Associazione Ambientalista a carattere volontario ed apartitica, che si configura quale associazione di fatto. Essa non ha alcuna finalità di lucro. L’area di svolgimento delle attività dell’Associazione è delimitata ai comuni della Valdisieve.

EVENTI 2

  • LABORATORIO RIUSO E RIPARAZIONE A LONDA 

Le attività e aperture del Laboratorio di Riparazione e Riuso di Londa 
sono il mercoledì e il sabato pomeriggio.

mercoledì 2 marzo 2011

OSSERVAZIONI NUOVA AIA 2010/2011 >> INCENERITORE SELVAPIANA


LE ASSOCIAZIONI "VALDISIEVE" E "VIVERE IN VALDISIEVE" HANNO PRESENTATO LE OSSERVAZIONI SULL'ITER DI AIA (autorizzazione integrata ambientale) SUL PROGETTO del NUOVO INCENERITORE DI SELVAPIANA presentato da "AER Impianti srl".

Questo il testo:

PREMESSA

Prima di tutto vogliamo ricordare e sottolineare alcune caratteristiche intrinseche del progetto in questione:

• ha già subito l’annullamento degli atti dirigenziali di VIA ( AD n. 3550 del 24/10/2007 ) e di AIA ( AD n. 3685 del 2/10/2008) da una Sentenza del TAR Toscana;

• attualmente è in corso un appello al Consiglio di Stato sia da parte di AER spa che di Italia Nostra e privati;

Solo per questi 2 motivi si ritiene che non si debba procedere ulteriormente con il nuovo iter di AIA e si chiede che non sia concessa nessuna autorizzazione in attesa della Sentenza del Consiglio di Stato.

INOLTRE

È da tener presente che:

• L’attuale impianto non è più in funzione dal 30 Agosto 2010 per manutenzione straordinaria. Il periodo di fermo impianto era previsto in un primo momento fino al 31 Dicembre 2010, poi è stato prorogato fino a tutto Giugno 2011, su richiesta di AER spa.

• L’ autorizzazione all’esercizio dell’incenerimento dell’Impianto “I Cipressi” di cui all’AD n. 1748 del 9/6/2005, con validità 5 anni, è scaduta nel giugno 2010.


Alla Provincia di Firenze
Direzione Tutela Ambientale P.O. V.I.A. A.I.A.
Aria e Acustica Ambientale
Via G. B. Mercadante n. 42
50144  FIRENZE
e
presso Archivio Generale
Via dei Ginori n. 10
50129 FIRENZE
*
Responsabile del procedimento: Ing. Alessio Nenti, Direzione di cui all'intestazione.
*
Oggetto: Domanda di Autorizzazione Integrata Ambientale, ai sensi degli artt. 29-bis e 29-sexies del D.Lgs. n. 152/2006 parte Seconda Titolo III-bis per la realizzazione e per l’esercizio dell’attività della categoria IPPC 5.2 dell’Allegato VIII del Decreto, nonché per la variante allo strumento urbanistico e dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori, per l’acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 del D.lgs. n. 42/2004 e dei titoli edilizi necessari per la realizzazione dell’impianto ed inoltre per l’acquisizione del provvedimento di delega da parte della Autorità competente all’esercizio dei necessari poteri espropriativi ai sensi dell’art. 6 comma 8 del D.P.R. n. 327/2001. Impianto ubicato in via Forlivese n. 2bis nel comune di Rufina. Avvio dei termini del procedimento. A seguito di avviso pubblicato sulla stampa il 30 gennaio 2011.
Richiedente: AER Impianti S.r.l., sede legale via Marconi n. 2 bis nel comune di Rufina.
*
Le Associazioni
“Valdisieve”
 e
“Vivere in Valdisieve”
rappresentate rispettivamente dai sottoscritti:
*
1-    Il sottoscritto Mauro Benvenuti, in qualità di Presidente pro tempore dell’Associazione Valdisieve con sede legale in Rufina, loc.tà Selvapiana, 45 -50068- (FI);
2-    Roberta Vigna, in qualità di Presidente pro tempore della “Associazione Vivere in Valdisieve “  con sede a Firenze in Viale E. Torricelli n. 15 – CAP-50125 (FI).

