Interessante pronuncia del Giudice amministrativo pugliese in tema di rapporti fra procedura di valutazione di impatto ambientale e autorizzazione paesaggistica.
La sentenza T.A.R. Puglia, BA, Sez. I, 19 marzo 2019, n. 403 evidenzia la diversità e distinzione fra i procedimenti di valutazione di impatto ambientale (V.I.A., artt. 20 e ss. del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.) e di autorizzazione paesaggistica (art. 146 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.).
Infatti, “è la legge ad imporre l’attivazione di una speciale procedura, che si pone quale istituto di protezione ambientale posto a presidio dei valori di primario ed indiscusso rilievo costituzionale e confluente nell’autorizzazione paesaggistica, atto autonomo e presupposto rispetto a tutti i titoli legittimanti l’intervento, in quanto diretto a verificarne la compatibilità con riferimento a beni paesaggistici oggetto di specifica e motivata tutela.
Va ribadito, dunque, che proprio in ragione del carattere di specialità della disciplina posta dall’art. 146 D.lgs. n. 42/2004, il provvedimento di V.I.A., ove previsto, non elimina sic et simpliciter la necessità di conseguire l’autorizzazione paesaggistica, non potendo questa ritenersi automaticamente assorbita nel provvedimento di V.I.A.”
Si tratta di una garanzia per la tutela del paesaggio, autonoma e non assorbibile da altre competenze in materia ambientale.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
dalla Rivista telematica di diritto ambientale Lexambiente, 19 aprile 2019
TAR Puglia (BA) Sez. I n. 403 del 19 marzo 2019
Beni ambientali. Procedimento di VIA e autorizzazione paesaggistica.
Il carattere di potenziale inclusività, all'interno del procedimento di V.I.A., della disamina trasversale di tutti gli effetti diretti e indiretti di un dato intervento modificativo sull’ambiente, considerato nei suoi vari aspetti, non necessariamente assolve anche a quella specifica esigenza di tutela del paesaggio, che viene in rilievo ove l’intervento incida su beni che, in ragione dell’elevato intrinseco valore che li connota, sono tutelati dalla legge ai sensi dell’art. 146 D.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). In tal caso, infatti, è la legge ad imporre l’attivazione di una speciale procedura, che si pone quale istituto di protezione ambientale posto a presidio dei valori di primario ed indiscusso rilievo costituzionale e confluente nell’autorizzazione paesaggistica, atto autonomo e presupposto rispetto a tutti i titoli legittimanti l’intervento, in quanto diretto a verificarne la compatibilità con riferimento a beni paesaggistici oggetto di specifica e motivata tutela. Proprio in ragione del carattere di specialità della disciplina posta dall’art. 146 D.lgs. n. 42/2004, il provvedimento di V.I.A., ove previsto, non elimina sic et simpliciter la necessità di conseguire l’autorizzazione paesaggistica, non potendo questa ritenersi automaticamente assorbita nel provvedimento di V.I.A.
Beni ambientali. Procedimento di VIA e autorizzazione paesaggistica.
Il carattere di potenziale inclusività, all'interno del procedimento di V.I.A., della disamina trasversale di tutti gli effetti diretti e indiretti di un dato intervento modificativo sull’ambiente, considerato nei suoi vari aspetti, non necessariamente assolve anche a quella specifica esigenza di tutela del paesaggio, che viene in rilievo ove l’intervento incida su beni che, in ragione dell’elevato intrinseco valore che li connota, sono tutelati dalla legge ai sensi dell’art. 146 D.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). In tal caso, infatti, è la legge ad imporre l’attivazione di una speciale procedura, che si pone quale istituto di protezione ambientale posto a presidio dei valori di primario ed indiscusso rilievo costituzionale e confluente nell’autorizzazione paesaggistica, atto autonomo e presupposto rispetto a tutti i titoli legittimanti l’intervento, in quanto diretto a verificarne la compatibilità con riferimento a beni paesaggistici oggetto di specifica e motivata tutela. Proprio in ragione del carattere di specialità della disciplina posta dall’art. 146 D.lgs. n. 42/2004, il provvedimento di V.I.A., ove previsto, non elimina sic et simpliciter la necessità di conseguire l’autorizzazione paesaggistica, non potendo questa ritenersi automaticamente assorbita nel provvedimento di V.I.A.
N. 00403/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00434/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 434 del 2014, proposto da
Aenergy S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giacomo Mescia e Giuseppe Mescia, con domicilio eletto presso Vincenzo Resta, in Bari, via Piccinni, 210;
Aenergy S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giacomo Mescia e Giuseppe Mescia, con domicilio eletto presso Vincenzo Resta, in Bari, via Piccinni, 210;
contro
Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Tiziana Teresa Colelli, con domicilio eletto presso Tiziana T. Colelli, in Bari, Lungomare Nazario Sauro, 31/33;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per la Puglia, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97;
Azienda Sanitaria Locale Foggia, non costituita in giudizio;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per la Puglia, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97;
Azienda Sanitaria Locale Foggia, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia
– della nota dell’Ufficio Energia della Regione Puglia, prot. n. 533 del 23 gennaio 2010, a mezzo della quale è stato comunicato il diniego dell’Autorizzazione Unica alla costruzione e all’esercizio di un impianto, delle opere connesse nonché delle infrastrutture indispensabili per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile eolica della potenza elettrica complessiva di 39 MWe sito nel Comune di Manfredonia (Fg), località “Canale Peluso”, proposto dalla Società Aenergy S.r.l.;
– ove occorra, della nota dell’Ufficio Energia della Regione Puglia, prot. n. 9689 del 4 dicembre 2013;
– ove occorra, della nota dell’Ufficio Energia della Regione Puglia, prot. n. 5683 del 5 luglio 2013;
– ove occorra, della nota dell’Ufficio Assetto del Territorio della Regione Puglia, prot. n. 10490 del 26 novembre 2013;
– ove occorra, della nota dell’Ufficio Assetto del Territorio della Regione Puglia, prot. n. 7144 del 18 luglio 2013;
– ove occorra, della nota della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia – Bari, prot. n. 7324 del 1° agosto 2013;
– ove occorra, della nota della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Bari-Barletta-Andria-Trani e Foggia, prot. n. 2646 del 21 febbraio 2013;
– ove occorra, della nota della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Provincie di Bari-Barletta-Andria-Trani e Foggia, prot. n. 10044 del 9 luglio 2013, anche se non conosciuta;
– di ogni ulteriore atto ad esso presupposto, connesso e/o consequenziale, anche se non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per la Puglia e della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2019 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta e uditi per le parti i difensori come specificato nel medesimo verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato il 25.03.2014 e depositato in Segreteria il 1.04.2014, la società Aenergy S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, al fine di ottenere le pronunce meglio indicate in oggetto.
