudini e le scelte che ci hanno portato alla crisi ambientale che stiamo vivendo.
Melissa Frulloni per ISDE-Italia

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