Dall’analisi della nuova documentazione  presentata ai fini del rilascio della nuova Autorizzazione Integrata Ambientale, 
trasmettono
ai sensi dell’art. 29 quarter, comma 4, D. Lgs 152/2006
 e art. 9 e 10 Legge n. 241/1990
le seguenti
OSSERVAZIONI
***
*******
***
PREMESSA
Prima di tutto vogliamo ricordare e sottolineare alcune caratteristiche intrinseche del progetto in questione:
·        ha già subito l’annullamento degli atti dirigenziali di VIA ( AD n. 3550 del 24/10/2007 ) e di AIA ( AD n. 3685 del 2/10/2008) da una Sentenza del TAR Toscana;
·        attualmente è in corso un appello al Consiglio di Stato sia da parte di AER spa che di Italia Nostra e privati;
Solo per questi 2 motivi si ritiene che non si debba procedere ulteriormente con il nuovo iter di AIA e si chiede che non sia concessa nessuna autorizzazione in attesa della Sentenza del Consiglio di Stato.
INOLTRE
È da tener presente che:
·        L’attuale impianto non è più in funzione dal 30 Agosto 2010 per manutenzione straordinaria. Il periodo di fermo impianto era previsto in un primo momento fino al 31 Dicembre 2010, poi è stato prorogato fino a tutto Giugno 2011, su richiesta di AER spa.
·        L’ autorizzazione all’esercizio dell’incenerimento dell’Impianto “I Cipressi” di cui all’AD n. 1748 del 9/6/2005, con validità 5 anni, è scaduta nel giugno 2010.
>1<
Sulla questione dell’Atto Dirigenziale n. 2123 del 28/06/2010 in relazione alla “NUOVA” VIA, queste le nostre osservazioni:
Gli atti dirigenziali di VIA e di AIA del precedente iter amministrativo a cui è stato sottoposto il progetto del nuovo inceneritore di Selvapiana, ricordiamo, sono stati ANNULLATI da una sentenza del TAR di Firenze (n. 00592/2010). Precisiamo che il TAR ha annullato entrambi gli atti: non li ha né revocati né riformati!
In tale sentenza il Giudice di prime cure scrive in modo inequivocabile: ”Anche per i profili appena evidenziati, il parere reso dalla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio deve ritenersi affetto da vizi che si trasmettono alla pronuncia di VIA.
Quanto alla possibilità che tali vizi possano dirsi sanati a posteriori in virtù del parere di compatibilità paesaggistica espresso, dalla stessa Soprintendenza, nel procedimento conclusosi con il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, si rinvia al successivo punto 3.13.”( punto 2.17.3 ).
[…..] “Il problema ancora da risolvere è se detti vizi possano considerarsi superati alla luce della nuova pronuncia di compatibilità resa dalla medesima Soprintendenza nell’ambito del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione integrata.” (punto 3.13).
Il Giudice ritiene che tali vizi non siano stati recuperati neanche nel procedimento di AIA in quanto il proponente non ha mai ottemperato a quanto richiesto dalla Soprintendenza (pag. 75). Più precisamente si dice questo: la Soprintendenza ” subordinava espressamente il rilascio del parere definitivo all’espletamento e alla valutazione, rimessi in sede di AIA, di una cospicua serie di adempimenti progettuali, e precisamente e alla produzione dei documenti integrativi già richiesti con la nota del febbraio 2007, e mai prodotti dalla proponente, nonché all’approfondimento degli aspetti riguardanti:
-         la dimensione e la conformazione complessiva dell’opera;
-         le relazioni e le congruenze funzionali, morfologiche, materiche e cromatiche tra impianto e annessa palazzina-uffici;
-         il sistema delle previste pareti vegetali esterne e dei giardini pensili;
-         i rapporti tra la nuova opera e le costruzioni attualmente esistenti;
-         la sistemazione degli spazi esterni inclusi nell’area di pertinenza dell’intervento;
-         le relazioni tra l’opera e la viabilità carrabile esistente e di progetto, le aree di manovra e di sosta dei flussi veicolari a servizio dell’impianto;
-         le relazioni tra l’opera e le adiacenti costruzioni di particolare pregio, con prioritario riferimento alla vicina casa colonica.”
Alla luce anche di quanto appena esposto non si capisce:
1.     come la Soprintendenza dei Beni culturali e del Paesaggio di Firenze, Prato e Pistoia, abbia potuto emettere un nuovo parere “definitivo” (Prot. n. 10905. del 11 giugno 2010), questa volta favorevole ma con la prescrizione che “le soluzioni di dettaglio, soprattutto riguardo agli involucri esterni, siano sottoposte alle valutazioni di questa Soprintendenza”. Ci pare di capire infatti che anche questo parere non sia definitivo (su questo vedere anche punto 3) come ci vogliono far credere e che la Valutazione di Impatto Ambientale si sia conclusa senza sapere bene come sarà l’aspetto esterno dell’impianto nei confronti del paesaggio in cui è inserito, che a nostro avviso era materia da risolvere in sede di VIA e non di AIA;
2.     come, di conseguenza, sia stato possibile fare un nuovo Atto Dirigenziale (n. 2123/2010) reintegrando il verbale della CDS del 25 settembre 2007 con il suddetto Parere.
Ricordiamo anche che il 30/11/2010, con Del. n. 208, è stato approvato il “protocollo di intesa tra Provincia di Firenze e Comune di Rufina per l’inserimento ambientale del NUOVO TERMOVALORIZZATORE DI SELVAPIANA” che prevede un contributo economico di 250.000 euro a favore del Comune di Rufina “per l’inserimento ambientale del nuovo termovalorizzatore” che comprenda:
1-    sviluppare, attivando le più opportune collaborazioni tecniche e scientifiche, linee guida ed eventuali prescrizioni progettuali, da impartire alla Società proponente, per la definizione del progetto architettonico del termovalorizzatore de “I Cipressi”, nonché per la definizione di tutti gli interventi di inserimento visivo, paesaggistico e ambientale del nuovo impianto;
2-    […];
3-    […];
4-     ”sviluppare la progettazione di opportuni interventi di miglioramento ambientale nell’area considerata, quali una pista ciclabile sul lungo fiume, zone di verde di rispetto fluviale, alberature, ecc;” […]. (da: Del. n. 208 del 30/11/2010).
Per questi motivi il parere favorevole “definitivo”, con riserva, rilasciato dalla Soprintendenza non ci sembra poi così definito.
>2<
Nelle premesse del NUOVO atto dirigenziale si legge che si è ritenuto di “dover riavviare il procedimento di VIA allo scopo, in particolare, di ottenere un parere definitivo della Soprintendenza”:
1.     Nessun avviso è apparso sui giornali di questo “riavvio” supplementare.
2.     Non è stato comunicato niente in merito neanche ai soggetti legittimati ad intervenire nell’iter come Italia Nostra e altri privati.
3.     Che il termine di durata del procedimento di VIA, stabilito in 150 giorni ( elevabili a duecentodieci) dall’art. 18, comma 1, della LR 79/98 (abrogata dalla LR 10/2010), possa non considerarsi termine perentorio ci rimettiamo alle parole del Giudice del TAR, ma che tale termine possa espandersi nel tempo all’infinito fino ad arrivare a ben 3 anni dopo il primo Atto Dirigenziale di VIA che era del settembre 2007, ci sembra un po’ troppo.
4.     L’art. 4 della LR 79/98 sul procedimento e partecipazione viene disatteso nel suo intento principale che era quello di garantire la partecipazione dei cittadini al procedimento. Infatti di detto riavvio non vi è traccia alcuna.
5.     Stando sempre all’AD n. 2123/2010 e al Parere della Soprintendenza n. 10905 dell’11 giugno 2010, il cosiddetto “riavvio” dell’iter di VIA che aveva lo scopo di “OTTENERE un parere definitivo della Soprintendenza, al fine di sanare il vizio procedurale riscontrato dal TAR”, è scaturito dalla Provincia di Firenze e non dal proponente. Tutto questo ci pare un po’ strano perché la Provincia in questo caso si è assunta un ruolo che non le compete oltre al fatto che è già sia Organo Proponente, in virtù del Piano Provinciale, che Organo Competente nell’emettere il giudizio finale di VIA.
6.     Tutte le incongruenze insite nell’iter della “vecchia” VIA, riscontrate anche dal TAR, passano inevitabilmente anche nel nuovo iter che termina con l’atto dirigenziale 2123/2010. Ricordiamo a riguardo che diversi Enti nell’ultima conferenza dei servizi avevano chiesto ulteriore documentazione. A riguardo vorremmo essere informati se vi è stata un’ ulteriore conferenza dei servizi.
>3<
Altro punto, a nostro avviso, particolarmente importante che va ad investire sia il nuovo atto dirigenziale di VIA che il nuovo iter di AIA, è  il Ricorso al Consiglio di Stato.
Come accennato in premessa sappiamo che è attualmente in corso un appello al Consiglio di Stato presentato sia da AER spa e dalla Provincia di Firenze, che da Italia Nostra e privati relativamente alla Sentenza del TAR più volte citata nei punti sopraesposti.
A tal proposito vorremmo evidenziare come i nuovi iter di VIA e di AIA scaturiscano da presupposti quantomeno dubbi. In particolare si ribadisce che:
1.     attualmente vi sono in contemporanea 2 iter di VIA e 2 iter di AIA relativamente allo stesso progetto del nuovo inceneritore di Selvapiana.
2.     uno che comprende la nuova VIA e la nuova AIA ( quest’ultima ancora in corso).
3.     l’altro che rimane in attesa del giudizio del Consiglio di Stato e che potrà terminare in soli 2 modi:
a)             che venga riconfermato il giudizio del TAR e quindi si confermi l’annullamento dei 2 Atti Dirigenziali di VIA e AIA;
b)            che venga ribaltato il giudizio del TAR e quindi si restituisca agli atti annullati il loro valore intrinseco.
Nel secondo caso ci troveremmo per assurdo nella condizione che l’iter di AIA appena avviato non abbia alcun valore in quanto riacquisterebbero il loro valore gli atti precedentemente annullati.
Senza considerare quanto gli sprechi inutili di tempo e denaro pubblico, importanti per i cittadini, siano un modo alquanto anomalo per espletare le procedure di VIA e di AIA, nel rispetto delle Leggi che le regolano e nel rispetto dei diritti dei cittadini, anche attraverso la “Partecipazione”.  La Regione Toscana si  vanta infatti di essere stata la prima Regione ad aver promulgato una Legge a riguardo (LR 69/2007).
>4<
Si continua a considerare la gestione dei rifiuti privilegiando soluzioni desuete ed oramai anacronistiche rispetto alla mutata sensibilità internazionale, comunitaria e nazionale nei confronti della disciplina dei rifiuti.
Si ricorda infatti che già il D. Lgs. n. 22/1997 (c.d. “Decreto Ronchi”) nell’art. 3, in cui indica le linee da seguire da parte delle autorità competenti, prevedeva che:
1.     Le autorità competenti adottano, ciascuna nell'ambito delle proprie attribuzioni, iniziative dirette a favorire, in via prioritaria, la prevenzione e la riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti mediante:
a)     lo sviluppo di tecnologie pulite, in particolare quelle che consentono un maggiore risparmio di risorse naturali;
b)    la promozione di strumenti economici, ecobilanci, sistemi di ecoaudit, analisi del ciclo di vita dei prodotti, azioni di informazione e di sensibilizzazione dei consumatori, nonché lo sviluppo del sistema di marchio ecologico ai fini della corretta valutazione dell'impatto di uno specifico prodotto sull'ambiente durante l'intero ciclo di vita del prodotto medesimo;
c)     la messa a punto tecnica e l'immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso od il loro smaltimento, ad incrementare la quantità, il volume e la pericolosità dei rifiuti ed i rischi di inquinamento;
d)    lo sviluppo di tecniche appropriate per l'eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti destinati ad essere recuperati o smaltiti;
e)     la determinazione di condizioni di appalto che valorizzino le capacità e le competenze tecniche in materia di prevenzione della produzione di rifiuti;
f)      la promozione di accordi e contratti di programma finalizzati alla prevenzione ed alla riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti.
Ancora per ciò che concerne il recupero veniva disposto che :
1-    Ai fini di una corretta gestione dei rifiuti le autorità competenti favoriscono la   riduzione dello smaltimento finale dei rifiuti attraverso:
a)     il reimpiego ed il riciclaggio;
b)    le altre forme di recupero per ottenere materia prima dai rifiuti;
c)     l'adozione di misure economiche e la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l'impiego dei materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi;
d)    l'utilizzazione principale dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia.
Ed infine in merito allo smaltimento dei rifiuti l’art 5 del D. Lgs. n. 22/1997 prevedeva che:
1.     Lo smaltimento dei rifiuti deve essere effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti;
2.     I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, riciclaggio e recupero.
Gli stessi principi e norme vincolanti per le Autorità competenti sono stati confermati dal D. Lgs. 152/2006 con gli articoli dal 178 al 182 e ulteriormente con i più recenti aggiornamenti del D. Lgs. 128/2010. Essi introducono la responsabilità estesa del “produttore del prodotto”, riconfermano i criteri di priorità nella gestione del rifiuto, dove il recupero energetico è alla fine, seguito dallo smaltimento.
I nuovi decreti che vanno ad aggiornare il 152/2006  introducono anche indicazioni per il riutilizzo dei rifiuti e la loro preparazione al riutilizzo.
Si ricorda inoltre che la Regione Toscana è carente di impianti preposti al recupero e alla trasformazione della “materia seconda” ottenuta dai rifiuti praticando la differenziazione e il recupero, che in virtù dell’obbligo di raggiungere il 65% di RD entro il 2012, dovrebbero essere predisposti prima di costruire ulteriori inceneritori.
Le scelte della Regione Toscana non tengono conto delle finalità e delle priorità del legislatore nazionale - che peraltro ha recepito pedissequamente la direttiva comunitaria – e non eseguono le priorità  delle fasi che devono essere organizzate in via antecedente rispetto allo smaltimento; quest’ultimo previsto dal legislatore come mera ipotesi residuale.
>5<
Un altro elemento di considerazione, che ricade su  tutto l’iter procedurale, dalla VIA fino ad oggi, è l’atteggiamento tenuto dalle amministrazioni pubbliche nei confronti delle comunità locali di riferimento sia in termini di comunicazione che in termini di informazione. Seppur sia stato seguito, da parte delle autorità competenti, tutto l’iter minimo indicato dalla legislazione - che escluderebbe forme di inadempienza giuridicamente rilevanti - non passa inosservata la scarsa trasparenza delle strutture pubbliche coinvolte, tesa a impedire, nei fatti, la partecipazione e la discussione pubblica dei cittadini su scelte di merito di tale entità. 
Di norma la partecipazione dei cittadini dovrebbe avvenire prima che le decisioni  siano definitive. In questo caso ciò non è avvenuto. Quando la popolazione ha saputo del cosidetto “ampliamento” le scelte erano già state fatte e asserite come immodificabili!
Tale atteggiamento è ravvisato anche nella gestione dell’attuale inceneritore “I Cipressi” per l’inadempienza a rispettare quanto previsto dalla Del. n. 88 del 07/04/98 (punto 4.4.4.) che prevedeva, sin dal 01/01/2000, che ogni impianto di trattamento termico dovesse dotarsi di sistemi di informazione permanente delle emissioni tramite pannelli e dati variabili o monitors visibili continuamente dai cittadini; limitandosi invece ai PMI in alcuni luoghi pubblici e sul sito di AER spa.
>6<
Ricordiamo inoltre come l’amministrazione abbia deliberatamente scelto di non disporre durante la procedura di V.I.A. dell’inchiesta pubblica, che è lo strumento previsto dalla normativa per garantire l’effettiva informazione dei cittadini sul progetto che interessa il territorio di appartenenza, in considerazione, nella fattispecie, della particolare eccezionale rilevanza degli effetti ambientali e sulla salute”. Vogliamo ricordare che a tal proposito, il 22 settembre del 2007, furono raccolte e consegnate al Sindaco di Rufina circa 1257 firme.
Citando l’Assessore all’Ambiente in riferimento alle osservazioni presentate alla VIA questo afferma: “Il parere dell’ufficio e di scegliere di non disporre dell’inchiesta pubblica perché comporterebbe l'impiego di tempo e di risorse senza che sia presumibile l'aggiunta di novità significative”.
Tempo e risorse sono state prontamente impiegate di contro per una “iniziativa di comunicazione pubblica senza precedenti”, o meglio “una gigantesca campagna di comunicazione che metta a tacere gli pseudoscienzati del niente, che alimentano la paura in modo irrazionale”, come definite dal Presidente della Provincia; di fatto una campagna pubblicitaria svoltasi in Provincia di Firenze e attraverso internet, rivelatasi favorevole proprio alla realizzazione dei cosiddetti termovalorizzatori. Ricordiamo che per tale campagna pubblicitaria definita dai quotidiani “Campagna rifiuti manifesto shock la Provincia di Firenze spese circa 650.000 € ( su uno stanziamento di 1 milione di euro) contro i 423.000 € per i progetti di prevenzione, risparmio e differenziazione dei rifiuti (fonte: MET Provincia di Firenze, “L’assessore Nigi ha risposto ad una domanda d’attualità” ).
>7<
Nel richiedere la documentazione AIA 2010 per effettuare le nuove osservazioni, il CD che ci è stato consegnato, non contiene tutti gli elaborati necessari ne in esso vi è un elenco della documentazione con l’indicazione utile a reperire i documenti non inclusi. Un cittadino che voglia esercitare questo suo diritto partecipativo non è messo in condizioni di sapere se i documenti contenuti nel CD siano o meno tutti quelli presentati dal proponente e, quindi, non è in grado di poter accedere agli atti presso la Provincia ecc.
Si riscontra anche un’ anomalia nell’avviso di AIA del proponente in cui scrive: “la Sintesi non Tecnica potrà essere consultata […] on line sul sito www.provincia.fi.it/ippc ”. Questo sito non è mai stato funzionante e il link  che porta alla “mappa” è talmente generico che è di discutibile utilità.
>8<
Secondo l’art. 29-ter, lettera i) del D. Lgs. 152/2006 e s.m.i.  è compito del gestore, nel presentare la richiesta di AIA, prendere in esame le principali alternative, anche in forma sommaria, sul  tipo di impianto ( o altra soluzione) che poteva integrarsi meglio in quel luogo. Questo purtroppo non è stato fatto perché il gestore, come viene riportato nella Relazione Tecnica AIA, si è attestato “alla lettera” a quanto veniva affermato dal Piano Provinciale di gestione rifiuti che, secondo l’interpretazione di AER, per quel sito prevedeva un “ampliamento” dell’esistente.
In realtà il Piano Provinciale prevedeva una “nuova linea di trattamento termico”. Ma di questo parleremo più avanti.
Vogliamo ricordare però come il Piano Provinciale, oltre a prevedere quanto sopra, lasci aperte anche altre possibilità come l’accesso ad uno dei due poli di smaltimento rifiuti. Si legge infatti “le residue aree di raccolta (“Mugello” e “ Val di Sieve e Alto Valdarno Fiorentino”) vedono una produzione di rifiuto complessivamente ridotta, pari al 14,1% (ndr. Rispetto all’area di Raccolta: Alto Mugello, Mugello, Alto Valdarno Fiorentino e Val di Sieve, Piana Fiorentina, Fiesole e Chianti, Lastra a Signa – tab. 20) ed un ampia dispersione territoriale dei centri urbani. In tale situazione risulterebbero aperte varie possibilità, dalla previsione di un ulteriore polo di smaltimento, all’accesso ad uno dei due poli di smaltimento suddetti, previo utilizzo di una o più stazioni di trasferimento.”( Punto 8.3.2. del Piano Prov.). Chiaramente l’opzione di conferire in un impianto unico per tutta la Provincia di Firenze non è mai stata presa in considerazione.
>9<
Non va dimenticato inoltre che è in corso una VAS e una Valutazione Integrata per il Piano Interprovinciale dei Rifiuti - che incorpora i precedenti delle tre Province Firenze, Pistoia e Prato - , ancora non terminata, che risulta essere in fase iniziale, dedotto questo dalla risposta in merito del Garante della Comunicazione Dott. Gianfrancesco Apollonio: “il lavoro preliminare avviato si situa nella fase 1) dell'Iter. Il Piano è ancora da predisporre, la fase 4) a cui lei fa riferimento non è imminente e solo nei momenti successivi, dei quali sarà data puntualmente e ampiamente notizia, si entrerà nella fase pubblica di partecipazione”. Attualmente sono già state richieste delle modifiche dagli Enti autorizzati, dopodiché si passerà alle osservazioni dei cittadini e infine alla redazione del Piano vero e proprio.
Fino ad allora non potrà quindi risultare chiaro se  tutte le indicazioni dei Piani Provinciali di Firenze, Prato e Pistoia saranno confermate. Verosimilmente si renderanno necessarie rettifiche ai suddetti Piani, in conseguenza degli obiettivi di legge (percentuale del 65% di RD da raggiungere entro il 2012) che implicheranno conteggi aggiornati sulla produzione rifiuti e riconsiderazione dei necessari impianti.
>10<
La relazione AIA ed il progetto in generale disattendono nel contenuto le valutazioni e le prescrizioni indicate nella conferenza dei servizi nell’iter di VIA, soprattutto per quanto riguarda la proposta del teleriscaldamento, infrastruttura proposta come opera compensativa per il mantenimento della qualità dell’aria.
Dalla documentazione presentata solo in formato cartaceo ( all. 16 Studio di fattibilità del teleriscaldamento) si evince che solo in fase di AIA 2010, con precisione a dicembre 2010, è stato presentato lo studio di fattibilità sul teleriscaldamento, quindi abbondantemente oltre i tempi richiesti dalla prescrizione prevista dalla procedura dell’atto di VIA 2007 (punto 1.f del verbale della II° conferenza dei servizi VIA).