Esponeva la società ricorrente di essere titolare di un progetto per la realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica, costituito da n. 13 aerogeneratori, della potenza elettrica complessiva pari a 39 MW, da realizzarsi nel territorio del Comune di Manfredonia (FG), nella località “Speranza – Barvagnone – Sipari – Piscitella e canale Peluso”, all’uopo allegando la relativa documentazione tecnico – progettuale.
In relazione al detto progetto, in data 26 luglio 2007, la società ricorrente presentava alla Provincia di Foggia istanza di verifica di assoggettabilità a V.I.A. della proposta progettuale.
All’esito della valutazione di impatto ambientale, la Provincia di Foggia, con determina n. 1984 del 29 giugno 2010, rilasciava, in favore della società Aenergy S.r.l., parere favorevole limitatamente a n. 6 aerogeneratori, rispetto ai 13 inizialmente progettati.
Tuttavia, a seguito del procedimento di riesame effettuato dal Comitato Tecnico per la V.I.A. nella seduta del 29 luglio 2010, la Provincia di Foggia stabiliva che il numero degli aerogeneratori non compatibili fosse pari a 8 e non a 7 come stabilito nella D.D. n. 1984/2010.
In definitiva, all’esito del procedimento solo cinque dei tredici aerogeneratori originariamente progettati venivano ritenuti compatibili sotto il profilo ambientale.
Con nota prot. n. 1603 del 29 marzo 2012, l’Ufficio Energia della Regione Puglia avviava il procedimento volto al rilascio dell’Autorizzazione Unica, convocando a tal fine la prescritta Conferenza di Servizi per il giorno 23 maggio 2012.
In tale data, aveva luogo la riunione della Conferenza dei Servizi, nell’ambito della quale si acquisivano a verbale i pareri delle Amministrazioni intervenute.
In particolare, con nota prot. n. 6885 del 21 maggio 2012, la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici evidenziava che “a causa dell’interferenza della viabilità del parco con il tratturo Foggia-Zapponeta, sarà compito della Direzione Regionale per i beni Culturali e Paesaggistici della Puglia esprimere il parere di competenza”, contestualmente richiedendo alla Aenergy s.r.l. “la ricognizione dell’Ente Locale competente per escludere eventuali interferenze con ulteriori aree tutelate per legge ai sensi dell’art. 142, comma 1, del D.lgs. 22 gennaio 2014, n. 42”.
Anche altri Enti partecipanti rilevavano numerose carenze documentali e ne richiedevano, pertanto, l’integrazione.
Nel dettaglio, l’Autorità di Bacino, con nota prot. n. 4972 del 23 maggio 2012, avanzata alcune proposte di modifica al progettato impianto e, precisamente:
– lo spostamento della torre 130 al di fuori dell’area perimetrata ad alta pericolosità idraulica (AP);
– lo spostamento della torre 119, 120 e 122 al di fuori dell’aera perimetrata a bassa pericolosità idraulica (BP);
– l’ottimizzazione della viabilità di collegamento, nonché dei tracciati di cavidotto, in congruenza sia con l’equilibrio del reticolo, utilizzando la tecnica T.O.C., sia con il regime idraulico nelle aree allagabili applicando rivestimenti antierosivi.
La predetta conferenza di servizi si concludeva, dunque, con gli inviti rivolti alla società proponente “ad ottemperare alla richiesta di documentazione integrativa formulata da alcuni Enti che hanno già fatto pervenire il proprio parere di competenza” e a tutti gli altri Enti coinvolti nel procedimento “a far pervenire il proprio parere nei tempi dettati dalla Legge n. 241/1990”.
Nel recepire le puntuali prescrizioni impartite dall’Autorità di Bacino e al fine di ottemperare alla richiesta di integrazioni espressa dalla Soprintendenza, la Aenergy S.r.l., in data 2 agosto 2012, depositava un nuovo studio di compatibilità idrologica ed idraulica e provvedeva a caricare la documentazione richiesta sul portale telematico regionale.
A seguito dell’analisi della documentazione depositata, tuttavia, l’Ufficio Energia, con nota prot. n. 5683 del 5 luglio 2013 comunicava alla ditta ricorrente che “i nuovi strati informativi, che si sostituiscono ai precedenti, riportano un layout modificato rispetto al layout dell’impianto sottoposto all’esame della Conferenza di Servizi e, in merito allo spostamento di due pale, e in merito ad un nuovo posizionamento di parte del cavidotto. Tali modifiche, ai sensi dell’art. 7 della L.R. n. 25/2012, si configurano come sostanziali (…) e possono potenzialmente produrre effetti significativi sull’ambiente e, quindi, devono essere nuovamente valutate dalla medesima Autorità ambientale”; pertanto, “si chiedono chiarimenti in merito a tali modifiche, al fine di valutare la possibilità della convocazione di una nuova Conferenza”.
Nel frattempo, con nota prot. n. 7144 del 18 luglio 2013 il Servizio Assetto del Territorio della Regione Puglia emetteva preavviso di diniego, non potendo esprimere parere favorevole alla realizzazione del progetto in questione, “in quanto la trasformazione dell’assetto attuale proposto non appare compatibile con la qualificazione paesaggistica del sito”.
Successivamente, in data 1° agosto 2013, la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia, dopo aver esaminato la documentazione depositata e previa acquisizione del parere della Soprintendenza B.A.P./Bari (prot. n. 10044 del 9.07.2012), riteneva che le opere in progetto “interessano direttamente il tratturello Foggia-Zapponeta – vincolato ai sensi dei DD. MM. 15.06.1976, 20.03.1980 e 22.12.1983 – ricadente nella fattispecie di cui alla lettera m) del comma 1 dell’art. 142 del D.lgs. n. 42/2004 e s.m.i.”, nonché “i poderi n. 1, 3, 13, 14 e 15 di proprietà dell’A.S.P. Marchese F. De Piccolellis – vincolati e tutelati dal D.lgs. n. 42/2004” – e per tale ragione esprimeva parere contrario alla realizzazione delle stesse.