Il protocollo d’intesa per la realizzazione di una rete di teleriscaldamento – tra AER spa, comune di Pelago, Pontassieve e Rufina, datato 18 giugno 2008 – prevedeva infatti che entro 6 mesi fosse verificata la fattibilità dell’infrastruttura e quindi al massimo entro dicembre 2008.
Il proponente dichiara di aver migliorato le prestazioni tecnologiche per ridurre le emissioni col fine di equiparare i risultati dei valori a quelli che si sarebbero ottenuti con il teleriscaldamento. Non si capisce come questo sia possibile ottenerlo, visto che le tecnologie sono le stesse di quelle riportate nella relazione AIA del “vecchio” procedimento e in particolare nel capitolo 5 di entrambe le Relazioni Tecniche.  
>11<
Il Piano Provinciale di gestione dei rifiuti urbani e assimilati di Ato 6 (approvato con Del. n. 22 del 11 febbraio 2002) non contiene al suo interno la parola “ampliamento” per quanto riguarda l’inceneritore di Selvapiana. Si parla solo di “potenziamento”. Si evince quindi quello di Selvapiana debba essere un NUOVO impianto e non un ampliamento.
Si riportano alcune frasi relative all’ inceneritore in oggetto, riprese appunto dal suddetto Piano:
·        pag. 4 – “L’evoluzione del sistema impiantistico potrà comportare anche la necessità di realizzare nuovi impianti o sezioni impiantistiche, preferibilmente tramite potenziamento o ristrutturazione degli impianti esistenti e completamento delle filiere impiantistiche nei siti dove già sono presenti o previste fasi del ciclo integrato”;
·        pag. 23 – “Caratteristiche indicative strutturali degli impianti. Fermo restando quanto prescritto nel Decreto del Ministero dell’Ambiente 19/11/97 n°503: - i nuovi impianti (ovvero il sistema complessivo composto da linea esistente e nuova linea) devono essere dotati almeno di due linee indipendenti di combustione e depurazione fumi..”;
·        pag. 57 – “La decisione di tenere in attività, ristrutturare, potenziare o dismettere gli attuali impianti deriverà da considerazioni legate ad una pluralità di fattori di cui di seguito si elencano i principali: bilancio costi/benefici: nel momento in cui il singolo impianto cessi di essere indispensabile per assicurare la continuità nello smaltimento la decisione circa il suo futuro utilizzo viene a dipendere dall’esito di un bilancio costi/benefici”;
·        pag. 58 – “tab. 15-  Impianto di termodistruzione in loc. Selvapiana in Comune di Rufina. In attività, nell’anno 2000 ha trattato 9.500 t/a, previsto potenziamento dell’impianto di almeno 15.000.000 Kcal/h* con recupero energetico”;
·        pag. 59 – “Con il potenziamento dell’impianto di termodistruzione di Selvapiana (e contemporanea attivazione del recupero energetico);
·        pag.60 – “ termoutilizzazione con recupero energetico di Selvapiana, da potenziarsi in attuazione del presente piano”;
·        pag. 68 – “Si ricorda che “il prioritario impiego degli impianti esistenti, con le ristrutturazioni necessarie a garantire il conseguimento degli standard ambientali previsti relativamente sia ai sottoprodotti generati (siano essi compost o energia) che alle emissioni ed altri impatti ambientali” è previsto al punto 1.3 dello stralcio di piano regionale”;
·        pag. 69 –“ tab. 21  Impianto di termodistruzione in loc. Selvapiana in Comune di Rufina in attività – previsto potenziamento dell’impianto di almeno 15.000.000 Kcal/h e realizzazione recupero energetico”;
·        pag. 70 – “Il sito dove è esistente l’inceneritore di Selvapiana, privo di recupero energetico, ma da considerarsi di nuova costruzione, stante il radicale rifacimento precedente alla sua riattivazione nell’anno 1995, appare idoneo per un potenziamento dell’impianto sufficiente ad ottimizzare i costi di gestione. Tale potenziamento tenderà a conseguire la massima capacità di trattamento compatibile con la situazione dell’area, di modo da avvicinare per quanto possibile la taglia complessiva dell’impianto ai valori minimi previsti dalla tabella II allegata allo stralcio di piano approvato con la DCR 88/98”.
>12<
Non esiste una valutazione delle alternative progettuali e si dà per scontata una possibilità  di “ampliamento” che il proponente associa al Piano Provinciale di gestione dei rifiuti, ma che comunque doveva essere sottoposta a verifica di dettaglio in sede di esame del progetto definitivo di ampliamento. Nel S.I.A. non esiste traccia alcuna dello studio di possibili alternative di ubicazione né tantomeno dell’opzione zero.
Vogliamo ricordare che la VIA attivata con la L.R. 79/98 (abrogata dalla L.R. 10/2010) doveva riportare nel SIA quanto previsto dall’allegato C della L.R.79/98. Alla lettera l), del suddetto allegato, si legge che si doveva prendere in considerazione: “L'esposizione dei motivi della scelta compiuta, anche con riferimento alle possibili alternative di localizzazione e d'intervento, ivi compresa l'opzione zero, cioè la non realizzazione del progetto, qualora esso non sia previsto in un piano o programma comunque già sottoposto a VIA”. Al riguardo si fa notare che il precedente Piano Provinciale ( attualmente in vigore)  non fu sottoposto a VIA e quindi nel procedimento di VIA del progetto del nuovo inceneritore I Cipressi si dovevano contemplare le alternative e l’opzione zero!
Una simile richiesta è prevista anche dal D. Lgs 152/2006 sia all’art. 22, comma 3, lettera d): “una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal proponente, ivi compresa la cosiddetta opzione zero, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell'impatto ambientale”, sia all’All. 7, punto 2, che descrive i contenuti del SIA : “ Una descrizione delle principali alternative prese in esame dal proponente, compresa l'alternativa zero, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell'impatto ambientale, e la motivazione della scelta progettuale, sotto il profilo dell'impatto ambientale, con una descrizione delle alternative prese in esame e loro comparazione con il progetto presentato.”
Oltretutto si fa presente che il Piano Regionale gestione dei Rifiuti al punto 1.3.“I Piani Provinciali e i Piani industriali di gestione dei rifitui” determina i criteri generali della pianificazione e fissa alcuni divieti, vincoli e obiettivi che dovranno essere comunque rispettati dai Piani provinciali e industriali. In particolare: “ i Piani Provinciali dovranno comprendere, per gli impianti assoggettati a valutazione ambientale […] la definizione dell’opera a livello di progetto di pianificazione provinciale la quale confronti le possibili alternative strategiche e le localizzazioni”. Nel Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti non esiste la valutazione delle alternative strategiche e di localizzazione per l’impianto “I Cipressi” oggetto delle presenti osservazioni.
L’analisi delle alternative ha lo scopo di individuare le possibili soluzioni alternative e di confrontarne i potenziali impatti con quelli determinati dall’intervento proposto.
A tal fine si prevede una descrizione delle alternative che vengono prese in esame, con riferimento alle alternative strategiche consistenti nella individuazione di misure per prevenire la domanda e/o in misure diverse per realizzare lo stesso obiettivo, alternative di localizzazione e alternative di processo o strutturali oltre alle alternative di compensazione. Nel caso di specie si verifica come l’Analisi delle alternative (Cap. 5 SIA) sia gravemente deficitaria per quanto riguarda l’analisi delle alternative strategiche e di localizzazione, limitandosi a citare in maniera non esaustiva solo alcune delle alternative di processo.
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Per quanto riguarda le analisi delle alternative  si devono considerare le Migliori Tecniche Disponibili tra le Alternative Strategiche ed in particolare verificare l’attuabilità dei medesimi obiettivi considerando esperienze in atto a livello sia locale che internazionale.
Obiettivo primario citato al paragrafo 1.1 del SIA è dare “la risposta alla esigenza di realizzare un sistema integrato di impianti di smaltimento dei rifiuti, espresso dalle amministrazioni di una vasta area che comprende la Valdisieve, il Valdarno Fiorentino e il Valdarno Aretino a cavallo delle province di Firenze e Arezzo. Tale area comprende oltre 20 comuni e circa 180.000 abitanti (dato 1999).”.
Seppure non chiaramente palesate nel paragrafo di pertinenza, si desume che vi sia tra gli obiettivi anche la riduzione del conferimento dei rifiuti in discarica ed il recupero energetico.
Tali finalità sono raggiungibili adoperando anche altre Tecniche: si segnala a tal proposito come “dai primissimi anni 2000 si sono sviluppati nel mondo sistemi impiantistici a freddo in grado di sottrarre fino all'80% di rifiuti residui (a valle delle politiche di riduzione e di raccolta differenziata ) dalle discariche. Si tratta di sistemi che sviluppando tecnologie di "estrazione" di scarti ancora riciclabili e inviando a compostaggio le frazioni biodegradabili (anche con digestione anaerobica) consentono di minimizzare in quantita' e in pericolosita' i rifiuti da conferire in discarica. Non stiamo parlando solo del trattamento tipico dell'impianto UR-3R di Sydney ( che proprio a marzo del 2006 ha superato l'ultimo collaudo) ma anche di altre compagnie internazionali che vantano tecnologie e concrete gestioni impiantistiche definite tra i trattamenti meccanico-biologici/TMB non finalizzati alla produzione di CDR con tassi di recupero elevatissimi . Impianti di questo tipo si trovano in Spagna (Barcellona), in Israele (Tel Aviv), in Canada ( Halifax e Edmonton), in Germania e in Lancanshire nel Regno Unito ed altri paesi europei. Nella rassegna in questione si fa riferimento a compagnie quali la Arrow-bio, la Bedminster, la BTA , la Civic , la Valorga oltre alla Globalrenewables dell'impiantistica UR-3R.” (da: “Gestione dei rifiuti a freddo” realizzato da Greenpeace).
Di tali tecniche non viene fatta menzione nel SIA che si limita a descrivere esclusivamente le scelte progettuali e, di fatto, non prende in considerazione alternative strategiche contravvenendo ad uno degli scopi del S.I.A.
Tale mission è invece di rilevante importanza in quanto serve per l’ individuazione ed utilizzazione delle Migliori Tecniche Disponibili da adottare in recepimento della direttiva 96/61/CE, sulla base di principi e specifiche Linee Guida Ministeriali del 13/6/2005. Rimane quindi oggetto di verifica da esaminarsi se vi sono, tra quelle citate e non, alternative che secondo il Principio dell’approccio integrato riducano l’inquinamento nelle varie componenti ambientali con riferimento anche ai cosidetti effetti incrociati (cross-media effects).
La disponibilità di recenti studi scientifici e medici che aprono nuovi e preoccupanti scenari sulla dannosità delle emissioni da parte dei “nuovi termovalorizzatori”, a danno dell’uomo e delle componenti ambientali, in genere rendono necessari, per il principio di precauzione e prevenzione, lo studio di verifica in riferimento ad esempio alla emissione delle cosidette nanoparticelle (PM 2,5/1). Devono essere fissati limiti di emissione specifici non essendo le nanoparticelle contemplate dalla normativa vigente.
Si ricorda che il principio di precauzione e prevenzione indica, preferibile per il conseguimento delle prestazioni ambientali, l’adozione di tecniche di processo piuttosto che  l’adozione di tecniche di depurazione. Anche per tale fatto è necessaria un’analisi delle alternative poichè il processo inceneritore si basa su  fasi di depurazioni.
L’analisi delle alternative strategiche è del tutto assente. E’ necessario quindi che questa venga presentata in considerazione delle Migliori Tecniche Disponibili, tenendo conto del livello raggiunto in Italia, nei paesi  della Comunità Europea e nel resto del Mondo, in riferimento ai principi da seguire ai fini della individuazione e dell’utilizzazione delle MTD e degli studi tecnico scientifici di attualità.
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Il principio di precauzione: “Secondo l’interpretazione della Corte di giustizia e della Commissione delle Comunità europee, il principio enunciato nell’art. 174 del trattato, è un principio generale del diritto comunitario, la sua applicazione non è  limitata al diritto ambientale, ma si estende ad altre materie di interesse comunitario, in particolare la tutela della salute e dei consumatori.[…] Si tratta in  sintesi del  principio secondo il quale, al fine di garantire la protezione,  o secondo l’espressione preferita da  certa dottrina,  la cura di beni fondamentali, come la salute  o l’ambiente, è necessaria l’adozione o l’imposizione di determinate misure di cautela anche in situazioni di incertezza scientifica, nelle quali è  ipotizzabile soltanto una situazione di rischio, e non è invece dimostrata, allo stato delle attuali conoscenze scientifiche, la sicura o anche solo probabile evoluzione del rischio in pericolo. […] Tale anticipazione della soglia di intervento  si impone – e legittima la restrizione di alcuni diritti fondamentali, come l’iniziativa economica privata- per la peculiare  natura di beni come  la salute e  l’ambiente,  il cui  danneggiamento non  potrebbe essere adeguatamente riparato attraverso un intervento successivo, in considerazione della  dimensione spaziale e temporale talvolta incontrollabile  e della temibile diffusività dei potenziali eventi dannosi, dovuta anche alla reciproca interferenza e convergenza fra le potenziali fonti di danno. […] " (tratto dalla relazione “IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE NELLA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE” – Prof. STEFANO GRASSI, Dott. ANNA GRAGNANI -  Università di FIRENZE ).
"Risulta chiaramente che l’adozione di misure precauzionali di tutela della salute  umana  rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 32 della costituzione che  in determinate situazioni legittima e  impone l’adozione di adeguate misure di cautela."
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L’assenza di analisi sulla localizzazione non è giustificabile in base ad alcuna  considerazione economica. Qual’è infatti  il vantaggio di costruire un nuovo impianto che avrà una vita di circa 20 anni al quale  non viene data  la giusta localizzazione? Inoltre, saranno 20 anni oppure 30? Il dato è controverso. Nell’all. 10, alla scheda A, a pag. 4,  si indicano 20 anni, mentre nella VIA la durata dell’impianto era prevista in  30 anni. Nessun imprenditore avveduto  trasferirebbe i rifiuti  da Rufina a Terranova Bracciolini e da qui di nuovo a Rufina e  dopo le ceneri  a Figline Valdarno. Anche solo per mera considerazione di riduzione dei costi di trasporto, si sarebbero dovute prendere in considerazione le possibili alternative di localizzazione.
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In merito all’inidoneità della localizzazione prescelta  vogliamo  soltanto aggiungere che  il P.T.C.P. (Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Firenze, approvato con deliberazione del Consiglio provinciale toscano n. 94 del 15 giugno 1998), individua nella Carta dello Statuto del Territorio l’area interessata dal progetto del nuovo inceneritore in Comune di Rufina quale “invariante strutturale a valenza ambientale”. La stessa indicazione si trova anche nella Tavola n. 10 del Piano Strutturale del Comune di Rufina.
Le invarianti strutturali costituiscono elementi del territorio da sottoporre a tutela al fine di garantire lo sviluppo sostenibile ai sensi dell’art. 5 della L.R. Toscana n. 5 del 16 gennaio 1995 (ora art. 4 - LR 1/2005).
Nel Piano Regionale di gestione dei rifiuti urbani ed assimilati, approvato con delibera del Consiglio regionale toscano n. 88 del 7 aprile 1998, le invarianti strutturali a valenza ambientale costituiscono “fattori escludenti” ai fini della localizzazione di impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti.
I “fattori escludenti” hanno valore di vincolo assoluto (Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani ed assimilati, allegato 1, cap. 5).
Essendo a tutti gli effetti un inceneritore nuovo, localizzato in un’area individuata come invariante strutturale a valenza ambientale, l’autorità competente avrebbe dovuto “in limine”, preso atto della classificazione dell’area, dichiarare inammissibile la procedura dello specifico progetto restituendo la documentazione alla proponente.
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Si denota  come la scelta di realizzare un “Termovalorizzatore” rechi in se il primo germe per rendere inattuata la Priorità della raccolta differenziata quando viene affermato che questo riceverà, oltre ai rifiuti provenienti dal selettore di Terranuova con codice CER 191212 ( nei quali pare siano confluiti anche i rifiuti “tal quali” della Valdisieve), anche altre tipologie di rifiuto che potrebbero e dovrebbero  essere di per sé selezionate per ulteriore recupero di materia, in quanto trattasi di imballaggi: in carta e cartone (CER 150101), in plastica (CER 150102), in legno (CER 150103), misti (CER 150106), e ancora: carta e cartone (CER 200101), plastica (CER 200139), legno (CER 200138).
Si ricorda che il “Rapporto conclusivo della Commissione per le migliori tecnologie di gestione e smaltimento dei rifiuti” del 20 aprile 2007” alla pag. 372, lettera D, D1-introduzione, indica che “nella gestione integrata dei rifiuti gli atti di indirizzo e le direttive europee indicano come priorità il recupero dei materiali dai rifiuti seguito dal recupero di  energia, effettuato sui residui non riciclabili”.
I rifiuti di cui AER Impianti chiede l’autorizzazione ad incenerire sono  imballaggi già separati dal produttore e quindi facilmente recuperabili ( carta, cartone, plastica, legno).
In questo modo ci sembra che non venga rispettato nemmeno lo Statuto del CONAI in cui all’art. 3, comma 1, si legge: “Il Consorzio non ha fini di lucro ed è costituito per il raggiungimento degli obiettivi globali  di  recupero  e  di riciclaggio dei rifiuti di imballaggio indicati nel titolo II del D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (ndr. ora D. Lgs. 152/2006 e s.m.i.), nonché per garantire il necessario raccordo con l'attività di raccolta differenziata effettuata dalle pubbliche amministrazioni”.
Che gli imballaggi debbano seguire una “via  più virtuosa” nel loro recupero e reimpiego, è stabilito anche dal D. Lgs. 152/2006 ( aggiornato di recente) in cui all’art. 36, comma 1 “L'attività' di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio si informa ai seguenti principi generali”-  in cui si legge:
a)incentivazione e promozione della prevenzione alla fonte della quantità e della pericolosità degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, soprattutto attraverso iniziative; anche di natura economica in conformità ai principi del diritto comunitario, volte a promuovere lo sviluppo di tecnologie pulite ed a ridurre a monte la produzione e l'utilizzazione degli imballaggi, nonché a favorire la produzione di imballaggi riutilizzabili ed il riutilizzo degli imballaggi;
b) incentivazione del riciclaggio e del recupero di materia prima, sviluppo della raccolta differenziata di rifiuti di imballaggio e promozione di opportunità di mercato per incoraggiare l'utilizzazione dei materiali ottenuti da imballaggi riciclati e recuperati;   
c) riduzione del flusso dei rifiuti di imballaggi destinati allo smaltimento finale attraverso le altre forme di recupero dei rifiuti di imballaggi;
c-bis) l'applicazione di misure di prevenzione consistenti in programmi nazionali o azioni analoghe da adottarsi previa consultazione degli operatori economici interessati”.
Sembra non esserci un grande impegno nel rispettare quanto stabilito dalla legge e dal CONAI, né da parte del proponente, AER (spa o srl), né da parte delle Amministrazioni locali che continuano imperterrite nella strada intrapresa, senza un minimo di ripensamento, continuando a proporre un impianto di incenerimento per altri 30 anni circa.
Delle tipologie di rifiuti (carta, cartone, plastica e legno) nel progetto oggetto di questa procedura di AIA, si dichiarano dei quantitativi annui minimi che andranno a ridurre quanto conferibile con codice CER 191212 rispetto alla capacità totale dell’impianto che sarà di 68.640 t/anno.
In una nota si legge che il quantitativo di 68.640 t/anno “si ridurrà di pari peso in ragione dei quantitativi in peso dei restanti rifiuti elencati in tabella, accettati all’impianto nel corso dello stesso anno” (rel. tec. punto 2.2.1.).
Per assurdo, questi quantitativi “minimi” di rifiuti (cioè i rifiuti diversi dal codice 191212) potrebbero aumentare considerevolmente pur non variando la capacità dell’impianto.
Questo non offre alcuna garanzia ai cittadini sulle tipologie di rifiuti e le quantità che si vorrebbero bruciare in  questo impianto!!
Occorre anche chiarire cosa si intende per “rifiuti speciali potenzialmente critici” di cui  si  parla  nella  Relazione  Tecnica e  in  altri  allegati;  tra  l’ altro diventano  tali
(in relazione al trattamento termico) solo se saranno conferiti “in modo saltuario”. Ci chiediamo come facciano dei “rifiuti speciali critici”, “conferiti in modo continuativo” a perdere la loro caratteristica di “criticità”!
Ci chiediamo inoltre se all’impianto sia previsto il conferimento di rifiuti pericolosi diversi dai rifiuti urbani delle raccolte locali.
Sottolineamo che la Toscana è la regione con più produzione di rifiuti pro-capite proprio perché si è fatto dell’ “assimilazione” dei rifiuti speciali (imballaggi ) un punto fondamentale delle scelte  che riguardano la gestione dei rifiuti.
Siamo rimasti gli unici in Europa ad avere un trend in salita per gli imballaggi  mentre in altre nazioni c’è una stabilizzazione e una diminuzione.



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Il progetto di AER viene definito in più riprese conforme ai vari strumenti pianificatori a più livelli (Regionale, Interprovinciale Provinciale, di Ambito), ma anche tale affermazione non è condivisibile sotto diversi profili:
Presunta conformità rispetto al Piano Regionale dei Rifiuti
Al punto 1.3.1. della Relazione Tecnica AIA, AER afferma che “la localizzazione del futuro impianto risulta essere perfettamente conforme ai requisiti richiesti dallo strumento regionale (fattori escludenti, penalizzanti e preferenziali) risultando per di più caratterizzata dalla presenza di molteplici fattori preferenziali.
Tra i fattori preferenziali riferiti all’area in oggetto e previsti dal Piano Regionale osserviamo i seguenti punti:
·  viabilità d'accesso esistente o facilmente realizzabile, disponibilità di collegamenti stradali e ferroviari esterni ai centri abitati;  (NdR. Il collegamento ferroviario è stato definito inutilizzabile, la viabilità non è di tipo dedicato, ma trattasi della SS67 il cui collegamento non appare facilmente realizzabile).
·  baricentricità del sito rispetto al bacino di produzione e al sistema di impianti per la gestione dei rifiuti; (NdR. se si considera che l’ATO è quello PO-FI-PT, sicuramente la baricentricità non è uno dei fattori preferenziali).
·  dotazione di infrastrutture; (NdR. nel progetto nulla delle infrastrutture viene riutilizzato).
· possibilità di trasporto intermodale dei rifiuti raccolti nelle zone più lontane dal  sistema di gestione dei rifiuti. (NdR. Assente).
E per quel che riguarda i termodistruttori in particolare sono fattori preferenziali:
·  Aree a destinazione industriale (aree artigianali e industriali esistenti o previste dalla pianificazione comunale)  o a servizi tecnici o contigue alle stesse (NdR. Anche ammettendo che l’impianto risieda in area a destinazione industriale non si può dire altrettanto dell’area circostante …).
·  aree con superficie superiore ai 5 ettari (NdR. Non raggiunti).
·  preesistenza di reti di monitoraggio per il  controllo  ambientale (NdR. Non presente o non utilizzata).
·  sostituzione di emissioni esistenti nell'area da utenze industriali civili e termoelettriche (NdR Assente e non realizzabile per stessa ammissione del proponente).
·  impianti di termodistruzione già esistenti (Si).
· vicinanza di potenziali utilizzatori di calore ed energia (nello stesso progetto si afferma che non ve ne sono).
L’affermazione di essere perfettamente conformi ai requisiti richiesti dal Piano Regionale appare quantomeno fuorviante se si considera che il sito è:
·        caratterizzato dall’essere compresso tra la Sieve (ambito A1 e B e Rischio Idraulico P.1.4 e P.1.3).
·        situato a fianco della strada SS67.
·        situato in un’ area a elevata pericolosità idraulica (ove è previsto il cosiddetto ampliamento).
·        situato a monte della presa dell’acquedotto di Pontassieve, S.Francesco.
·        ristretto in un’ area chiusa di fondovalle su cui viene effettuata agricoltura di qualità.
·        caratterizzata da fenomeni atmosferici di inversione termica (praticamente costanti nel periodo invernale).
Tali caratteristiche dell’area richiamano ad alcuni dei Fattori escludenti, cioè quelli che hanno valenza di vincolo assoluto nel Piano Regionale dei Rifiuti al paragrafo in cui tratta i Criteri di localizzazione per  impianti di Trattamento e smaltimento di rifiuti.
Fattori Escludenti del Piano Regionale:
·        Aree collocate nelle fasce di rispetto da punti di approvvigionamento idrico a scopo potabile (200 m o altra dimensione superiore definita in base a valutazioni delle caratteristiche idrogeologiche del sito), ai sensi del DPR 236/88;
·        Aree individuate come invarianti strutturali a valenza ambientale definiti dagli atti di pianificazione di cui alla L.R. 5/95;
·        Aree entro la fascia di rispetto da strade, autostrade, gasdotti, oleodotti, cimiteri, ferrovie, beni militari, aeroporti;
·        Aree che ricadono negli ambiti fluviali “A1” di cui alla DCRT 230/94;
Opportuno è elencare anche alcuni dei
Fattori Penalizzanti del Piano regionale:
·  Aree sottoposte a vincolo idrogeologico  ai sensi della R.D. 3267/23;
·  Aree che ricadono negli ambiti fluviali “A2” e “B” di cui alla DCRT 230/94;
·  Aree soggette a rischio di inondazione;
·  Zone di particolare interesse ambientale di cui alla L.431/85, sottoposte a tutela ai sensi della legge 29 giugno 1939 n.1497, riferite a:
- fiumi, torrenti e corsi d'acqua e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna (lettera c);
- territori coperti da foreste e da boschi ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, fatto salvo quanto previsto dalla L.R.73/96, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento ai sensi dell'art.54 del R.D. 30 dicembre 1923 n.3267 (lettera g);
·  Interferenza con i livelli di qualità delle risorse idriche superficiali e sotterranee;
·  Bellezze panoramiche  individuate ai sensi del punto 4) dell'art.1 della L.1497/39.
E relativamente ai termodistruttori in particolare i fattori penalizzanti del Piano Regionale risultano essere i seguenti:
  • condizioni climatiche sfavorevoli alla diffusione degli inquinanti ove condizioni in calma di vento e stabilità atmosferica ricorrano con maggiore frequenza;
L’affermazione “l’impianto risulta essere perfettamente conforme ai requisiti richiesti dallo strumento regionale (fattori escludenti, penalizzanti e preferenziali) risultando per di più caratterizzata dalla presenza di molteplici fattori preferenziali”  è indicativa della bassa qualità del lavoro effettuato.
Il solo fattore basato sulla preesistenza del vecchio inceneritore non può condurre ad una deroga  dei fattori penalizzanti ed escludenti, considerate le differenze sia da un punto di vista tecnico che strutturale del nuovo impianto.
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Per quanto riguarda le invarianti strutturali a valenza ambientale” .
·        Queste sono definite nella “Carta dello Statuto del Territorio” del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Firenze. Nel caso in oggetto risultano appartenere a questa definizione le “aree sensibili già vulnerate da fenomeni di esondazione e soggette a rischio idraulico” , quali quelle in cui si vorrebbe realizzare il nuovo impianto.
·        Nel Piano Regionale di gestione dei rifiuti urbani ed assimilati, le “invarianti strutturali a valenza ambientale” costituiscono i cosidetti fattori escludentiai fini della localizzazione di impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti.  I “fattori escludenti” hanno valore di vincolo assoluto (Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani ed assimilati, allegato 1, cap. 5).
Ancora una volta si conferma che l’area scelta non è idonea alla costruzione del nuovo inceneritore. 
>20<
Altra non conformità rispetto al Piano Regionale di gestione dei rifiuti è rappresentata dalla “taglia”  prevista per il nuovo impianto.
“senza arrivare alle 800.000 tonn./anno dell’inceneritore di Brescia, la taglia minima di un inceneritore di nuova generazione  è dell’ordine di 400.000 tonn./anno.  Il motivo è prettamente economico, in quanto per un impianto di quest’ordine di grandezza, la sezione di depurazione fumi – realizzata con le migliore tecniche disponibili – ha un costo pari alla metà del costo totale. Dimezzare la potenzialità di un impianto non significa dimezzare i costi in quanto le apparecchiature per la depurazione fumi tendono ad essere un costo fisso e in impianti più piccoli la loro incidenza può salire fino al 70-80% del costo totale tranne nel caso che vengano adottati sistemi di depurazioni non rispondenti alle BAT, ma in pratica ciò significherebbe risparmiare sulla salute.
Costruendo tanti impianti invece di uno solo che basti per tutta la provincia si hanno quindi due sole possibili alternative: o i costi aumenteranno di 2/3 volte, o si risparmierà sulla depurazione dei fumi con aumento dell’inquinamento generato a parità di rifiuti smaltiti” ( tratto da: “Errori e prospettive nella gestione dei rifiuti in Provincia di Firenze” di  Larini ).
La Regione Toscana, nel Piano Regionale di Gestione dei rifiuti, nel merito della taglia dell’impianto pone alcune prescrizioni, tra le quali:
I nuovi impianti di termoutilizzazione dovranno avere una potenzialità termica superiore a 35.000.000 Kcal/h (c/a 100.000 tonn./annue).
Dovranno altresì rispettare i limiti di emissione di cui alla Tab. III nonchè tutte le caratteristiche tecniche-ambientali indicate nel presente piano.
Dovranno essere realizzati impianti di trattamento termico che corrispondano, oltre al dimensionamento prima descritto, anche allo stato dell'arte delle tecnologie e quindi idonee a garantire prestazioni accettabili sotto il profilo dell'affidabilità, dell'impatto ambientale e dei costi economici del servizio.”
Devono essere dotati almeno di due linee indipendenti di combustione e depurazione fumi (dal Piano Regionale – allegato 1)
L’impianto in progetto non prevede neanche 70.000 tonn./annue (68.640 tonn./annue) pari a 23.760 kcal/h (max. 25.423.000 kcal/h) e funzionerà solo con 1 linea. E’ bene precisare che tale quantitativo è ben inferiore a quello prodotto nell’intero ATO, un dato questo che ci introduce alle osservazioni sulla congruità al Piano interprovinciale preliminare di cui al punto seguente.
Dalle suddette argomentazioni se ne deduce quindi come l’impianto non sia conforme con gli indirizzi del Piano dei Rifiuti della Regione Toscana in quanto collocato in area non idonea e progettato in maniera non sostenibile dal punto di vista dei costi economici.
>21<
Ricordiamo che la nuova documentazione presentata da  Aer Impianti srl non ha dimostrato che  si tratta di <ampliamento e non di nuovo impianto>.  Si continua così  ad omettere di fornire una risposta ad  una richiesta  che aveva formulato  la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per le province di Firenze, Pistoia e  Prato (parere 3-10-2007 inenerente alla VIA).
La Soprintendenza nel suddetto parere aveva chiesto <approfondimenti degli aspetti riguardanti i rapporti, anche in sede di cronoprogramma esecutivo  tra la prevista nuova opera e le costruzioni attualmente esistenti che si intendono demolire, in modo da dimostrare chiaramente che trattasi di ampliamento e non di edificazione ex novo>. 
>22<
Le Linee Guida generali per la individuazione ed utilizzazione delle migliori tecniche disponibili (MTD), per le attività esistenti di cui all’allegato 1 del D.Lgs. 372/99 (prima D.Lgs. 59/05 e ora D. Lgs. 152/2006 modificato con il 128/2010 ) in attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento,  stabiliscono  per quanto riguarda  i Principi Generali che (art. 6, comma 16 - D. Lgs. 152/2006):
a) devono essere prese le opportune misure di prevenzione dell’inquinamento, applicando in particolare le migliori tecniche disponibili.
b)  non si devono verificare fenomeni di inquinamento significativi.
Dove per inquinamento si definisce l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore o più in generale di agenti fisici o chimici, nell'aria, nell'acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell'ambiente, causare il deterioramento dei beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell'ambiente o ad altri suoi legittimi usi ”.
Si palesa la necessità di prendere le opportune misure di prevenzione dell’inquinamento, non autorizzando il progetto e non procedendo con monitoraggi successivi che dimostrino fra qualche anno la veridicità dei dati a danno dell’ambiente ed in primis delle persone.
Il tema della pericolosità degli impianti di incenerimento dei rifiuti per la salute umana è affrontato anche dall’Istituto Superiore di Sanità che ha  proposto criteri per la sorveglianza dei sarcomi dei tessuti molli in prossimità di siti inquinati da sostanze chimiche ad azione diossino-simile. Uno studio tra i più recenti è lo studio francese che associa l’incenerimento alle malformazioni fetali (http://gestionecorrettarifiuti.it/pdf/maternal.pdf ).
A tal proposito è opportuno evidenziare che le MTD sono oggi notevolmente cambiate ed evolute rispetto al momento in cui nel Piano Provinciale dei Rifiuti venne adottata  la scelta  tecnica  identificata nell’incenerimento dei rifiuti con recupero di energia (definita come “consolidata e provata in grado di assicurare il massimo dell’affidabilità…”). Sarebbe opportuno attendere, come minimo, che l’iter dell’approvazione del Piano Interprovinciale fosse definitivo, tenendo conto che il Piano Regionale (del 1998) dovrebbe essere aggiornato.
Alla luce dei numerosi e recentissimi studi e dibattiti scientifici è ormai chiaro che serva un periodo di sospensione, doveroso, dato che il tema delle emissioni, ed in particolare quello delle nanopolveri, è solo ora oggetto di studi, e siamo in vista, come cita anche ARPAT, “di una probabile evoluzione normativa che integri lo studio con una stima sulla frazione PM2.5, che risulta essere ancor più rilevante agli effetti sanitari. Il tema è affrontato da OMS con l’ ”Air quality guidelines global update 2005 – Report on a Working Group meeting”,  del 2005. Anche il  Parlamento e il Consiglio Europeo valutano le problematiche legate alle nonopolveri.
>23<
Come accennato in precedenza l’analisi delle alternative, inerenti la localizzazione dell’intervento, è totalmente assente. A tal riguardo si reputa grave tale omissione tenuto conto della vasta area usufruibile che comprende la Valdisieve, il Valdarno Fiorentino e il Valdarno Aretino a cavallo delle province di Firenze e Arezzo, comprendente oltre 20 comuni.
L’area compresa tra i centri di Pontassieve e Rufina si caratterizza dal punto di vista delle emissioni di sostanze inquinanti dalla presenza del vecchio inceneritore (di cui si ipotizza la sostituzione – cerchi rossi) e del Cementificio Italcementi (cerchi rosa). I centri abitati di Stentatoio, San Francesco e parte di Pontassieve sono compresi all’interno di entrambe le aree sensibili con raggio di 3 km dai rispettivi camini.
Se si considera un raggio di 5 km si comprendono anche gli abitati di Masseto, Diacceto, Pelago, Massolina,  Rosano e tutta Pontassieve.
Nella figura sotto sono rappresentate le aree in cui le emissioni si sovrappongono. C’è da tener presente anche un’altra fonte molto inquinante (cerchietto verde nella figura sotto) denominata ex “Stigo” che è una fabbrica insalubre di prima classe - situata a Montebonello ma rimasta inglobata nel centro abitato anche di Rufina. Tale impianto funziona 24 ore su 24, su 6 giorni alla settimana, tutto l’anno, andando a peggiorare ancora di più le aree in cui tutte queste emissioni si accavallano.
L’approccio integrato viene disilluso sia per la mancata analisi del sovrapporsi delle emissioni da parte del vicino Cementificio di Pelago, sia per la superficiale analisi ambientale eseguita che non tiene conto della localizzazione individuata ( in particolare sul fiume Sieve, in area sensibile, in area golenale) proposta a monte dell’acquedotto di Pontassieve.
Vista la vicinanza con altre fonti importanti di emissioni inquinanti, manca del tutto la “Valutazione d’Impatto Ambientale sull’Area Vasta”. Così come indicava l’allegato VII del D. Lgs. 152/2006, sui contenuti del SIA, in cui al punto 4 si legge che doveva contenere: “Una descrizione dei probabili impatti rilevanti (diretti ed eventualmente indiretti, secondari, cumulativi, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi) del progetto proposto sull'ambiente:
a)     dovuti all'esistenza del progetto;
b)     dovuti all'utilizzazione delle risorse naturali;
c)      dovuti all'emissione di inquinanti, alla creazione di sostanze nocive e allo smaltimento dei rifiuti; nonché la descrizione da parte del proponente dei metodi di previsione utilizzati per valutare gli impatti sull'ambiente.”
L’inidoneità della scelta proposta viene trattata in modo più completo nell’osservazione successiva.
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Presupposto errato del presente procedimento di AIA
Il presente procedimento di AIA è fondato su un presupposto del tutto errato: non si tratta dell’ampliamento di un impianto esistente, come sostenuto da AER Impianti Srl ( o AER spa che sia), bensì della realizzazione di un nuovo impianto.
Negli atti della procedura si parla di “ampliamento” di un impianto esistente, ossia dell’inceneritore “I Cipressi” in Comune di Rufina.
La dizione “ampliamento” non è soltanto un travisamento dei fatti verbale, ma è anche lo stravolgimento sostanziale di una realtà oggettiva, come peraltro si evince da più elementi concordanti e incontrovertibili:
(A)         l’inceneritore proposto per Rufina è stato dimensionato per una capacità termica nominale di circa 23.760.000 kcal/h (27.628 kW), pari ad una capacità di trattamento di 8,8 t/h di combustibile con potere calorifico inferiore (p.c.i.) di 2.700 kcal/kg e per una capacità termica massima di 29.560 kW, ovvero una capacità di trattamento di 9,42 t/h di combustibile con p.c.i. di 2.700 kcal/kg. Il valore di 9,42 t/h (226 t/d) è la massima capacità di trattamento in termini di massa che il forno riesce a smaltire per ragioni meccaniche ed è quindi il valore che si utilizza per il dimensionamento meccanico della superficie della griglia. Il valore di 25.423.000 kcal/h è il valore utilizzato per il dimensionamento di tutte le apparecchiature che hanno a che fare con la parte termica e cioé i ventilatori dell’aria di combustione, il volume della camera di combustione, la caldaia, tutta la linea fumi.
La quantità annua di rifiuti trattati è prevista pari a 68.640 t/a, tenuto conto di un p.c.i. medio di 2.700 kcal/kg. Considerando una capacità di trattamento media giornaliera pari a circa 211 t/d (8,8 t/h) e il dato dichiarato di 7.800 h/a di funzionamento si deduce che la durata di funzionamento annuale è pari a 325 giorni.
Per contro l’impianto esistente, dal 1974, ha un conferimento medio di 30 t/d ed opera con rifiuti aventi un P.C.I. medio di 2.350 kcal/kg per una capacità complessiva di incenerimento pari a circa 10.000 t/a (documento ARPAT 14/7/2003).
L’incremento della potenzialità di incenerimento annuale del nuovo impianto rispetto all'attuale è quindi stimabile in circa il 580%, un valore che appare troppo elevato per essere considerato come ampliamento produttivo di un impianto industriale;
(B)           che si tratti di un nuovo inceneritore e non dell’ampliamento dell’impianto preesistente è confermato anche dal mutamento della superficie e della volumetria della nuova struttura (dagli allegati al S.I.A. appare che la superficie coperta di quello attuale è di mq 337, mentre quella del nuovo impianto dovrebbe essere di mq 4628 e che l’altezza massima attuale è di m 19,40 mentre quella nella nuova documentazione allegata all’AIA raggiunge m 34,20).
La realizzazione del nuovo manufatto edilizio comporta la demolizione del precedente e la sua ricostruzione con una disposizione planivolumetrica e con una sagoma del tutto diverse da quelle precedenti. Se ciò è vero è evidente - e sul punto non occorre dilungarsi molto - come sotto il profilo urbanistico ed edilizio si tratti non già di un “ampliamento”, bensì di una nuova costruzione, con impegno di nuovi suoli e la creazione di un carico urbanistico diverso.
L’art. 3 del D.P.R. 380/2001 definisce gli “interventi di nuova costruzione” come quelli di trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie della manutenzione ordinaria, della manutenzione straordinaria, del restauro e del risanamento conservativo e della ristrutturazione edilizia.
Detta definizione è ripresa dagli artt. 78 e 79 della L.R. Toscana 1/2005, dai quali emerge che debbono essere considerate nuove costruzioni tutte quelle trasformazioni fisiche che non ricadano in uno degli interventi minori sopra indicati e che incidano sulle risorse essenziali del territorio.
Quindi non vi sono dubbi per affermare che l’impianto è un “NUOVO impianto” sotto tutti profili qui trattati.
Anche il Giudice del TAR ha dovuto riconoscere che “nel senso urbanistico-edilizio possa parlarsi di nuova costruzione” (sentenza TAR - pag. 28);
(C)          con l’opera proposta si prevede l’abbattimento completo (si veda per es. relazione acustica pag. 26) delle strutture in essere  e non si contempla l’utilizzo / potenziamento/ammodernamento, neppure in parte, di componenti, macchinari, attrezzature impiantistiche esistenti;
(D)          da un punto di vista impiantistico non si può considerare ampliamento un intervento che comporta la rimozione completa della parte esistente;
(E)           alcune parti dei documenti presentati sono uguali o simili a quelle presentate nel precedente iter di AIA, e si continua a indicare l’impianto come “nuovo impianto” o “nuovo stabilimento”. Lo dimostra anche l’All. 10 in cui in una nota della scheda A si dichiara quanto segue: “L’impianto attualmente esistente non rientra nell’ambito dell’assoggettabilità alle norme IPPC in quanto ha capacità produttiva inferiore a 3 t/h”, mentre per il nuovo impianto si dichiara questo: lo stabilimento in esame rientra tra i nuovi impianti in quanto l’assoggettabilità alla normativa IPPC scaturisce dalla modifica in progetto”.
A conferma del fatto che l’impianto in esame è da intendersi come un impianto nuovo si osserva, inoltre, che la Relazione AIA in diversi punti evidenzia che l’“impianto opererà con una sola linea” (par. 2.2.2 Capacità di trattamento dell’impianto, pag. 28), confermando quindi che l’attuale linea di incenerimento sarà definitivamente chiusa con la demolizione dello stabile che la contiene. Si ritiene importante far notare anche come originariamente il potenziamento dell’impianto esistente prevedesse “semplicemente” una seconda linea, così come si può verificare dai dati riscontrabili in All. 15 (pag. 28) relativa ad indagini richieste da UNIECO scrl per la “progettazione di una seconda linea inceneritore “I Cipressi”.
Lo stesso Piano Provinciale di gestione dei rifiuti urbani e assimilati per l’ATO n. 6, riferendosi all’impianto di Rufina (par. 2.2.3.3 “L’impianto de I Cipressi -Rufina-” pag. 90), scrive testualmente di una “nuova linea di trattamento termico”. E’ sempre il Piano Provinciale dei Rifiuti ad affermare al paragrafo 5.2 (cfr. sul punto pag. 19) che per nuovi impianti si intendono “quelli per i quali non siano state avviate procedure di gara alla data di entrata in vigore del Piano”.
Quindi l’impianto in questione rientra nella suddetta definizione essendo nuovo anche sotto il profilo delle prescrizioni pianificatorie.