In data 26 novembre 2013, con nota prot. n. 10490, il Servizio Assetto del Territorio della Regione Puglia trasmetteva, dunque, il parere definitivo contrario alla realizzazione dell’intervento, analiticamente motivato, evidenziando che, nonostante la proposta di rimodulazione dell’impianto formulata dalla società proponente, “il parco eolico inciderebbe sugli elementi strutturali della rete ecologica regionale, strumento fondamentale per l’attuazione delle politiche e delle norme in materia di biodiversità e di conservazione della natura, tanto da essere inclusa nel PPTR fra i cinque Progetti Territoriali per il paesaggio regionale. Inoltre, in riferimento ad un ambito territoriale più ampio della stretta area di pertinenza del parco eolico oggetto del presente parere, si evidenzia come il sistema paesaggistico nei suoi elementi di naturalità sia stato già interessato dalla presenza di altri parchi eolici e fotovoltaici assentiti o dotati di parere di compatibilità ambientale positivi, per cui ulteriori interventi andrebbero ad incrementare gli attuali livelli di criticità per frammentazione”.
Preso atto dei pareri espressi dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia e dal Servizio Assetto del Territorio, l’Ufficio Energia, con nota prot. n. 9689 del 4 dicembre 2013, comunicava alla Aenergy S.r.l. il preavviso di conclusione negativa del procedimento ai sensi dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990, assegnando alla stessa il termine di dieci giorni per presentare eventuali osservazioni e/o controdeduzioni.
A seguito delle memorie, a tal fine, presentate dalla società attrice in data 14 dicembre 2013, l’Ufficio Energia, con nota prot. n. 533 del 23.01.2013 confermava la propria decisione e comunicava il diniego di Autorizzazione Unica alla costruzione e all’esercizio dell’impianto in oggetto, richiamando il disposto normativo contenuto nell’art. 9 della Costituzione – il quale garantisce la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione – e rilevando che l’impianto era stato progettato in modo tale da compromettere le caratteristiche e le peculiarità di tipo naturale ed antropico dell’area.
Insorgeva la ricorrente avverso tali esiti provvedimentali, sollevando plurimi motivi di doglianza, come di seguito riassunti:
A. In ordine al procedimento di autorizzazione unica:
1) Eccesso di potere per erroneità dei presupposti di fatto e di diritto; Violazione e falsa applicazione dell’art. 14, comma 2, L. n. 7 agosto 1990, n. 241; eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità ed irragionevolezza.
In tesi di parte ricorrente l’impianto progettato sarebbe stato modificato esclusivamente per adempiere alle puntuali prescrizioni impartire dall’Autorità di Bacino in sede di Conferenza di Servizi. In ogni caso, non si sarebbe trattato di una vera e propria modifica, quanto piuttosto di un mero ridimensionamento dell’impianto, ragion per cui non vi sarebbe stata ragione di richiedere un nuovo parere di compatibilità ambientale.
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 26, comma 4, D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152; violazione e falsa applicazione del punto 3 della Delib. Giunta regionale n. 2122 del 23 ottobre 2012; eccesso di potere per erroneità dei presupposti di fatto e di diritto – difetto assoluto di istruttoria – sviamento dell’azione amministrativa.
Secondo la prospettazione della ditta ricorrente, il provvedimento di valutazione di impatto ambientale includerebbe in sé qualsivoglia autorizzazione, intesa e nulla-osta comunque denominati, ragion per cui non sarebbe stato affatto necessario acquisire i pareri della Soprintendenza e del Servizio Assetto del Territorio, i quali non avrebbero in alcun modo potuto legittimare la conclusione negativa del procedimento.
3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 ter, comma 2, L. 241/1990 e ss.mm.ii.; violazione e falsa applicazione dell’art. 14 ter, comma 3, L. 241/1990 e ss.mm.ii.; violazione e falsa applicazione dell’art. 14 ter, comma 6, L. 241/1990 e ss.mm.ii.; violazione e falsa applicazione dell’art. 14 ter, comma 7 L. 241/1990 e ss.mm.ii.; violazione e falsa applicazione dell’art. 14 ter, comma 1, L. 241/1990 e ss.mm.ii.; eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria, illogicità e sviamento dell’azione amministrativa.
Parte attrice censurava, altresì, la violazione, da parte dell’Amministrazione regionale, del termine di 90 giorni sancito dal comma 4 del D.lgs. n. 387/2003 – emesso in attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità – per la conclusione del procedimento interno alla Conferenza di servizi, ritenendo, dunque, illegittimi i pareri espressi dalla Soprintendenza e dal Servizio Assetto Territoriale della Regione Puglia, in quanto acquisiti al di fuori del modulo procedimentale, quando il termine era ormai ampiamente decorso. Ancora, tali pareri non sarebbero mai stati portati all’esame degli altri Enti interessati, così precludendo loro la possibilità di opporre eventuali controdeduzioni nel contraddittorio tra le parti.
4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 D.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387; Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 ter, comma 6 bis e comma 9 della L. 241/1990 e ss.mm.ii.; Violazione e falsa applicazione degli artt. 14.6 e 15.1 del D.M. 10 settembre 2010; eccesso di potere per erroneità dei presupposti di fatto e di diritto, difetto assoluto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà ed irragionevolezza; sviamento di potere.
La società Aenergy s.r.l. contestava, inoltre, l’operato della Regione Puglia in sede di Conferenza di servizi, non avendo la stessa tenuto conto del criterio delle c.d. posizioni prevalenti espresse in quella sede, in applicazione del quale avrebbe dovuto aversi riguardo all’aspetto qualitativo del voto espresso dalle Amministrazioni partecipanti, in relazione al tipo e all’importanza delle attribuzioni di ciascuna, con riferimento alle questioni in oggetto. Viceversa, secondo la prospettazione di parte ricorrente, l’Ufficio Energia avrebbe tenuto conto esclusivamente dei pareri espressi dalla Soprintendenza e dal Servizio Assetto del Territorio, i quali, tuttavia, non potrebbero considerarsi prevalenti in relazione alla specifica materia oggetto della conferenza.
5) Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 quater, comma 3, L. 241/1990 e ss.mm.ii.; violazione e falsa applicazione dell’art. 120 della Costituzione; violazione del principio generale di leale collaborazione tra P.A. e privato; eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria, illogicità e sviamento dell’azione amministrativa.
In via gradata, la società ricorrente sosteneva che, in sede di valutazione di interessi sensibili, l’Amministrazione procedente avrebbe dovuto obbligatoriamente rimettere la questione al Consiglio dei Ministri, onde superare il dissenso espresso dalle Amministrazioni preposte alla tutela ambientale e paesistica.
6) Violazione e falsa applicazione della Dir. n. 2001/77/CE, recepita con D.lgs. 29 dicembre 2003, n. 12; violazione e falsa applicazione della Dir. n. 2009/28/CE, recepita con D.lgs. 3 marzo 2011, n. 28; violazione e falsa applicazione dell’art. 12 D.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387; violazione e falsa applicazione degli artt. 14 ss. della L. 241/1990 e ss.mm.ii.; violazione e falsa applicazione degli artt. 14.6 e 15.1 del D.M. 10 settembre 2010; eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà ed irragionevolezza.
In via ulteriormente gradata, la società attrice contestava le modalità di espressione del dissenso al rilascio di Autorizzazione Unica, richiamando le disposizioni vigenti in tema di conferenza di servizi, le quali evidenziano la necessità di pervenire ad un dissenso quanto più possibile pertinente, motivato, ma soprattutto costruttivo, come tale indicativo delle condizioni per il suo superamento.
Nel caso di specie, l’Amministrazione procedente avrebbe omesso di verificare se i rilievi sollevati dal Servizio Assetto del Territorio e dalla Soprintendenza fossero superabili mediante apposite modifiche progettuali.
7) Eccesso di potere per difetto di motivazione ed omessa considerazione degli interessi pubblici sottesi alla realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ed al rispetto degli obblighi internazionali.
Ancora, in tesi di parte ricorrente, l’Ufficio Energia della Regione Puglia avrebbe denegato l’autorizzazione richiesta, considerando come primario ed assoluto il valore paesaggistico, sottraendolo, dunque, alla valutazione comparativa degli interessi pubblici sottesi alla realizzazione dell’impianto e omettendo del tutto di valutare le specifiche finalità perseguite dallo sfruttamento di energia eolica e, quindi, gli interessi di rilevanza costituzionale e di natura comunitaria coinvolti nella sua realizzazione.
8) Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 e ss.mm.ii. L. 241/1990; violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. 241/1990; eccesso di potere per difetto di istruttoria e sviamento dell’azione amministrativa.
Da ultimo, in spregio ai generali principi sul procedimento amministrativo, l’organo competente all’emanazione del provvedimento finale, nel caso di specie diverso dal responsabile del procedimento, si sarebbe arbitrariamente discostato dall’istruttoria condotta da quest’ultimo, disponendo il diniego dell’autorizzazione unica.
B. In ordine al parere negativo della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 septies L. 241/1990 e ss.mm.ii.; violazione e falsa applicazione degli artt. 142 e 146 del D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42; eccesso di potere per difetto assoluto di attribuzione, difetto di istruttoria, contraddittorietà e sviamento.
Sul punto, in via pregiudiziale, la società ricorrente rilevava la nullità del parere espresso dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici, nonché del presupposto parere della Soprintendenza B.A.P./Bari, in quanto viziato da difetto assoluto di attribuzione. Nello specifico, le Amministrazioni in questione si sarebbero avvalse di un potere che la norma, in realtà, non le attribuiva, non essendo l’impianto da realizzarsi interessato da un preminente vincolo paesaggistico da rispettare e tutelare.
2) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, erroneità dei presupposti di fatto, contraddittorietà, illogicità e ingiustizia manifesta.
In ultima analisi, la società Aenergy s.r.l. censurava il parere negativo espresso dall’Ufficio Energia della Regione Puglia alla luce delle contraddizioni e delle incongruenze insorte nel corso del procedimento, rispetto a precedenti valutazioni effettuate dalla medesima Amministrazione.
C. In ordine al parere negativo del Servizio Assetto del Territorio:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 ter, comma 6, L. 241/1990 e ss.mm.ii.; eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria, illogicità e sviamento dell’azione amministrativa.
Sul punto, parte attrice richiamava il disposto normativo ex art. 14 ter della legge sul procedimento amministrativo nella parte in cui richiede alle amministrazioni partecipanti alla Conferenza di servizi di farsi rappresentare da un unico soggetto “legittimato dall’organo competente ad esprimere in modo vincolante la volontà dell’amministrazione su tutte le decisioni di competenza della stessa”.
Alla stregua di tale disposizione normativa, in tesi, l’ente Regione avrebbe dovuto partecipare alla conferenza finalizzata al rilascio dell’Autorizzazione Unica mediante un unico rappresentante autorizzato, previa acquisizione del parere di tutti i responsabili competenti in seno all’Amministrazione di appartenenza.
Di conseguenza, il Servizio Assetto del Territorio non avrebbe avuto alcuna autonoma legittimazione a partecipare alla convocata conferenza di servizi, né tantomeno ad esprimere valutazioni vincolanti in ordine al progettato impianto.
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 octies L. 241/1990 e ss.mm.ii.; violazione e falsa applicazione della Delibera di Giunta Regionale n. 2410 del 30 novembre 2010; violazione e falsa applicazione del principio del tempus regit actum; eccesso di potere per difetto assoluto di attribuzione, difetto di istruttoria, contraddittorietà ed erroneità dei presupposti di fatto e di diritto.
In seconda battuta, il parere negativo espresso dal Servizio Assetto del Territorio sarebbe annullabile, in quanto viziato da incompetenza.
Ai sensi e per gli effetti della Delibera G.R. n. 2410 del 3.11.2010, infatti, la competenza al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica spetterebbe all’Ente comunale, dunque, nel caso di specie al Comune di Manfredonia; e, a conferma di quanto detto, la società Aenergy s.r.l. richiamava il principio tempus regit actum, il quale impone l’applicazione della disciplina, anche sopravvenuta, vigente al momento dell’adozione del provvedimento finale.
3) Eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di motivazione, disparità di trattamento, illogicità ed ingiustizia manifesta.
In ultima analisi, il parere espresso dall’ente in questione, oltre a porsi in contrasto con quello precedentemente espresso nella nota prot. n. 8922/2 del 14.10.2008, risulterebbe illegittimo anche in base all’ulteriore profilo della disparità di trattamento, tenuto conto che, in ordine alla realizzazione di analoghi impianti eolici, l’Amministrazione Regionale in questione aveva, in numerose occasioni, espresso pareri favorevoli per gli aspetti paesaggistici, dopo aver provveduto alla stipula di un apposito Protocollo d’Intesa tra le parti.
Viceversa, nel caso di specie, il Servizio Assetto Territoriale avrebbe ritenuto di non poter superare il parere negativo espresso, neanche attraverso mirate modifiche progettuali.
Sulla scorta di tali doglianze, parte ricorrente avanzava istanza incidentale di sospensione dell’efficacia dei provvedimenti impugnati, alla luce della fondatezza dei rilievi esposti e del grave ed irreparabile pregiudizio che sarebbe derivato alla società a responsabilità limitata dal decorso del tempo necessario a pervenire alla decisione di merito.
In mancanza del rilascio di Autorizzazione Unica, infatti, a quest’ultima sarebbe preclusa la possibilità di partecipare alle aste pubbliche per la concessione di incentivi statali destinati alla costruzione e all’esercizio di impianti eolici.
Nel merito, essa chiedeva al Tribunale adito l’accoglimento del ricorso e, di conseguenza, l’annullamento dei provvedimenti impugnati, nonché la condanna delle Amministrazioni resistenti al pagamento delle spese di lite.
Con atto di costituzione e memoria difensiva del 1 aprile 2014, si costituivano in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia e la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per Bari – Barletta – Andria – Trani e Foggia, chiedendo l’integrale rigetto della domanda proposta, in quanto infondata in fatto e in diritto ed opponendosi, altresì, all’avversa istanza incidentale di sospensione dell’esecutività del provvedimento impugnato.
In data 9 aprile 2014, si costituiva in giudizio la Regione Puglia contestando, in primo luogo, la ricostruzione del fatto operata da parte attrice, nonché ogni avversa prospettazione, poiché inammissibile, priva di pregio ed in ogni caso destituita di fondamento giuridico.
Alla camera di consiglio del 30 aprile 2016, la formulata istanza cautelare veniva abbinata al merito, anche alla luce della memoria difensiva regionale con la quale si richiamava l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui “in tema di tutela paesaggistica le esigenze cautelari del ricorrente in primo grado possono essere favorevolmente apprezzate al limitato fine della sollecita fissazione dell’udienza di merito ai fini dell’art. 55, co. 10, c.p.a.” (cfr. ord. Cons. Stato n. 195/2011).
In vista dell’udienza pubblica di discussione del ricorso, fissata in data 20 febbraio 2019, la Aenergy s.r.l. depositava memoria conclusionale al precipuo fine di controdedurre alle argomentazioni difensive della Regione Puglia.
All’udienza pubblica del 20 febbraio 2019, la causa veniva definitivamente trattenuta in decisione.
Tutto ciò premesso, nel merito, il ricorso è infondato e, pertanto, non può essere accolto.
Sul piano argomentativo e motivazionale, i motivi di gravame di cui al ricorso introduttivo sono suscettivi di trattazione unitaria, facendo tutti leva sul medesimo ordine di argomentazioni di massima.
In linea generale, va rilevato che ogni trasformazione del territorio implica, a cura dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, un giudizio di compatibilità del nuovo assetto che si vorrebbe realizzare con i valori che esso intende proteggere, teso a verificare se ed in quale misura le ulteriori opere vadano ad incidere sul contesto paesistico-ambientale.
Se è indubbio, infatti, che l’incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili sia valutato con favore dal legislatore comunitario e da quello nazionale, è, tuttavia, altrettanto evidente che le direttive di settore e la normativa interna fanno salvo l’esercizio di poteri pubblicistici ad alto tasso di discrezionalità, da parte dello Stato e delle autonomie locali, specialmente in vista del contemperamento tra progettazione di nuove infrastrutture ed esigenze di tutela dell’ambiente, del paesaggio e dell’ordinato assetto del territorio.
Nell’esercizio della funzione di tutela, l’obiettivo primario perseguito dagli enti locali consiste nel preservare l’ambito territoriale vincolato nel quale si collochi l’opera, in considerazione delle effettive e reali condizioni dell’area d’intervento.
Sul punto, il Consiglio di Stato ha, infatti, precisato che “alla tutela del paesaggio (che il MIBAC esercita esprimendo il suo obbligatorio parere nell’ambito del procedimento di compatibilità ambientale) è estranea ogni forma di attenuazione della tutela paesaggistica determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in considerazione”, con la conseguenza che “il parere del MIBAC in ordine alla compatibilità paesaggistica non può che essere un atto strettamente espressivo di discrezionalità tecnica”.
Tale conclusione è stata ricondotta direttamente all’art. 9 Cost. che, tutelando al massimo livello possibile il paesaggio, così come il patrimonio artistico e storico della Nazione, richiede alle Amministrazioni preposte l’espressione di valutazioni anzitutto tecnico-professionali e, solo in secondo luogo, eventualmente comparative e ponderative d’interessi.
Tale valutazione sarà, dunque, sindacabile in sede di giudizio “esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione nonché sotto il profilo dell’adeguata motivazione, considerati anche per l’aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, sicché, in sede di giurisdizione di legittimità, può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, affinché il sindacato giudiziale non divenga sostitutivo di quello dell’amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile” (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, n. 738/2019; Cons. Stato, Sez. VI, n. 4466/2018).
La possibilità del sindacato giurisdizionale delle scelte tecnico discrezionali dell’Amministrazione è, dunque, ristretta nei limitati confini del c.d. sindacato giurisdizionale debole, il quale può giungere ad esiti di annullamento solo per le ipotesi in cui dette scelte risultino essere manifestamente irrazionali, irragionevoli o palesemente contraddittorie.