Ancora: nel Piano Regionale di gestione dei rifiuti e nel Piano Provinciale di gestione dei rifiuti urbani e assimilati per l’ATO n. 6 (che indica anche una superficie edificata minima compresi i volumi tecnici) si prevede una taglia minima, ossia una potenzialità termica non inferiore a 35.000.000 kcal/h che - a parità di potere calorifico inferiore - corrispondono a quasi 100.000 tonnellate/anno di rifiuti inceneriti, mentre la potenzialità termica prevista per il nuovo impianto di Rufina è di 24.523.000 kcal/h che corrisponde a 68.500 tonnellate/anno.
Pertanto il progetto si pone in contrasto sia con il Piano Regionale di gestione dei rifiuti (cap. 4.4. “Impianti di trattamento termico”, pag. 43) sia con il Piano Provinciale di gestione dei rifiuti ( in vigore fino all’approvazione del Piano Interprovinciale), che indica oltretutto una superficie edificata minima non rispettata dal progetto (all. 15 del Piano Provinciale di gestione rifiuti urbani e assimilati ATO 6- parte generale, paragrafo b-1, pag. 3), in quanto non raggiunge la potenzialità termica minima consentita.
Il Comune di Rufina non rientra nell’elenco delle località consentite e indicate dal Piano Provinciale di gestione dei rifiuti urbani e assimilati (2002) per l’installazione di nuovi impianti di smaltimento di cui all’Allegato 15, pag. 2, del Piano medesimo. Siccome l’impianto di cui si discute deve essere, per i motivi sopra esposti, considerato “nuovo”, ai fini della normativa e degli atti di pianificazione, il progetto viola anche sotto questo profilo il Piano Provinciale.
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L’affidabilità dell’impianto esistente e delle gestioni
succedutesi nel tempo.
Le gestioni dell’impianto “I Cipressi” succedutesi nel tempo si sono rivelate     gravemente lacunose suscitando perplessità sulla affidabilità.
Tanto è vero che la gestione è stata destinataria, a seguito di verbale ARPAT, dell’atto di diffida n. 3353 in data 26/10/2004 della Direzione Gestione Rifiuti e Bonifica Siti Inquinati della Provincia di Firenze per il ripristino delle corrette modalità gestionali dell’impianto entro i termini previsti dalle prescrizioni pena la sospensione delle autorizzazioni dell’inceneritore.
La diffida era stata notificata per gravi mancanze nella conduzione dell’impianto, tra le quali si possono ricordare:
-            Il mancato rispetto della corretta gestione del sistema di rilevamento in continuo  dei fumi (con grave pregiudizio della salute pubblica);
-            L’utilizzo improprio di una delle due fosse di scarico di rifiuti;
-            La presenza di rifiuti non previsti tra i rifiuti autorizzati;
-            La mancata identificazione di un piezometro per il monitoraggio della messa in sicurezza permanente dell’area ex discarica scorie.
Alla fine del verbale si legge inoltre che “per le violazioni riscontrate alla normativa sui rifiuti ed alla normativa sulle emissioni in atmosfera sarà effettuata la comunicazione all’Autorità Giudiziaria….”.
E’ opportuno far notare che la relazione è stata redatta in data 23 aprile 2004 da quattro tecnici dell’ARPAT e trasmessa alla Direzione Gestione Rifiuti e Bonifica Siti Inquinati della Provincia di Firenze il 24/09/2004 che ha conseguentemente emesso l’Atto di diffida n. 3353.
A seguito di quanto sopra esposto si richiama l'attenzione delle Autorità competenti sull’opportunità di non concedere l'autorizzazione alla gestione di impianti così complessi al soggetto che ne ha fatto richiesta ancorché si chiami “AER Impianti srl” ( stessi comuni, stessi soci privati ecc di AER spa).
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Per quanto riguarda la nocività delle emissioni  (che inevitabilmente, un impianto di questo tipo produce ), tanto per citare anche il Piano Interprovinciale - seppur non ancora in vigore e attualmente sottoposto a VAS e Valutazione Integrata - nel valutare le azioni di piano, relativamente alla loro incidenza sui criteri specifici di sostenibilità (per quanto concerne l’impianto di Selvapiana, con capacità di trattamento di 68.640 t/anno), afferma che avrà “effetti negativi o potenzialmente inquinanti” per l’atmosfera e per la qualità dell’ambiente locale, nonché “effetti significativi potenzialmente negativi o non migliorativi”  sullo stato della fauna e della flora selvatiche, sulla qualità dei suoli e delle risorse idriche  e sulla qualità delle risorse storiche e culturali ( schemi da pag. 125- bozza di piano-).
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L’inidoneità della scelta proposta.
Essendo un impianto a tutti gli effetti nuovo non ha alcun motivo di esistere e continuare ad essere proposto, stanti le gravissime ostative e limitazioni imposte dall’infelice localizzazione (localizzazione sbagliata anche per l’impianto esistente ormai attivo da più di 35 anni!!!),  e delle quali si riporta di seguito un sommario elenco.
a)        Collocata in area di conca con conseguente variazioni sulla distribuzione delle emissioni inquinanti inevitabilmente spinte verso i centri abitati collocati in fondovalle e posti nelle immediate vicinanze come Stentatoio (750 m), Masseto (1125 m), San Francesco (1730 m),  Rufina (2030 m), Pontassieve (2184 m).
b)       Collocata in area di conca, con conseguente impatto visivo da tutti i punti rilevati circostanti non mitigabili.
c)         Tutto il territorio comunale di Rufina è inserito in classe di pericolosità sismica 2 (http://www.rete.toscana.it/sett/pta/sismica/classificazione/index_class.html ), mentre il Comune di Pontassieve, con il quale l’impianto confina essendo anch’esso sul Fiume Sieve, è stato declassato con DGRT n. 431, del 19 giugno 2006, dalla classe 2 alla classe 3S che comprende sia zone a rischio 2 che zone a rischio 3.
d)       Non è baricentrico rispetto alle utenze servite ma anzi impone un continuo traffico di rifiuti dai luoghi di raccolta fino a Terranuova Bracciolini, da Terranuova Bracciolini all'inceneritore e infine (scorie e ceneri ) dall'inceneritore a Terranuova Bracciolini (discarica Casa Rota) e/o Figline (discarica Le Borre).
e)          La preferenzialità accordata al potenziamento di impianti esistenti nel Piano Industriale ATO6 è evidentemente correlata all’economicità del riutilizzo di sezioni impiantistiche. In questo progetto tutto ciò è completamente disatteso.
f)          L’area si trova a monte di un acquedotto importante (Pontassieve) e il fatto che l’impianto non abbia emissioni di effluenti liquidi non esime dal valutare negativamente l’accumulo di inquinanti ricaduti sulle aree circostanti e raccolti/trascinati dalle acque piovane nelle acque del fiume Sieve. Si fa inoltre notare che la presa dell’acquedotto suddetto è realizzata immediatamente a monte di uno sbarramento che nel corso degli anni ha costretto a sedimentarsi rilevanti quantità di fanghi di cui non è dato sapere il grado di tossicità attuale.
g)                Il progetto prevede ingenti e costosi interventi per la messa in sicurezza dell’impianto dagli eventi alluvionali del fiume Sieve arrivando all’assurdo che si devono rimodellare le rive ed aggiungere casse di espansione quando invece l’area che si vuole utilizzare è di per se una naturale cassa di espansione.
h)               L’area e’ completamente compresa nella fascia di rispetto del fiume Sieve (la fascia di 150 m. tutelata per legge – D. Lgs. 42/2004 e Legge 431/ 85 in relazione al RD 1775/33), e nella fascia di rispetto della Strada Statale 67.
i)                  E’ all’imbocco di una vallata che vede tra le sue risorse principali e di maggior lustro prodotti agricoli di rilevanza mondiale, che hanno centinaia di riconoscimenti e che traggono proprio dal comune in cui si vorrebbe insediare il nuovo impianto (Chianti Rufina).
j)                  L’area, seppur formalmente classificata in modo appropriato a livello di programmazione territoriale comunale, non presenta gli aspetti caratteristici di un’area industriale sia per i preminenti vincoli ambientali sia per gli strumenti programmatici del comune di Rufina che contemplano il polo tecnologico e industriale nell’area di Scopeti. Per quanto attiene all’ubicazione dell’impianto emerge ictu oculi la sua incompatibilità con il contesto “territoriale” e paesaggistico.
Non si vede come una localizzazione risalente agli anni ’60, che prevedeva un inceneritore lungo il fiume Sieve ed in un contesto di valle e collinare di rilevante pregio, possa essere ritenuta ancora oggi valida e ragionevole per un impianto di tali dimensioni e, soprattutto, compatibile con le direttive e le prescrizioni della L.R. 1/2005 (prima L.R. 5/1995), del PIT della Regione Toscana e degli atti di pianificazione e gestione del territorio della Provincia di Firenze, del Comune di Rufina e del Comune di Pontassieve (il cui territorio confina con l’area destinata all’impianto).
La proponente non ha effettuato alcuna valutazione ed approfondimento in ordine alla relazione fra l’impianto progettato e gli strumenti di governo del territorio, limitandosi a riportare un elenco di norme pianificatorie relative esclusivamente al perimetro dell’area dove è localizzato in modo lenticolare l’impianto di incenerimento.
k)                In area sottoposta a tutela paesaggistica ed ambientale del “territorio aperto, abitati minori ed edifici sparsi”.
l)         Su appezzamenti SUL FIUME SIEVE ( a 20/30 m. dalla sponda sinistra) che fino ad oggi hanno avuto una destinazione agricola, ma  che  hanno subito un cambio di destinazione d’uso,  denominato “polo tecnologico ambientale”, creato ad hoc per  il futuro inceneritore con la recente approvazione del Regolamento Urbanistico del Comune di Rufina
m)              In presenza di fauna ittica di pregio.
n)                E’ in “area di pertinenza fluviale”, stralcio n. 54 degli elaborati cartografici per la “Riduzione del Rischio Idraulico” <carta di pertinenza fluviale dell’Arno edei suoi affluenti> ed è soggetta a vincolo dalla ex legge Galasso oggi T.U.Codice dei Beni  Culturali e Paesaggio.
o)                E’ in “Area Golenale”. Carta degli interventi strutturali per la riduzione del Rischio Idraulico.
p)               E’ in “area interessata da inondazioni ricorrenti”. Carta guida della aree allagate.
q)               E’ interamente in “Pericolosità Idraulica Molto Elevata” (P.I.4),  Elevata ( P.I.3) e media (P.I.2). “Piano di Stralcio: Assetto Idrogeologico”, stralcio n. 238 – livello di dettaglio.
r)                 E’ interamente su un’area a “ Vulnerabilità Elevata  degli acquiferi all’inquinamento.
s)                 Il Fiume Sieve è in “Ambito AB
t)        In zona di frega.
u)                La zona è in “area sensibile”, art. 3 delle Norme di Attuazione del PTCP    che è, dallo stesso, considerata Invariante Strutturale.
v)                Dato che l’impianto prospettato (cosi come quello attuale) non ha alcuna attinenza con quanto presente attorno, si vuole ricorrere ad una specie di vestizione del manufatto al fine di mitigarne l’impatto dal punto di vista paesaggistico. Pur non scendendo in dettagli architettonici che potrebbero essere affetti da considerazioni soggettive si deve osservare che questo comporta costi aggiuntivi non indispensabili in altre aree realmente adatte a questa tipologia di impianti.
w)              L’area confina con il comune di Pontassieve sull’altra sponda del fiume Sieve e nel comune di Pontassieve si è in presenza di una area a destinazione agricola.
x)                Nel comune di Pontassieve esiste già in posizione limitrofa all’area in oggetto una sorgente di rischio ambientale/sanitario censita nell’anagrafe provinciale dei siti a medio termine da bonificare (codice FI080). Anche questa sorgente va ad insistere con i percolati sul fiume Sieve.
y)                 In un area in cui si registrano frequentemente, soprattutto in inverno, “fenomeni di inversione termica” che non fanno disperdere gli inquinanti nell’aria in modo corretto.
z)                   L’area ha un valore paesaggistico elevato come dichiara la stessa Soprintendenza: “In considerazione delle elevate qualità paesaggistiche del sito prescelto, costituite in paritcolare dalla “compresenza della Valle fluviale della Sieve e delle colline che la fiancheggiano tra Rufina e Pontassieve, dove nei secoli l’opera dell’uomo ha modellato un paesaggio tra i più tipici e meglio conservati del territorio toscano a est di Firenze” (tratto dal parere della Soprintendenza Per i Beni Architettonici e per il Paesaggistici di Firenze, Prato  e Pistoia- n. 01291 del 19 febbraio 2007).
aa)             in un territorio che per ciò che concerne il settore dell’agricoltura di qualità e delle produzioni tipiche e a denominazione di origine tale da far rientrare l’area tra quelle trattate dal D.Lgs. 228/2001 e in particolar modo dall’art. 21Norme per la tutela dei territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità”:
Art. 21.
1. Fermo quanto stabilito dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, come modificato dal decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389, e senza nuovi o maggiori oneri a carico dei rispettivi bilanci, lo Stato, le regioni e gli enti locali tutelano, nell'ambito delle rispettive competenze:
a) la tipicita', la qualita', le caratteristiche alimentari e nutrizionali, nonche' le tradizioni rurali di elaborazione dei prodotti agricoli e alimentari a denominazione di origine controllata (DOC), a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG), a denominazione di origine protetta (DOP), a indicazione geografica protetta (IGP) e a indicazione geografica tutelata (IGT);
b) le aree agricole in cui si ottengono prodotti con tecniche dell'agricoltura biologica ai sensi del regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991;
c) le zone aventi specifico interesse agrituristico.
2. La tutela di cui al comma 1 e' realizzata, in particolare, con:
a) la definizione dei criteri per l'individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, di cui all'articolo 22, comma 3, lettera e), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, come modificato dall'articolo 3 del decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389, e l'adozione di tutte le misure utili per perseguire gli obiettivi di cui al comma 2 dell'articolo 2 del medesimo decreto legislativo n. 22 del 1997;
b) l'adozione dei piani territoriali di coordinamento di cui all'articolo 15, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e l'individuazione delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti ai sensi dell'articolo 20, comma 1, lettera e), del citato decreto legislativo n. 22 del 1997, come modificato dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 389 del 1997.
Ad avvalorare la tesi che siamo in area “a tutela dei territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità” riportiamo la pronuncia Negativa di VIA della Regione Lazio in cui si afferma che: “ l’intorno è caratterizzato da colture di vite che per effetto delle variazioni metereologiche verrebbero soggette a trasformazione della qualità dall’ umidità e dalle piogge, che in combinazione con le emissioni dell’impianto comprometterebbero la qualità del raccolto ”. 
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Il progetto non affronta il tema del traffico derivato e strettamente connesso al piano di gestione dei rifiuti dovendo collegare tra di loro l’impianto di Casa Rota, l’inceneritore di Rufina e la discarica di Figline.
L’inquinamento dovuto alle emissioni dell’impianto andrà a sovrapporsi a quello prodotto dall’aumento del traffico e tutto ciò non è stato preso in esame neanche nella “nuova” AIA.  Tale fatto costituisce una grave carenza nell’ottica dello studio delle emissioni indirette, di quelle diffuse e della visione “integrata” dell’ analisi ambientale.
Dai dati estrapolati dai pareri dell’ATO 6 e della direzione Gestione rifiuti della Provincia, relativi al primo procedimento AIA, si legge che l’ attuale impianto di incenerimento è autorizzato per 37,5 ton/giorno per un quantitativo pari a 12.000 tonnellate l’anno. In base a questi dati, in fase di prima AIA, abbiamo osservato che all’impianto avrebbero gravitato giornalmente 16 autovetture e 2 semirimorchi a piano mobile. Ad oggi questi dati devono già considerarsi vecchi perché in quasi tutti i comuni serviti da AER spa è stato attivato, se pur in modo “zonale”, il Porta a Porta con conseguente aumento del numero dei mezzi.
Contemporaneamente si è venuto a creare anche un aumento dei rimorchi perché l’area dell’inceneritore - soprattutto in questo momento in cui si registra un “fermo impianto per manutenzione straordinaria” prorogato fino a giugno 2011- fa da stazione ecologica di recupero e deposito preliminare di rifiuti differenziati (pericolosi e non).
Comunque sia la capacità di trattamento del futuro impianto è prevista per 64.000 ton/annue (ATO6) o 68.500 ton/annue (secondo la Direzione Gestione Rifiuti) o 68.640 t/anno (di progetto). Ovvero circa 211 tonnellate/giorno per 325 giorni per 7800 ore/l’anno, 24 ore su 24, che comporta un traffico pesante a congiunzione con Casa Rota in numero di circa 9 mezzi scarrabili in andata e altrettanti in ritorno, a cui si devono aggiungere i mezzi necessari al trasporto materiali di consumo per abbattimento dei fumi di emissione dell’impianto, i mezzi necessari  per lo smaltimento delle scorie, ecc.
L’incremento previsto è impressionante dato che solo per i semirimorchi si passerebbe da 2 a c/a 9 mezzi al giorno, per un incremento del 450% in uscita dall’impianto, e del 143% in generale di traffico di autoarticolati (immettendone 18 in più (9 in andata e 9 in ritorno).
Occorre riflettere anche sul fatto che nei nuovi documenti di AIA 2010 sembrerebbe sparita l’eventualità di trattare l’indifferenziato “tal quale” della Val di Sieve direttamente all’impianto. Il che vuol dire che i mezzi in direzione da e per  Terranuova sono destinati ad aumentare rispetto alle valutazioni appena fatte.
Questi sono dati sicuramente impressionanti nell’ottica della “valorizzazione” da perseguire nel territorio della Val di Sieve.
Il dato è ancor più allarmante se si considera che il traffico suddetto non transiterebbe su  di  una strada “dedicata” all’impianto, come sarebbe auspicabile che fosse, ma lungo la Strada Statale 67.
Per entrare all’impianto i mezzi usufruirebbero di un “piazzale di manovra” ricavato sul  lato opposto all’impianto e adiacente alla linea ferroviaria.
Dalla Statale i mezzi entrerebbero nel piazzale e dovrebbero poi riattraversare la SS 67 per entrare all’impianto.  Stiamo parlando di una Strada Statale che attualmente ha un limite di velocità di 90 km/h.
Ovviamente tutte queste manovre incideranno notevolmente sulla viabilità del traffico attuale, in quanto la statale è transitata da turisti ma soprattutto da residenti che si spostano quotidianamente per lavoro o studio in entrambe le direzioni sia verso Dicomano che per Firenze.
In questo modo si subirebbero rallentamenti e inconvenienti inevitabili soprattutto nelle ore di punta, caratteristica delle zone in cui la percentuale del “pendolarismo” è molto alta.
Dato che trattasi di un impianto da realizzare, giova  ricordare che l’art. 4 c. 7 del D. Lgs. 133/05 invita a realizzare appositi collegamenti ferroviari al fine di ridurre l’impatto dei trasporti dei rifiuti destinati agli impianti.
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Relativamente alla vulnerabilità degli acquiferi, nel Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale si adottano quattro classi di vulnerabilità (1-classe E – vulnerabilità elevata; 2-classe A –vulnerabilità alta; 3-classe M – vulnerabilità media; 4-classe B – vulnerabilità bassa).
L’area oggetto dell’intervento ricade in classe E a vulnerabilità elevata, e per tale classe «dovrà essere evitato l’insediamento di infrastrutture e/o attività potenzialmente inquinanti: discariche di R.S.U., stoccaggio di sostanze inquinanti, depuratori, depositi di carburanti, pozzi neri a dispersione, spandimenti di liquami etc.» (dal: PTCP “Lo statuto del territorio – La protezione idrogeologica”, p. 4).
Nei terreni con vulnerabilità elevata deve essere rispettata la seguente prescrizione: «Nelle aree di classe E deve essere evitato l’insediamento di infrastrutture e/o attività potenzialmente inquinanti, ad es. discariche di R.S.U., stoccaggio di sostanze inquinanti, depuratori, depositi di carburanti, pozzi neri a dispersione, spandimenti di liquami etc. […]. Deroghe a queste limitazioni possono essere fatte solo in seguito a specifiche indagini geognostiche ed idrogeologiche che accertino situazioni locali di minore vulnerabilità intrinseca delle falde: a tal fine dovranno essere misurate la permeabilità di livelli posti al di sopra dell’acquifero, calcolando sperimentalmente il “tempo di arrivo” di un generico inquinante idroveicolato.» (“Lo statuto del territorio – La protezione idrogeologica”- pag. 4).
Il Piano Strutturale del Comune di Rufina non presenta uno studio sulla vulnerabilità degli acquiferi.
Nella sintesi non tecnica e relazione tecnica 2010 si dichiara che sul sito interessato dall’intervento « non sono state effettuate indagini ambientali, campionamenti ed analisi chimiche finalizzate alla valutazione dello stato di qualità del suolo, sottosuolo ed acque sotterranee ». (Relazione tecnica A.I.A.- cap. 6- p.160//All. 15 Punto 1).
Inoltre sempre nell’ All. 15, si afferma che il presente elaborato è stato redatto attraverso 2 tipi di analisi:
a)  informazioni di tipo geometrico: al fine di caratterizzare geometricamente le aree di intervento sono stati acquisiti sia gli elaborati di progetto, quali ad esempio le sezioni e le planimetrie, sia i rilievi topografici dello stato attuale;
b) informazioni geologiche, geotecniche e geognostiche: la caratterizzazione geotecnica ed idraulica dei terreni è stata in questa fase desunta dalle indagini geognostiche disponibili, realizzate nel 2003 a supporto della relazione geologica e geotecnica a firma del Dr. Geol. Marco Rustichelli. (ndr. committente relazione: Unieco scrl- per “progettazione 2° linea inceneritore “I Cipressi” ).
Si ricorda che detta relazione del Dott. Rustichelli doveva effettuare un maggior numero di campioni e a causa del cattivo stato del terreno, dovuto ad un periodo di pioggia intensa, i campionamenti effettuati sono stati di un numero minore.
Nell’ allegato 15 si tenta di dimostrare la minor vulnerabilità dell’acquifero agli inquinanti, giungendo, sembra, a conclusioni opposte. Intanto affermando che “per quanto attiene al rischio di inquinamento delle risorse idriche sotterranee, la loro tutela è realizzabile in sede di pianificazione del territorio mediante attività di previsione del rischio di inquinamento e di prevenzione e mitigazione dei suoi effetti”. Inoltre dicendo che “la pericolosità di inquinamento, ovvero la probabilità che un evento di contaminazione possa interessare un determinato settore di un acquifero entro un certo intervallo di tempo, è di difficile parametrizzazione a priori. Informazioni di tipo qualitativo possono essere ricavate dalle mappe della struttura del territorio, tenendo conto della distribuzione degli insediamenti potenzialmente inquinanti.
Più importante è la valutazione della vulnerabilità degli acquiferi, ovvero della suscettibilità dei corpi idrici sotterranei a subire un decadimento qualitativo in seguito al verificarsi di un evento di contaminazione. Il documento-base per pianificare le azioni di salvaguardia delle risorse idriche sotterranee è rappresentato dalla “Carta di vulnerabilità degli acquiferi” ovvero da una zonazione del territorio tale da evidenziare, in funzione delle caratteristiche dei terreni in superficie e delle condizioni idrogeologiche nel sottosuolo, la possibilità di penetrazione e diffusione di un inquinante nell’acquifero soggiacente”.
Oltre a dichiarare che “L’area indagata (ndr. in corrispodenza dell’impianto I Cipressi)  rientra in una zona dell’ elevata permeabilità, la cui falda libera è posta nelle alluvioni recenti con granulometria da grossolana a media senza o scarsa protezione.
Ricapitolando:
b-    non esistono indagini sullo stato attuale.
c-     le informazioni della relazione sono DESUNTE.
d-    per tutelare queste aree occorre prevedere, prevenire e mitigare.
e-     la pericolosità è di difficile parametrizzazione a priori.
f-      il documento base è la “ Carta di vulenarbilità degli acquiferi” (redatta del PTCP).
Quindi non si capisce come si possa affermare che “ Siamo quindi in presenza di un acquifero con Alta Vulnerabilità intrinseca; vulnerabilità significativamente
minore rispetto a quanto individuato nell’ambito del PTCP, usando solo calcoli matematici per di più desunti quando il PTCP attraverso la “Carta dei vulnerabilità degli acquiferi” individua l’area con Vulnerabilità Elevata.
Per quanto riguarda il modello utilizzato per i calcoli matematici si può prendere come termine di paragone il metodo “SINTACS” (metodo adottato sia dalla Regione Toscana che da CNR) che tiene conto anche della tipologia di tutti i possibili inquinanti che possono penetrare nella falda. Un esempio per tutti sono gli additivi che inevitabilmente devono essere aggiunti all’acqua della caldaia per preservare le apparecchiature e che hanno tipicamente un’alta capacità di penetrazione nel terreno così come tutti gli altri composti chimici usati per il trattamento dei fumi e che in caso di incidente possono andare dispersi.
A tale proposito si legge nell’All. 13 (AIA 2010)  – punto 1.7.: «L’impianto in esame non darà origine a scarichi di acque reflue tipo industriali, non sono quindi previste attività di monitoraggio delle emissioni in acqua ai sensi del D. Lgs. 152/06.».
Va però considerato che il rischio ambientale è connesso all’attività di emissione di microinquinanti che per caduta o indirettamente per dilavamento del terreno possono raggiungere la falda acquifera e i corsi d’acqua.
Inoltre andrebbe chiarito perché nella figura 4.2.5 (Rel. Tec.) dalla vasca di “accumulo delle acque industriali” si possa passare alla vasca “lavaggio suoli” ( processi industriali straordinari) e in seguito alla vasca “preaccumulo acque di prima pioggia” dove, da qui in poi, il sistema segue il percorso delle acque di pioggia e di conseguenza finisce per essere scaricato in SIEVE, quando a pag. 103 si precisa che “il sistema darà origine a soli scarichi di acque meteoriche al recapito finale, individuato nel fiume Sieve”!!!
Inoltre notiamo che nello stesso schema del bilancio idrico sono indicate diverse perdite di cui non si conosce la destinazione finale.
I monitoraggi sono stati previsti con frequenza semestrale e con prelievi dai 2 pozzi esistenti all’interno del perimetro dell’impianto e da 2 piezometri ubicati a nord-est rispetto allo stesso senza prendere in considerazione le acque sotterranee.
Se così fosse mancheranno del tutto i dati relativi al monitoraggio a valle dell’impianto e anche se gli enti si troveranno d’accordo per realizzare un 3° punto di campionamento, a valle, la frequenza semestrale ( 2 volte all’anno) e 1 punto solo a valle, dove si trova anche l’acquedotto di Pontassieve, non ci sembra che quest’unica misurazione possa essere sufficiente garanzia  per la salute dei cittadini.
>30<
In sede di VIA, nella nota in data 5 luglio 2006, prot. n. 147161 l’autorità competente, raccogliendo le indicazioni di ARPAT, rivolge alla proponente la richiesta di integrazioni racchiusa nel seguente quesito:“Dovrà essere indicata la fonte del materiale inerte previsto in ingresso all’impianto (percentuale progettuale indicata tra il 26-30%), fornendo informazioni sulla possibilità di un pretrattamento finalizzato all’eliminazione o riduzione di tale inerte”.
Con doc. n. 5226-0001A, pag. 8, del dicembre 2006, la proponente risponde, anzi, come vedremo nel seguito, non risponde scrivendo:
“Considerando che il quantitativo maggiore di rifiuti proverrà dall’impianto di selezione RSU, la percentuale di inerti non combustibili presente nella frazione secca avviata alla combustione sarà di circa il 20% (compreso tra 18% e 22%). Il dimensionamento dei sistemi di trattamento e raccolta della frazione inerte a valle della combustione è stato effettuato, in via cautelativa, con la percentuale del 26¸30. Il trattamento per la riduzione degli inerti e la eliminazione dei metalli è previsto nell’impianto di Terranuova Bracciolini”.
L’integrazione della proponente manifestamente NON contiene affatto gli approfondimenti richiesti in quanto non indica:
1)    né la fonte del materiale inerte, suddiviso per i due flussi di conferimento, ovvero da Rifiuti Solidi Urbani selezionati dell’impianto di Terranuova Bracciolini e Rifiuti Solidi Urbani indifferenziati provenienti dalla raccolta differenziata in Val di Sieve;
2)    né la possibilità di realizzare un PRE-trattamento finalizzato alla riduzione o alla eliminazione dell’inerte.
La Conferenza di Servizi, nella seduta del 5 aprile 2007, analizza quella che doveva essere l’integrazione richiesta; il Dirigente del Servizio VIA accerta che “la ditta non ha risposto al quesito posto da questa Direzione” e rivolge alla proponente, per la seconda volta, la richiesta di approfondimenti integrativi su indicazione della Conferenza di servizi (cfr. verbale della seduta del 5 aprile 2007, pag. 8).
Nell’agosto 2007 la proponente, sottraendosi ancora una volta al quesito, risponde così: “A completamento dell’informazione si sottolinea che il materiale inerte in ingresso all’impianto è contenuto nei rifiuti conferiti:
-         rifiuti conferiti da selezione dell’impianto di Terranuova Bracciolini. L’impianto è progettato per la riduzione del contenuto di inerti e la eliminazione del materiale ferroso del rifiuto in ingresso. Tuttavia una percentuale di inerti rimarrà anche nel rifiuto trattato;
-         rifiuti conferiti come rifiuti urbani a valle delle raccolte differenziate. Tali rifiuti contengono seppure (sic nel testo, ndr) una frazione di rifiuti in combustibili.
-         Si conferma che al fine del dimensionamento dell’impianto e dei vari sottosistemi si è ritenuto opportuno adottare un dato progettuale conservativo fra il 26% e il 30%”.
Balza chiaramente dal brano testé riportato che la proponente non dà una indicazione della percentuale di eliminazione degli inerti da parte dell’impianto di Terranuova Bracciolini, con la conseguenza che non è oggettivamente possibile valutare l’effettivo contenuto di inerti nella frazione combustibile conferita ad incenerimento. Così operando, la proponente elude la domanda di integrazione ossia non ottempera ostinatamente alla richiesta formulata.
Nel progetto definitivo in sede di nuova AIA, la proponente non risolve il problema e conferma che la composizione chimica (stimata) destinata a combustione conterrà una percentuale in peso di inerti del 30,10% ( pag. 29 Rel. Tec.). La Provincia non deve concedere l’autorizzazione integrata ambientale, mancando ogni previsione di pretrattamento finalizzato alla eliminazione sia del materiale inerte in arrivo dall’impianto di Terranuova Bracciolini sia di quello proveniente dall’area della Valdisieve ovvero una “metodica ed una serie di azioni articolate e strutturali per la riduzione a monte di tale materiale”.
>31<
Come già accennato, nei documenti presentati ai fini di AIA, si scrive:non sono state effettuate indagini ambientali, campionamenti ed analisi chimiche finalizzate alla valutazione dello stato di qualità del suolo, sottosuolo ed acque sotterranee “ (Relazione tecnica A.I.A.- cap. 6- p.160//All. 15 Punto 1). In questo modo si contravviene anche alle finalità del D. Lgs n. 351/1999 "Attuazione della direttiva 96/62/CE in materia di valutazione e di gestione della qualità dell'aria ambiente"  tra cui all’art 1, comma d): “ mantenere la qualità dell’aria ambientale, laddove è buona, e migliorarla negli altri casi.” Senza uno studio che dimostri lo stato attuale ed effettivo del sito di progetto, in relazione all’inquinamento, è difficile poter stabilire se la qualità dell’aria è buona o da migliorare. In entrambi i casi non dovrebbe essere peggiorata. A proposito va ricordato che il D. Lgs. 152/2006 all’art. 29-ter, comma 1, elenca le informazioni che la domanda di AIA deve contenere, fra cui, alla lettera d), “lo stato del sito di ubicazione dell’impianto”.
>32<
Per quanto riguarda i rifiuti che il proponente intende conferire al nuovo impianto di Rufina si dichiara che saranno esclusivamente rifiuti urbani pretrattati, dato che nessun accenno viene fatto alla possibilità di incenerire altre tipologie di rifiuti.
Tuttavia, nella descrizione del ciclo produttivo della Relazione Tecnica AIA, a pag. 6, si legge: “Il progetto contempla il trattamento e lo smaltimento di frazione combustibile derivante da selezione di RSU ed altri rifiuti assimilabili agli urbani quali cimiteriali e altre tipologie selezionate ed autorizzate di rifiuti assimilabili agli urbani...”
Pertanto si deduce con chiarezza che il proponente intende incenerire, oltre alla frazione combustibile secca di RSU, anche altre tipologie di rifiuti, dei quali non viene specificato se prima di essere bruciati all’impianto subiranno una eventuale selezione a Terranuova oppure se già differenziati in quanto “rifiuti speciali” e quindi conferiti dal produttore al gestore pubblico già suddivisi ( art. 221, comma 2 – D. Lgs. 152/2006 ).
A Pag. 25 della R.T. si legge che tra gli obiettivi c’è: “ il trattamento e lo smaltimento di frazione combustibile derivante da selezione di RSU ed altri rifiuti assimilabili agli urbani quali speciali, cimiteriali e altre tipologie selezionate ed autorizzate di rifiuti assimilabili agli urbani.
Come abbiamo già accennato i rifiuti assimilabili agli urbani e quindi definibili “speciali” dovrebbero essere conferiti al servizio pubblico già separati. Quindi se è stato precedentemente differenziato perché non indirizzare questa tipologia al riciclaggio e al recupero invece di bruciarlo?
Lo sforzo fatto dalle aziende viene in questo modo annullato e viene annullato anche quello fatto dai cittadini che diligentemente suddividono i loro “rifiuti” perché vengano considerati una risorsa quando poi vedono bruciare le stesse tipologie di rifiuto relative agli assimilati ( condividendo pure le spese generiche della TIA che sono suddivise in base sia agli RSU che agli assimilati).
>33<
Per quanto riguarda la fossa, ci sembra del tutto vago il riferimento che “durante il fermo impianto non programmato. Entro 24 ore si decide, in base a tempistiche di riavvio, se procedere o meno alla svuotatura della fossa”, rispetto a quanto dichiarato nella relazione AIA del 2007 in cui il tempo per la permanenza dei rifiuti in fossa doveva essere inferiore alle 48 ore. In questo caso non ci è dato sapere quanto sarà il limite massimo delle ore di permanenza dei rifiuti. Inoltre chiediamo se l’area della fossa dei rifiuti è dotata di sistemi di rilevazione e sistemi automatici di spegnimento ad acqua per la protezione contro gli incendi ( D.M. 29 gennaio 2007).
>34<
Di fronte al problema dell’aumento della quantità dei rifiuti, dell’introduzione sul mercato di materiali e sostanze chimiche sempre nuove che vanno ad incrementare il livello di tossicità dei rifiuti stessi, e del progressivo esaurimento della possibilità di stoccaggio nelle discariche, occorrerebbe innanzitutto promuovere azioni efficaci per la Riduzione, il Riciclo, il Riuso ed il Recupero (politica delle R) in linea con le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), con le Direttive comunitarie in merito e con il Rapporto conclusivo della Commissione per le migliori tecnologie di gestione e smaltimento dei rifiuti” del 20 aprile 2007.
Strumento cardine per avviare un processo virtuoso in tale direzione è l’immediata attuazione di una Raccolta Differenziata con il metodo Porta a Porta e con l’applicazione di tariffa puntuale che rispetti il principio di: “ chi più inquina più paga”, attraverso la quale si incentivano comportamenti virtuosi.
La scelta dell’incenerimento dei rifiuti, fra tutte le alternative possibili, risulta la più costosa e la meno rispettosa dell’ambiente e della salute, come nel seguito sintetizzato:
a) Studi epidemiologici su vasta scala hanno evidenziato tassi più elevati di cancro negli adulti e nei bambini e difetti alla nascita per coloro che abitano intorno agli inceneritori. Indagini più circoscritte e una copiosa mole di ricerche attinenti supportano questi risultati, indicano una relazione causale ossia un nesso eziologico e attestano l’implicazione di una serie molto più ampia di malattie.
b) Ricerche recenti (in maggior parte posteriori al 2002, anno di approvazione del Piano vigente per la gestione dei rifiuti della Provincia di Firenze, comprendente anche l’inceneritore nel Comune di Rufina) hanno dimostrato che l’inquinamento da polveri, specialmente quello da polveri fini (o nanopolveri - PM2,5) - tipico delle emissioni degli inceneritori – contribuisce in misura rilevante all’insorgenza di patologie cardiache, di cancro del polmone e di una gamma di altre malattie, causando un aumento lineare nella mortalità.
In realtà gli inceneritori sono produttori di polveri ed il loro uso non può essere più giustificato oggi, quando risultano accertate l’elevata tossicità e cancerogenicità delle polveri fini.
c) Tra gli altri inquinanti emessi dagli inceneritori sono ricompresi i metalli pesanti e una ampia varietà di composti organici che comprendono sostanze cancerogene conosciute, interferenti endocrini e sostanze che possono legarsi ai geni, alterare il comportamento, danneggiare il sistema immunitario e diminuire l’intelligenza. I pericoli che comportano sono lampanti. 
d) L’incenerimento riduce il volume dei rifiuti soltanto del 30-50% e dà origine a elevate quantità di ceneri leggere, tanto più tossiche quanto più sono efficaci i metodi di riduzione delle emissioni in atmosfera. Non esistono sistemi adeguati e sicuri per lo smaltimento di queste ceneri.
e) La preoccupazione più grande proviene dagli effetti a lungo termine delle emissioni degli inceneritori, in particolare sugli organismi in via di sviluppo (embrione, feto e neonato) con la possibilità di mutazioni genetiche trasmissibili alle generazioni successive.
f) L’incenerimento dei rifiuti è proibitivamente costoso specie se si tiene conto dei costi per la salute. Le cifre della Commissione UE indicano che un inceneritore da 120.000 t/a porterebbe ad un danno per la salute e l’ambiente pari a circa 20.000.000 di Euro all’anno.
     Recenti dati americani hanno indicato che il controllo rigoroso dell’inquinamento dell’aria ha fatto risparmiare, viceversa, decine di miliardi di dollari l’anno in costi per la salute.
g) La diffusione degli inquinanti prodotti dagli inceneritori - in particolare PM 2.5 e particolato ultrafine, diossine, furani, metalli pesanti - non conosce limiti geografici perché fortemente influenzata da fattori meteorologici e le particelle sono bioaccumulabili e si trasmettono per via alimentare. Non dimentichiamo che il territorio della Val di Sieve è caratterizzato da una forte e importante vocazione agricola nei settori vitivinicolo, olivicolo e zootecnico,  nonché turistica. La Val di Sieve, come dice il nome,  è caratterizzata da una valle stretta che non permette la dispersione corretta degli inquinanti anzi, oltre a incanalarsi verso i centri abitati di Pontassieve, Pelago e Rufina, le abitazioni a mezza costa che si trovano su entrambi i versanti della Valle saranno costantemente investite dai fumi dato che il camino non supera la sommità delle colline circostanti.
h) Né i limiti di legge, né i controlli che si eseguono in ottemperanza ad essi tengono conto degli effetti di dosi basse o bassissime e a lungo termine. In recenti ricerche si è accertato che solo nelle condizioni suddette, per alcuni inquinanti, si verificano gli effetti cancerogeni e mutageni.
i) L’incenerimento dei rifiuti è particolarmente insidioso e infido perché il suo massimo impatto tossico aggredisce i soggetti più deboli, più vulnerabili e più indifesi: embrioni, feti, neonati, bambini, anziani, malati e soggetti con elevata sensibilità alle sostanze chimiche.
L’osservazione circa gli effetti esiziali sulla salute umana e sulle colture delle polveri sottili ha trovato recentemente clamorosa autorevole conferma. L’AGENZIA EUROPEA DELL’AMBIENTE (E.E.A.), organismo dell’UNIONE EUROPEA, ha pubblicato la “Quarta Valutazione dell’Ambiente” sullo stato della qualità dell’aria sia in Europa che nel Caucaso e in Asia Centrale.
In detto Rapporto l’Agenzia Europea ha messo in luce “(…) come una politica ambientale improntata sull’abbassamento dei limiti dei fattori inquinanti come ad esempio le polveri sottili (PM10 e PM2.5) possa essere un passo fondamentale per la riduzione del numero di morti premature, dei ricoveri ospedalieri e aumentare le aspettative di vita media” (fonte ARPAT news, 5 dicembre 2007, n. 191-2007).
L’anzidetto organo di informazione dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana così aggiunge: I risultati della ricerca sono che riducendo il limite massimo di esposizione alle P.M. 2,5 da 25 mm/m3, valore fissato nella direttiva sulla qualità dell’aria (CAFE) a 15 mm/m3, il numero dei decessi diminuirebbe di tre volte, mentre, portando il limite a 10 mm/ m3, la diminuzione sarebbe di 5 volte passando da 22.000 morti a 4.400” (ARPAT news, ibidem).
>35<
Nella descrizione del progetto del nuovo impianto ed in particolare nella sezione “trattamento  fumi di combustione” (punto 2.2.3.4. R.T.), A.E.R. Impianti ha previsto l’impiego di carbone attivo per “un primo abbattimento” delle diossine e dei metalli pesanti presenti nei fumi.
L’iniezione dei carboni attivi nei fumi è sicuramente uno dei metodi per ridurre la presenza di diossine e metalli pesanti nelle emissioni, ma sposta il problema dai fumi ai carboni attivi che a loro volta finiscono nelle ceneri che si arricchiscono dei suddetti inquinanti e diventano rifiuti tossico-nocivi, ossia pericolosi.
Si viene a creare in tal modo un ulteriore problema derivante dallo stoccaggio e smaltimento dei suddetti rifiuti.
A ciò si deve aggiungere che anche il carbone attivo presenta una certa quantità di polveri sottili che arricchite di metalli pesanti e diossine vengono immesse in atmosfera e di conseguenza vengono inspirate dalle popolazioni.
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OSSERVAZIONI   RELATIVE  ALLA  RELAZIONE  AIA:
CAPITOLO 1
“INQUADRAMENTO URBANISTICO E TERRITORIALE DELL’IMPIANTO IPPC”
>36<
1.1 Descrizione del sito
A pag 11 viene scritto “L’area presenta attualmente un assetto antropizzato, dovuto alla presenza di alcune fabbriche, aziende agricole e viti - vinicole, insediamenti civili ed annesse coltivazioni agricole in parte abbandonate ed in parte mantenute in piena efficienza (impianti a vite e ad olivo, mais, ecc.)”.
Considerando solo l’area nelle immediate vicinanze dell’impianto appare evidente che vi siano elementi che la possono far configurare come “antropizzata”, ma se consideriamo un raggio più ampio, come dimostra la figura di pag. 12 e anche di pag. 14, ci si rende conto come l’uso del suolo, per un raggio di 3 km. intorno al nuovo impianto, sia completamente a vocazione agricola e boschiva ( per i dettagli vedere la figura suddetta nella R.T.).
Nel caso dell’inceneritore dobbiamo anche dire che sorge “solitario” in piena campagna-bosco tra la Sieve e la SS 67 (foto sotto), e se quello attuale è ormai nella “visuale comune” per coloro che passano da lì, il previsto futuro impianto, che sarà completamente diverso, più grande ecc, non passerà certo inosservato!
A pag. 13 si legge: ” In base alla “Carta della struttura” (parte integrante del Quadro Conoscitivo), l’area di progetto risulta contornata da aree a diversa destinazione (vigneti, oliveti, aree boscate, corsi d’acqua, …).  Come si vede nella figura seguente, il sito di progetto è classificato come “Area urbanizzata (Impianto di trattamento termico dei rifiuti”.
Quanto sopra si riferisce ad un “PTCP” che ancora non è in vigore. Infatti è in corso un aggiornamento e una Valutazione Integrata e ad oggi risulta solo una Delibera (68 del 30/03/2009) che approva il preliminare del Piano.
Il PTCP attualemente vigente è quello che si trova al link: http://www.provincia.fi.it/conosci-la-provincia/sit/cartografia-tematica/ - così come si evince dalla risposta del Garante della comunicazione in merito ad un quesito da noi posto: “Il procedimento di revisione del Ptcp è tuttora nella fase della valutazione integrata. I documenti preliminari sono stati sottoposti ai soggetti invitati a presentare osservazioni ed è in corso l'acquisizione di valutazioni da parte dei Comuni e delle Comunità Montane. Successivamente a questa fase preliminare di consultazione dei soggetti istituzionali l'Amministrazione provvederà a dare ampia informazione su tali passaggi. Dopo l'adozione si aprirà la consultazione e partecipazione pubblica”.
Da quanto si può vedere anche dalla tavola che segue, ripresa dal PTCP - Statuto del Territorio-, non risultano ampliamenti in merito, ma solo che siamo in un area che risponde all’art. 24 ( servizi e attrezzature a livello prov. e reg. esistenti- color azzurro-), che il perimetro in nero, circoscritto solo all’area attuale, si riferisce all’art. 21 (aree di recupero e/o di restauro ambientale).
Semmai che nelle immediate vicinanze vi sono dei siti e manufatti di rilevanza ambientale e storico-culturale, puntuali, non vincolati ( art. 13), siamo in “area sensibile” già vulnerata da fenomeni di esondazione e soggette a rischio idraulico ( art. 3), ci sono 2 siti da bonificare  (art. 29).
legenda:
                 