Nel caso di specie, la società istante censurava il procedimento di Autorizzazione Unica espletato dall’Ufficio Energia della Regione Puglia per erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, nonché per illogicità ed irragionevolezza.
In particolare, secondo la prospettazione difensiva della Aenergy s.r.l., il provvedimento di valutazione di impatto ambientale assorbirebbe in sé qualsivoglia autorizzazione in materia ambientale, e, dunque, anche l’autorizzazione paesaggistica.
A tal proposito, questo Collegio ritiene non condivisibile l’argomentazione di parte ricorrente, in quanto del tutto destituita di pregio giuridico: l’onnicomprensività cui si riferisce, infatti, può rinvenirsi esclusivamente in materia ambientale e non anche in quella paesistica, la quale è oggetto di una specifica e preminente tutela.
In proposito giova premettere che il carattere di potenziale inclusività, all’interno del procedimento di V.I.A., della disamina trasversale di tutti gli effetti diretti e indiretti di un dato intervento modificativo sull’ambiente, considerato nei suoi vari aspetti, non necessariamente assolve anche a quella specifica esigenza di tutela del paesaggio, che viene in rilievo ove l’intervento incida su beni che, in ragione dell’elevato intrinseco valore che li connota, sono tutelati dalla legge ai sensi dell’art. 146 D.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).
In tal caso, infatti, è la legge ad imporre l’attivazione di una speciale procedura, che si pone quale istituto di protezione ambientale posto a presidio dei valori di primario ed indiscusso rilievo costituzionale e confluente nell’autorizzazione paesaggistica, atto autonomo e presupposto rispetto a tutti i titoli legittimanti l’intervento, in quanto diretto a verificarne la compatibilità con riferimento a beni paesaggistici oggetto di specifica e motivata tutela.
Va ribadito, dunque, che proprio in ragione del carattere di specialità della disciplina posta dall’art. 146 D.lgs. n. 42/2004, il provvedimento di V.I.A., ove previsto, non elimina sic et simpliciter la necessità di conseguire l’autorizzazione paesaggistica, non potendo questa ritenersi automaticamente assorbita nel provvedimento di V.I.A.
Applicando le suesposte coordinate al caso in esame, ne consegue che il provvedimento di V.I.A. rilasciato dalla Provincia di Foggia in data 29 giugno 2010 non può dirsi inclusivo anche del parere paesaggistico.
Ad ogni modo, la Soprintendenza per i beni Architettonici e Paesaggistici rilevava, sin dal primo momento, un’interferenza dell’impianto eolico in questione con il tratturo Foggia-Zapponeta, tutelato ai sensi del D.lgs. n. 42/2004, e rimetteva le opportune valutazioni, con conseguente espressione del parere di competenza, alla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici per la Puglia.
Si aggiunga inoltre, che nella determina n. 1984 del 29.06.2010, rilasciata dalla provincia di Foggia a seguito di valutazione di impatto ambientale, non vi è traccia alcuna del parere di competenza del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, nonostante il D.lgs. n. 152/2006 e ss.mm.ii. ne sancisca l’obbligatorietà, nell’ambito del medesimo procedimento.
Risulta, inoltre, opportuno evidenziare che, nel corso dello stesso, il layout progettuale inizialmente predisposto dalla società ricorrente veniva modificato per meglio rispondere alle prescrizioni imposte dall’Autorità di Bacino, riportando delle modifiche sostanziali all’originario progetto sottoposto all’esame del Comitato V.I.A. e della conferenza di servizi.
Medio tempore perveniva il parere contrario alla realizzazione dell’opera dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali, che questo Collegio ritiene pienamente legittimo, nonché adeguatamente motivato in relazione alle gravi alterazioni che i beni vincolati ai sensi del D.lgs. n. 42/2004 avrebbero subito per l’effetto della realizzazione dell’impianto.
L’Amministrazione regionale preposta alla tutela paesaggistica evidenziava, infatti, che “la realizzazione dei 5 aereogeneratori, con altezza mozzo 88 m e diametro rotante 100 m, per un’altezza complessiva pari a circa 144 m altererebbe i valori paesaggistici dell’area, caratterizzata dalla presenza di un suolo ad andamento prevalentemente pianeggiante, le cui principali peculiarità derivano dagli elementi naturali e antropici presenti, tutelati dal D.lgs. n. 42/2004 e s.m.i., afferenti ai corsi d’acqua e all’utilizzo agrario di matrice storica, in quanto caratterizzato dalla notevole presenza di poderi e dei relativi manufatti risalenti alle operazioni di bonifica degli anni ’30 del XX sec. All’interno del bacino visivo dell’impianto eolico in progetto, in particolare, sono presenti i seguenti beni tutelati dal D.lgs. 42/2004 e s.m.i:
– i torrenti “Carapelle” e “Caleggio” e “Cervaro” e il canale “Peluso”, beni tutelati ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. c) del predetto Decreto Legislativo;
– il tratturello “Foggia-Zapponeta” – vincolati ai sensi dei DD. MM. 15.06.1976, 20.03.1980 e 22.12.1983 – ricadente nella fattispecie di cui alla lettera m) del comma 1 dell’art. 142 del D.lgs. 42/2004 e s.m.i.;
– il podere n. 13 vincolato ai sensi del D.lgs. 42/2004, con D.D.R. 20.05.2013, a seguito di verifica ex art. 12 del predetto Decreto Legislativo di proprietà dell’ASP Marchese F. De Piccolellis;
– i poderi 1, 3, 14, 15 dell’ASP Marchese F. De Piccolellis, sottoposti alle disposizioni di tutela del D.lgs. 42/2004 per i quali è in corso la verifica ex art. 12 del predetto Decreto Legislativo.
Si rappresenta, inoltre, che nel suddetto bacino visivo ricadono anche gli edifici pubblici e/o equiparati di Borgo Mezzanone, sottoposti alle disposizioni di tutela del D.lgs. n. 42/2004, e i numerosi poderi dell’Opera Nazionale Combattenti, situati a Nord-Est dell’area interessata”.
Né, tantomeno, può attribuirsi rilevanza alla proposta di ridimensionamento dell’impianto avanzata da parte ricorrente, dal momento che il Servizio Assetto del Territorio della Regione Puglia, nella nota prot. n. 10490 del 26.11.2013, espressamente ne motivava il rigetto, specificando che “i motivi ostativi alla realizzazione del progetto in esame, risultando fortemente legati alla valenza paesaggistica del contesto in cui esso risulta inserito, non sono superabili con modifiche progettuali, ovvero attraverso compensazione e mitigazione ambientale, bensì attraverso una differente localizzazione dell’intervento”.
Da quanto sin qui evidenziato consegue la piena legittimità del parere espresso dalla Direzione Regionale del MIBACT, posto, in ogni caso, che la determinazione maturata in sede di Conferenza, anche se di tipo decisorio, ha mera valenza endoprocedimentale, essendo, dunque, solo il provvedimento finale adottato dall’Amministrazione competente, all’esito della stessa, quello conclusivo del procedimento, come tale correttamente e compiutamente impugnabile in sede giurisdizionale.
Ciò premesso, parimenti si ravvisa l’integrale correttezza della determina finale dell’Ufficio Energia della Regione Puglia di diniego dell’Autorizzazione Unica che si appalesa pienamente rispondente agli esiti dell’istruttoria provvedimentale, nel corso della quale si rilevava come l’impianto in questione apparisse idoneo, nella sua interezza, a compromettere le caratteristiche e le peculiarità antropiche dell’area.
La società ricorrente lamentava, in secondo luogo, la violazione dell’inderogabile e perentorio termine di conclusione del procedimento, con inevitabili effetti sulla legittimità dell’azione amministrativa successivamente posta in essere.
Secondo un ulteriore profilo, il procedimento sarebbe viziato in quanto la Regione avrebbe adottato il provvedimento finale senza garantire il preventivo e necessario contraddittorio sul punto.
La doglianza è infondata.
Deve, in primo luogo, escludersi che la violazione del termine prescritto per la conclusione del procedimento determini, per ciò solo, l’illegittimità dell’atto finale tardivo.
Secondo un costante orientamento giurisprudenziale, da cui questo Collegio non ha ragione di discostarsi, la violazione del termine di conclusione del procedimento non può, infatti, comportare, per ciò solo, conseguenze in punto di consumazione del potere di provvedere, ovvero di validità degli atti sopravvenuti alla scadenza di questo (cfr. ex plurimis: Sez. IV, 12 giugno 2012, n. 2264; 10 giugno 2010 n. 3695; Sez. VI, 1° dicembre 2010, n. 8371; 14 gennaio 2009, n. 140; 25 giugno 2008 n. 3215).
La sua violazione consentirà, al massimo, di attivare uno specifico rimedio giurisdizionale avverso il silenzio-inadempimento dell’Amministrazione, teso ad ottenere l’adozione del provvedimento conclusivo, ma non l’annullamento per la tardività.
Nel caso di specie, deve porsi in evidenza che la ricorrente, pur avendo a disposizione il rimedio predetto di cui all’art. 117 c.p.a., ometteva qualsivoglia forma di tempestiva reazione all’inerzia regionale, proponendo il ricorso principale solo molto tempo dopo rispetto allo spirare del termine di conclusione del procedimento.
Tale comportamento viene in rilievo, dunque, perché evidenzia che la società ricorrente ha omesso di esercitare una condotta ordinariamente diligente attraverso l’esperimento dei rimedi giurisdizionali previsti dalla legge a tutela dei propri interessi.
Parimenti infondata è la doglianza formulata da parte attrice, nella parte in cui lamenta l’assenza di contraddittorio sulla valutazione operata dall’Ente regionale, a seguito alle modifiche apportare all’impianto originario.
Viceversa, risulta evidente come il contraddittorio sia stato ampiamente garantito, in particolare proprio nei confronti della società ricorrente, alla quale sono stati preannunciati, nel pieno rispetto del disposto normativo ex art. 10 bis della L. n. 241/1990, i motivi di diniego, conferendole la possibilità di presentare eventuali osservazioni o controdeduzioni, poi effettivamente avanzate e vagliate.
Con quarto motivo di ricorso, la società Aenergy S.r.l. censurava l’operato dell’amministrazione regionale laddove, nel corso della conferenza di servizi indetta, quest’ultima non avrebbe osservato il criterio decisionale delle c.d. posizioni prevalenti, trascurando di tenere in considerazione i numerosi pareri di segno positivo pervenuti in relazione alla realizzazione dell’opera.
Sul punto, va rimarcato che, a differenza di quanto avveniva in passato mediante l’utilizzo del criterio basato sulla maggioranza dei voti espressi e, ancor prima, su quello dell’unanimità, trattasi attualmente di un parametro non prettamente numerico, bensì elastico e vago, che lascia alla P.A. procedente ampi margini di discrezionalità nell’individuare, tra i pareri espressi dai singoli Enti, il peso da attribuire a ciascuno di essi.
In concreto, tale valutazione viene effettuata avendo riguardo al potere che la singola Amministrazione partecipante avrebbe di influenzare l’esito finale del procedimento, in base alle leggi regolanti la materia.
Nel caso in esame, trattandosi di un procedimento concernente il rilascio di Autorizzazione Unica in ambito paesaggistico per la costruzione di un impianto da fonte rinnovabile, non può certamente sottacersi la predominante rilevanza del parere espresso dalle Amministrazioni preposte alla tutela paesistica, dovendo, pertanto, attribuirsi prevalenza alle posizioni rivestite dalle stesse all’interno della conferenza di servizi.
Sennonché, le valutazioni operate in ordine all’interpretazione e successiva applicazione di tale criterio rientrano nell’ambito della discrezionalità tecnica riconosciuta all’Autorità procedente, con la conseguenza che le stesse saranno sindacabili solo ove manifestamente irrazionali o irragionevoli.
In assenza di statuizioni provvedimentali riconducibili a tali categorie concettuali, ne deriva inevitabilmente l’evidente infondatezza di tale specifico motivo di gravame.
Con un quinto motivo di ricorso, articolato in via subordinata, la società ricorrente lamentava altresì la violazione dell’art. 14 quater, comma 3 e ss., della L. n. 241/1990, non avendo l’Amministrazione procedente, a fronte del parere negativo manifestato dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici, rimesso la questione alla deliberazione del Consiglio dei Ministri.