>37<
1. 2. ANALISI DEGLI STRUMENTI  DI  PIANIFICAZIONE
URBANISTICA E TERRITORIALE
Tra i vari strumenti di pianificazione presi in riferimento non si fa alcun accenno al PIT di recente approvazione. 
Come si può vedere nella figura sotto tutta l’area di progetto fa parte delle “Aree tutelate per legge (D. Lgs 42/2004, art. 142).
In questo caso le zone blu sono relative ai fiumi, torrenti, corsi d’acqua e relative sponde o piedi degli argini (cartografie consultabili al link della Regione Toscana: http://www.regione.toscana.it/regione/export/RT/sitoRT/Contenuti/sezioni/ambiente_territorio/paesaggio/rubriche/visualizza_asset.html_1387365722.html ).

Nell’Ambito del Mugello ( allegato A, elaborato 2, sezione 3 del PIT), per quanto riguarda la Val di Sieve, si dice: “I caratteri ambientali che contraddistinguono la val di Sieve sono improntati da un notevole livello di naturalità e si identificano in paesaggi aperti e panoramici, con grandi zone verdi che richiedono una politica di gestione territoriale in grado di salvaguardare il territorio nei suoi valori di insieme”….. “In Val di Sieve le aree collinari e basso montane che degradano verso la Sieve e L’Arno sono caratterizzate da un patrimonio edilizio notevole, sia per qualità che per quantità, intensamente riutilizzato e quindi soggetto a trasformazioni, a volte anche incongrue, che tuttavia hanno permesso nel complesso la permanenza di un’immagine paesistica ben curata”……. Il territorio della Val di Sieve presenta caratteri ambientali improntati da un notevole livello di naturalità”. Gli “obiettivi” previsti per salvaguardare il territorio sono: “Conservazione e recupero dei caratteri ambientali della Val di Sieve al fine di non alterare il rapporto di continuità ecologica e paesistica con il sistema insediativo”. E ancora, le “azioni” per la salvaguardia e la tutela sono: “La pianificazione provinciale fornisce i quadri conoscitivi e identifica gli ambiti del territorio della Val di Sieve al fine del recupero dei caratteri ambientali delle fasce pedemontane a corona della valle, delle aree collinari e dei terrazzi più antichi, e delle pianure alluvionali recenti. Inoltre definisce indirizzi di valorizzazione dei valori riconosciuti. La pianificazione comunale, anche in riferimento ai contenuti del PTC, individua gli elementi distintivi e perimetra le aree caratterizzanti la struttura ecologica ambientale della Val di Sieve. Le politiche di settore promuovono ed incentivano la conservazione e la valorizzazione degli ambiti così definiti.” (ndr. neretto e sottolineature del redattore).
Non vediamo come tutti questi bei propositi del PIT ( ripresi dal PS del Comune di Rufina) possano essere raggiunti costruendo un impianto di questo tipo con le caratteristiche meglio descritte in altri punti delle suddette osservazioni.
Anche in questo caso non concordiamo col proponente che dichiara che il progetto è conforme al PIT in quanto ha del tutto omesso di prenderlo in considerazione, ed in particolare con le disposizioni dello statuto del territorio riguardanti il “patrimonio collinare” (di cui la Val di Sieve fa parte), le “infrastrutture di interesse unitario regionale” ed i “beni paesaggistici”.
Anche il TAR, individua come corretta l’affermazione per cui la zona dell’inceneritore ricade nell’ “ambito del patrimonio collinare” del PIT e cita il paragrafo 6.4 del documento di piano dove si legge che la localizzazione dei grandi impianti tecnologici finalizzati al trattamento di rifiuti deve essere la “più efficiente e paesaggisticamente compatibile”.
>38<
1. 2. 2.  Piano Strutturale del Comune di Rufina
A pag 15 della Relazione Tecnica si dice: “Fra gli obiettivi strategici posti a base del Piano figura anche la “valorizzazione produttiva come integrazione dei settori agricoli, turistici, terziari, e come qualificazione dell’offerta industriale”.
In effetti anche il Piano Strutturale stesso del Comune di Rufina, nella disciplina e statuto dei luoghi, all’Art. 6- Strategie del Territorio dichiara: “La strategia di governo del territorio si basa sulle finalità generali della pianificazione definite dalla LR 5/95 (ndr. ora L.R.1/2005) in quanto tese allo sviluppo sostenibile, inteso come “lo sviluppo volto ad assicurare uguali potenzialità di crescita del benessere dei cittadini e a salvaguardare i diritti delle generazioni presenti e future a fruire delle risorse del territorio” (art. 1, comma 2).”
E ancora: “Tramite i propri atti di pianificazione, il Comune di Rufina intende assicurare la conservazione e l’arricchimento delle risorse territoriali, in modo da affidarle integre e valorizzate alle generazioni future. Per questi obiettivi, il Piano Strutturale definisce e conosce le risorse del territorio, detta indirizzi per la gestione orientando l’uso delle risorse secondo criteri di equità distributiva, di risparmio, di trasformazione controllata e tale da non comportarne distruzione, danno o riduzioni significative e irreversibili”.
Inoltre: “I caratteri fondativi del territorio comunale che sono oggetto della strategia di valorizzazione sono la qualità ambientale-paesistica, la presenza di accumulazioni storiche stratificate, la produzione agricola di alta qualità, l’appartenenza - con il mantenimento di propria identità - a un vasto ambito urbano-rurale legato all’area metropolitana fiorentina che permette il godimento dei valori ambientali e l’accessibilità ai servizi di livello superiore.” (ndr. neretto e sottolineature del redattore).
Non è possibile che un impianto insalubre di prima classe, appartenente agli impianti IPPC, possa rispettare gli obiettivi strategici del piano strutturale del Comune di Rufina valorizzando la produttività agricola, turistica, ecc.
>39<
1. 2. 5. 1.  Stralcio Assetto Idrogeologico (PAI)
A pag 19 si dice: “La Tavola “Perimetrazione delle aree con pericolosità idraulica, livello di dettaglio” esclude l’area occupata dall’attuale impianto di termovalorizzazione da quelle soggette a pericolosità idraulica, ma inserisce la restante porzione interessata dall’ampliamento dell’impianto all’interno delle classi di pericolosita piu elevate (PI4: pericolosità molto levata; PI3: pericolosità elevata; PI2: pericolosità media).” ( foto sotto).
Non è chiaro guardando la figura come possa essere possibile classificare l’area dell’attuale impianto con nessuna pericolosità, in un contesto dove l’area circostante presenta pericolosità elevata e molto elevata. Tra l’altro l’area del futuro impianto non si limita a quel “quadratino” bianco (in foto), ma si spinge sia verso il fiume che verso la casa colonica “ Il torraccino”.
Anche se così fosse perché l’impianto è poggiato su un livello più alto rispetto al  piano di campagna e protetto dal muro, non è comunque prudente continuare a costruire queste tipologie di impianti fortemente inquinanti in zone paludose ( come l’impianto di Acerra in loc. Pantano), sulle sponde dei fiumi, in zone a rischio sismico 2 e in generale in tutte quelle aree in cui si potrebbero verificare “incidenti e disastri ambientali” che purtroppo non sono tutti calcolabili ed evitabili.
E in Italia ne sappiamo qualcosa, visto che ad ogni calamità naturale un po’ più violenta o duratura ( pioggia, neve, vento che sia), le cronache dei giornali si riempiono di notizie che purtroppo ne elencano i danni: persone che rimangono uccise o ferite, edifici crollati, sostanze inquinanti che finiscono in mare o nei fiumi, ecc ecc ecc.
>40<
1. 2. 5. 2.  Stralcio Rischio idraulico
A pag 19 si dice: “La “Carta guida delle aree allagate redatta sulla base degli eventi alluvionali significativi (1966-1999)inserisce l’intera area fra quelle “interessate da esondazioni ricorrenti”, la “Carta degli interventi strutturali per la riduzione del rischio idraulico nel bacino dell’Arno” perimetra l’area fra le “ aree golenali”, mentre la “ Carta delle aree di pertinenza fluviale dell’Arno e degli affluenti” inserisce il sito fra le “aree di pertinenza fluviale”. (ndr. neretto e sottolineature del redattore).
Non è chiaro nè ammissibile che si possa costruire un impianto in un’area già interessata da eventi alluvionali così significativi.
Anche le misure di mitigazione adottabili oltre a essere dispendiose non sono funzionali nel lungo periodo in quanto l’area di scavo (autorizzabile solo in deroga su specifica autorizzazione dell’autorità di bacino essendo l’area  soggetta al divieto di asportazione dei materiali inerti) realizzata in area golenale  allo scopo di recuperare volumi di esondazione, verrebbe dopo breve tempo reinterrata essendo posta in zona di deposito vanificando l’intervento e ponendo in pericolo di esondazione le aree limitrofe.
>41<
1. 3. 2. Piano Interprovinciale gestione rifiuti
Per quanto riguarda il Piano Interprovinciale ribadiamo che il piano è solo nella sua fase preliminare, come ci scrive il Garante della Comunicazione Dott. Gianfrancesco Apollonio: “il lavoro preliminare avviato si situa nella fase 1) dell'Iter. Il Piano è ancora da predisporre, la fase 4) a cui lei fa riferimento non è imminente e solo nei momenti successivi, dei quali sarà data puntualmente e ampiamente notizia, si entrerà nella fase pubblica di partecipazione.”
In questa fase sono già state richieste delle modifiche dagli Enti autorizzati, dopo si passerà alle osservazioni dei cittadini e quindi alla redazione del Piano vero e proprio.
Ad oggi è in atto una VAS e una Valutazione Integrata. Attualmente si è in attesa che il Piano venga “adottato” dai Consigli Provinciali di Firenze, Prato e Pistoia, dopo di ché ci sarà un periodo di 60 gg. in cui i cittadini potranno fare le Osservazioni e la Giunta dovrà esprimere un parere obbligatorio e vincolante sulla conformità del Piano ai contenuti del Piano Regionale e alla normativa vigente in materia di rifiuti, raccomandando o prescrivendo le modifiche da apportare ( ex art. 12, comma 7 della L.R. 25/98).
In seguito l’autorità competente svolgerà l’istruttoria valutando le osservazioni e la documentazione pervenuta ed esprimerà il proprio parere motivato entro 90 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni. Da questa fase passeranno altri mesi per arrivare alla conclusione e all’approvazione finale con pubblicazione sul BURT.
Oltre a questo c’è da considerare che il Piano Regionale, che dà le indicazioni per la redazione dei Piani Interprovinciali, risale ormai al 1998 e non vi è dubbio che anch’esso dovrebbe essere aggiornato alle indicazioni di Leggi e Direttive più recenti, dati e tecnologie più aggiornate.
In questo contesto c’è il rischio che si vada ad approvare un progetto che si potrebbe rivelare inutile, non gestibile da un punto di vista di costi-benefici, non sostenibile da un punto di vista socio-economico-ambientale.
La programmazione deve infatti aggiornarsi ai nuovo obiettivi ponendo soluzioni alle problematiche principali che caratterizzano il ciclo dei rifiuti locali:
o   mancanza di strumenti per ridurre i rifiuti,
o   strategia,
o   abolizione CIP6 per incenerimento,
o   obiettivo minimo di legge 65% RD,
o   nuove norme che limitano al massimo l’assimilazione tra rifiuti urbani e speciali,
o   diffusione dei sistemi di tariffazione puntuale,
o   autosufficienza nuovi ATO soprattutto con impianti di compostaggio , riciclo e recupero,
o   incremento della detossificazione dei rifiuti.
Sicuramente sfide che non possono essere raccolte da un Piano “che si appoggia ai piani provinciali pregressi, vetusti ed agli impianti già previsti in tali piani (in prevalenza termodistruttori e discariche) senza mai contemplare ad esempio gli impianti di riciclo, che rappresentano un elemento cardine del ciclo integrato dei rifiuti e di cui l’ATO è profondamente carente.
E’ prevedibile che per raggiungere le finalità preposte, il Piano debba aggiornarsi e rivedere anche la programmazione impiantistica alla luce della nuova analisi  merceologica dei rifiuti, strategie generali e previsioni impiantistiche.
Pare evidente che il presente progetto potrebbe non essere necessario con la nuova configurazione degli ATO, l’impianto non è baricentrico, è lontano dalle zone di maggior produzione di rifiuti, prevede dei costi di trasporto altissimi per chiudere il ciclo dei rifiuti previsto (circa 110 km tra conferimento (cassonetti), selezione (Terranuova fuori ATO), termodistruzione (Rufina), smaltimento ceneri (Figline Valdarno). Il fatto che si tratti non di un’ isola ecologica, ma della ricostruzione di un impianto di termodistruzione dal rilevante impegno economico (ma posto all’ultimo posto tra le priorità da sviluppare dopo Riduzione, Riciclo, Riuso) si presume debba attendere l’effettiva congruità al Piano Interprovinciale in divenire, evitando di mettere il carro davanti ai buoi.” ( sintesi elaborata dal testo: “Errori e prospettive nella gestione dei rifiuti in Provincia di Firenze” di  Larini ).
Precisiamo che la discarica “Le Borra” di Figline è ancora da realizzarsi.
Attualmente la scelta del sito per la discarica Le Borra è messa in discussione perché situata anch’essa in un area non idonea geomorfologicamente e quindi sottoposta sia ad ulteriori indagini, che ad oggi confermano la non idoneità a ricevere le ceneri pericolose e non dell’inceneritore “I Cipressi”, sia alle contestazioni di cittadini e Amministratori che denunciano l’inidoneità del sito prescelto (si veda a riguardo il documento di Simone Tommasini - Professore Associato - Università degli Studi di Firenze - Dipartimento di Scienze della Terra - Allegato 2).