Come è noto, il disposto normativo ex art. 14 quater, comma 3, L. 241/1990 e ss.mm.ii., come novellato dalla sentenza della Corte Costituzionale 20.5.2010, n. 179 e dall’art. 33 octies del D.L. 18.10.2012, n. 179, convertito nella L. 17.12.202, n. 221, stabilisce che il presupposto per la rimessione della decisione finale della Conferenza di Servizi al Consiglio dei Ministri è che si sia manifestato, al suo interno, un contrasto tra le varie Amministrazioni interessate, di per sé meritevole di superamento.
Con la disposizione in oggetto il legislatore riconosce la possibilità di superare i dissensi espressi in sede di Conferenza dei Servizi ogni volta in cui questi riguardino interessi particolarmente qualificati.
La norma prevede, in sostanza, la mera possibilità per l’Amministrazione procedente di avvalersi della rimessione del procedimento dinanzi al Consiglio dei Ministri nei casi in cui i dissensi espressi in seno alla Conferenza abbiano ad oggetto interessi qualitativamente rilevanti per la loro natura e la loro diffusione e sempre che possa dirsi esistente la scelta dell’Amministrazione procedente di voler giungere ad un eventuale superamento dei dissensi manifestatisi.
Ciò posto, il Collegio ritiene pienamente condivisibile la determina di ordine negativo emessa dall’Ente regionale, sulla base dell’acquisito parere espresso dal rappresentante del MIBACT, nonché da quelli della Soprintendenza e del Servizio Assetto del Territorio, trattandosi, all’evidenza, di un dissenso volto a garantire la tutela di un interesse certamente meritevole di protezione, considerata sia la rilevanza paesaggistica dei beni tutelati, sia la platea indefinita e, comunque, molto consistente dei soggetti potenzialmente titolari degli stessi e fruitori delle sue caratteristiche estetiche ed ambientali.
In assenza di una specifica volontà di superamento del dissenso così come manifestato, anche il quinto motivo di ricorso si appalesa, dunque, suscettibile di integrale reiezione.
La società Aenergy s.r.l. contestava, altresì, la legittimazione del Servizio Assetto del Territorio a partecipare alla Conferenza dei Servizi, in violazione del principio del rappresentante unico sancito dall’art. 14 ter, comma 6, L. 241/1990.
Il motivo non è condiviso dal Collegio.
Va premesso che la Conferenza in questione si presenta come pluristrutturata, con la conseguente convergenza nell’ambito di un unico procedimento di tutti i singoli procedimenti presupposti al rilascio del provvedimento autorizzatorio e occorrenti per la realizzazione e messa in esercizio dell’impianto.
È chiaro che non essendo la conferenza dei servizi un organo collegiale, bensì un modello di semplificazione procedimentale, risulta ben plausibile che alla stessa partecipino, in presenza di Enti dotati di una complessa struttura compositiva, più articolazioni degli stessi, ove autonomamente deputate alla cura di interessi differenti.
Alla luce di tali precisazioni, il Collegio ritiene che il concetto di Amministrazione vada correttamente inteso come centro di imputazione di un interesse specifico coinvolto dall’esercizio del potere, di modo che la disposizione si pone come preclusiva alla partecipazione di più strutture di un medesimo Ente solo ove rappresentative del medesimo interesse pubblico attribuito alla sua cura.
A ben vedere una tale soluzione rappresenta attuazione dei principi di buona amministrazione e semplificazione, ma soprattutto del principio di sussidiarietà (cfr. art. 118 Cost., come introdotto con la L. Cost. n. 3/2001), il quale valorizza la cura degli interessi pubblici a livello di governo più prossimo ai cittadini, così da consentire nell’ambito di un’unica Conferenza di Servizi la rappresentazione contestuale dei vari interessi affioranti a livello regionale.
Da ultimo, per completezza espositiva, è importante evidenziare come appaiano prive di fondamento le conclusioni dedotte dall’odierna ricorrente, secondo la quale qualsiasi impianto alimentato da fonte rinnovabile sarebbe di per sé di pubblica utilità, oltre ad essere indifferibile ed urgente.
Invero, come ha già avuto modo di precisare il Consiglio di Stato, “l’articolo 12 citato ritiene indifferibili e urgenti solo gli impianti autorizzati ai sensi del comma 3, cioè solo gli impianti che sono in possesso dell’autorizzazione unica, e quindi, proprio il fatto che l’impianto in questione è privo di questa autorizzazione conduce a ritenere lo stesso come non indifferibile e urgente” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 4780/2012).
Tale orientamento è stato confermato anche di recente dal Supremo Consesso Amministrativo, chiarendo che “l’art. 12, comma 1, d.lgs. n. 387 del 2003 qualifica “di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti” le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti alimentati da fonti rinnovabili ma solo se autorizzate ai sensi del comma 3, ossia solo ove il richiedente abbia ottenuto l’autorizzazione unica di cui si discute nel presente giudizio.Come esattamente ritenuto dal primo giudice, allora, la qualificazione di pubblica utilità è un effetto dell’acquisizione dell’autorizzazione unica, successivo ad essa e non antecedente” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 4191/2018).
Del resto, ove per assurdo diversamente si argomenti, sarebbe possibile realizzare qualsivoglia impianto, in qualsiasi luogo, per la semplice circostanza che tali impianti sarebbero sempre e comunque di pubblica utilità, oltre ad essere indifferibili ed urgenti; una siffatta logica argomentativa è in evidente contrasto con le esigenze di tutela dell’ambiente e del patrimonio paesaggistico, così come tutelate dalla Costituzione e dalla ampia normativa di rango primario e secondario dettata in materia.
Da quanto sin qui evidenziato consegue, dunque, l’integrale reiezione del ricorso nel merito.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, tra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663; sez. I, 27 dicembre 2013 n. 28663).
Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
In considerazione della particolare complessità procedimentale e processuale della fattispecie in esame, oltre che della evidente peculiarità in fatto della presente controversia, sussistono i presupposti di legge per compensare integralmente le spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Angelo Scafuri, Presidente
Desirèe Zonno, Consigliere
Alfredo Giuseppe Allegretta, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE |
Alfredo Giuseppe Allegretta | Angelo Scafuri |
IL SEGRETARIO
Depositata il 19 marzo 2019
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