>42<
Per quanto riguarda gli obiettivi che si è data la Regione Toscana con il PRS 2006/2010, in cui si prevede la riduzione del 15% dei rifiuti ai dati del 2004, e i dati effettivi riportati da ARRR (ente certificatore) della produzione dei rifiuti e relativa percentuale di RD ( rispetto ai 13 comuni serviti da AER per i quali è stato progettato questo nuovo impianto), si ha:
Partendo dal dato del 2004, “imposto” dalla Regione Toscana con relativa riduzione del 15%, i 13 comuni dovrebbero “tendere” ad una produzione di rifiuti di circa 62.055 t/anno, ai quali va tolto il 65% entro il 2012 di RD.
In questo modo rimangono 21.719 t/anno di indifferenziati ( se invece di limitarsi agli obblighi di legge, si attiva il Porta a Porta su tutto il territorio, nei 13 comuni, arrivando ad una differenziata dell’85% - che non è lontana dai risultati ottenuti attualmente, dove viene fatta- l’indifferenziato scende addirittura a 9.308 t/anno!). Dell’ indifferenziato che rimane è recuperabile ancora una buona parte ( intorno al 70% ).
Questo fa ulteriormente scendere la cifra a circa 6.516 t/anno ( oppure a 2.793 t/anno se si parte da una RD iniziale dell’85% ).
Vuol dire che con gli obiettivi che si era imposta la Regione Toscana, attivando il Porta a Porta e avendo a disposizione impianti a freddo (TMB/Vedelago), i rifiuti indifferenziati da mandare eventualmente in discarica ( per rifiuti “non-pericolosi”) sono 3.000/7.000 t/anno,  contro le circa 21.000 t/anno di scorie e ceneri che in parte vanno in discarica per rifiuti speciali pericolosi.
Tutto questo non giustifica un nuovo impianto con capacità di 68.640 t/anno e rende inutile anche l’attuale!
Per i meno ottimisti il nuovo progetto non è giustificabile neanche se ci fermassimo alla sola percentuale di RD del 65%, alla quale dobbiamo arrivare obbligatoriamente entro il prossimo anno, perché la quantità di indifferenziato da conferire in discarica senza termodistruzione sarebbe la stessa delle scorie e ceneri pericolose prodotte dal  nuovo inceneritore; nel primo caso però si scongiurerebbero le emissioni inquinanti e lo smaltimento di rifiuti pericolosi, preservando ambiente e paesaggio.
>43<
Si ricorda come nel Piano Provinciale di gestione dei rifiuti si asserisca che l’ “impianto di termoutilizzazione di Selvapiana costituirà il completamento della filiera impiantistica prevista dall’intesa sullo smaltimento dei rifiuti dell’area Valdarnese” e che “risulta opportuno attuare il massimo potenziamento possibile, tenendo conto dei limiti derivanti dalla collocazione dell’impianto in vicinanza della riva del fiume Sieve che sconsiglia di estendere significativamente l’area dell’impianto”.
Indubbiamente la previsione da progetto, di cui alla presente procedura di AIA, di incrementare l’estensione dell’area dell’impianto rappresenta di fatto una espansione significativa (compressa peraltro dall’area con vincolo alla escavazione per la presenza di area bonificata).
>44<
1. 3. 5. Piano Energetico Regionale
A pag 23 si dice: “Il Piano Energetico Regionale favorisce e promuove l’uso delle fonti rinnovabili e, in special modo, la produzione energetica derivante da rifiuti o prodotti di risulta del loro trattamento.”
Questa affermazione non risulta veritiera in quanto i rifiuti non possono essere considerati una fonte rinnovabile.
CAPITOLO 2
“DESCRIZIONE DEL CICLO PRODUTTIVO”
>45<
2.1. Introduzione
A pag 25 si dice: “La sua realizzazione avverrà su superfici diverse da quelle attualmente occupate dalle sezioni impiantistiche, anche se sempre nell’area dell’impianto; l’accesso all’area verrà sostanzialmente modificato, spostandolo verso valle della Sieve rispetto all’attuale, sulla SS 67 da Rufina a Pontassieve.”
Questa affermazione non risulta coerente con il progetto in quanto la superficie occupata dall’impianto non può essere la stessa, visto che sono previsti espropri di proprietà di terzi.
Sempre a pag 25 si legge: “Il futuro impianto avrà elevato contenuto innovativo e porrà fra i suoi obiettivi la valorizzazione, il trattamento e lo smaltimento sia di frazione combustibile derivante da selezione di RSU, ed  altri rifiuti assimilabili agli urbani quali speciali, cimiteriali e altre tipologie selezionate ed autorizzate di rifiuti assimilabili agli urbani
Non ci sembra sensato incenerire tipologie selezionate, cioè potenzialmente riciclabili, derivanti da raccolta differenziata presso utenze non domestiche.
Se così fosse sarebbe vanificato lo sforzo dei cittadini impegnati nella raccolta differenziata sia essa Porta a Porta o a metodo stradale.
Anche da un punto di vista ambientale e di impatto integrato, l’eventuale incenerimento di materiali riciclabili o riutilizzabili  appare  non virtuoso e  non conforme alle normative vigenti. Anche dal punto di vista del bilancio energetico, disfarsi di materiali riciclabili per poi doverne riprodurre altri, è fallimentare.
A pag. 26 si dice: “La progettazione architettonica è stata orientata, al contempo, verso la migliore integrazione nel contesto paesaggistico circostante”.
Non si riesce a capire come possa il rivestimento di edera rendere tale impianto integrato nel paesaggio circostante, ammesso che questa sia la soluzione finale.
Se è la soluzione finale fosse il  “camuffamento” dell’impianto con l’edera e rampicanti - ma non è ancora dato saperlo con totale certezza- è fin troppo facile ribadire che sarà di difficile manutenzione per cui ben presto si rivelerà del tutto inadatto a svolgere la funzione di integrazione col paesaggio circostante.
A pag. 27 della Relazione AIA  si dice:
La progettazione del processo è stata orientata, in primo luogo, verso:
·        un sistema di conversione termica del rifiuto basato su una tecnologia consolidata e provata e in grado di assicurare il massimo dell’affidabilità e della continuità di esercizio;
·        la garanzia di affidabilità e di continuità di esercizio e di una massima produzione di energia elettrica;
·        la massima limitazione degli impatti ambientali dovuti alle emissioni gassose al camino, alle polveri e alle emissioni sonore.”
L’affermazione che la progettazione è orientata alla massima limitazione degli impatti ambientali sarebbe vera se il proponente richiedesse i limiti di emissioni in atmosfera inferiori a quelli previsti dal D.Lgs. 133/2005 e s.m.i. dato che dichiara di utilizzare le Migliori Tecniche Disponibili.
In tutto il progetto manca però un’analisi accurata della scelta delle localizzazioni ideali per un impianto insalubre come quello previsto.
>46<
2. 2. 1.  Quantità e caratteristiche dei rifiuti da trattare
A pag 27, nell’elenco dei rifiuti che verranno trattati, si dice: “I rifiuti conferiti all’impianto apparterranno alle seguenti tipologie:
·        rifiuti da fibre tessili lavorate cod. 04 02 22
·        imballaggi in carta e cartone cod. 15 01 01
·        ecc.”
L’incenerimento dei materiali su esposti, come già accennato in altre osservazioni, si contrappone alle finalità di riciclo e riuso derivanti dalla pratica della raccolta differenziata ed appare comunque in contrasto con lo Statuto del CONAI in cui all’art. 3, comma 1, si legge: “ Il Consorzio ha personalità giuridica di diritto privato, non ha fini di lucro ed è costituito per il raggiungimento degli obiettivi globali di recupero e di riciclaggio dei rifiuti di imballaggio richiamati dall’art. 220 del D. Lgs. 3 aprile, n. 152, nonché per garantire il necessario coordinamento con l'attività di raccolta differenziata.”
 >47<
2. 2. 2. Capacità di trattamento dell’impianto
A pag 28 si dice: “L’impianto opererà con una sola linea”.
Tale affermazione, nell’ipotesi di teleriscaldamento richiesta in conferenza dei servizi ma già scartata dal proponente, rende inopportuno tale progetto in quanto non garantirebbe una continuità di riscaldamento alle eventuali utenze servite.
In riferimento agli schemi di pag 31 e 32 , questi sono esplicativi della quantità di materia che viene introdotta nell’impianto per l’incenerimento e  della quantità di materia residuale all’incenerimento.
Lo schema a pag. 31 è relativo al processo con uso di calce, mentre  quello a pag. 32 è relativa al processo con uso di bicarbonato.
Se si usa la calce e facendo qualche somma, si ha:
                                         Entrate = 75.257,5 Kg/h ( di materia )
                                         Uscite = 75.062,4 Kg/h  ( di  materia)              
Se si usa il bicarbonato, si ha:
                                         Entrate = 75.315,5 Kg/h ( di materia )
                                         Uscite  =  75.208 Kg/h  “               “
Per il principio della conservazione della massa di Lavoiser, che dice: “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma -1772-”, dalle figure suddette appare chiaro che la quantità di  materia residuale al processo di incenerimento è identica, o di poco inferiore, alla quantità di materia che viene incenerita. Inoltre la materia residuale in termini di scorie, ceneri e residui sarà pericolosa e dovrà essere conferita in discariche controllate per rifiuti speciali.
Viene così disatteso uno degli scopi primari della termoutilizzazione che  dovrebbe ridurre il conferimento in discarica. Un’ analisi accurata delle possibili alternative strategiche e di processo individuerebbe  una soluzione migliore  (BAT).
>48<
2.2.3.2.3 Descrizione griglia e camera di combustione
Per garantire la flessibilità della griglia durante la combustione dei rifiuti, dato che sono molto vari e potrebbero raggiungere valori di PCI piuttosto elevati, è previsto un raffreddamento ad aria o ad acqua in dipendenza della tecnologia costruttiva che sarà applicata. Questo vuol dire, nel caso si opti per tecnologia di raffreddamento ad acqua, che i consumi dell’acqua saranno maggiori rispetto a quanto dichiarato. Quanto sarà il quantitativo di acqua in più che l’impianto dovrà utilizzare?
>49<
2. 2. 3. 3.  Sezione di recupero energetico
A pag 60 si dice: “La sezione di recupero energetico sarà dedicata alla produzione di energia elettrica a partire dal vapore surriscaldato prodotto nella precedente sezione di recupero termico e al trattamento del condensato (ciclo termico).”
Anche in questo caso non viene preso in considerazione il teleriscaldamento proposto in conferenza dei servizi, che ricordiamo, era una prescrizione della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) inderogabile.
CAPITOLO 3
>50<
“ENERGIA”
Il bilancio energetico del progetto appare viziato da interpretazioni di comodo a seconda di quello che si vuole dimostrare. In particolare nella sezione della sintesi non tecnica del SIA (cap.3.3) riguardante i fattori climatici globali non si considera nel bilancio la CO2 immessa nell’ambiente durante la produzione dei materiali che si va ad incenerire.
Il Dott. Federico Valerio (ricercatore presso l’Istituto Nazionale per la Ricerca sul  Cancro di  Genova - http://www.istge.it/ - dove dirige il Servizio di Chimica Ambientale), e R. A. Denison, in vari interventi presso le pubbliche amministrazioni,  (non ultimo quello presso la Provincia di Savona, che ha optato per una scelta diversa dall’incenerimento  per risolvere lo smaltimento dei rifiuti), hanno dimostrato che tenendo conto anche di questo aspetto il bilancio cambia completamente. Ad esempio la produzione di un chilogrammo di PET richiede 17,5 chilogrammi di acqua e rilascia in atmosfera 40 grammi di idrocarburi, 25 grammi di ossidi di zolfo, 18 grammi di monossido di carbonio e 2,3 chilogrammi di anidride carbonica (Paul Mc Rande, The green guide, in State of the world 2004, Edizioni Ambiente, Milano 2004, pagg. 136-137). Quindi alle emissioni di CO2 originate dalla produzione dei materiali plastici si andrebbero ad aggiungere anche quelle derivanti dal loro incenerimento comportando un aumento drastico delle emissioni rispetto ad un corretto riciclaggio.
>51<
3.1.1.1 Descrizione caldaia
A pag 65 si dice: “Gli spurghi della caldaia verranno raccolti all’interno di un apposito serbatoio avente capacità pari a 5 mc3…”
Non viene specificato in quale maniera gli spurghi della caldaia vengono smaltiti.

>52<
3.1.2.1 Descrizione processo
Nella nuova relazione si fa riferimento alla predisposizione  per spillamento di vapore per l’eventuale teleriscaldamento (previsto in conferenza dei servizi).
Nelle tabella di pag. 87/88 della Relazione Tecnica non si capisce se per il rendimento totale dell’impianto viene considerato anche il vapore destinato al teleriscaldamento.
L’ipotesi del teleriscaldamento, se pur inserita in questo paragrafo, non trova corrispondenza nel resto della documentazione presentata in quanto si evince chiaramente che questa opera “compensativa” per il mantenimento della qualità dell’aria, essendo problematica da realizzare per diversi motivi, è stata scartata.
In fase di VIA il teleriscaldamento era stato indicato quale misura compensativa per il mantenimento della qualità dell’aria. Oggi, in AIA 2010, viene deciso che il teleriscaldamento non sarà realizzato, per cui risulta chiaro ed evidente che il progetto in definitiva non presenta nessuna misura compensativa per il mantenimento della qualità dell’aria, disattendendo totalmente la normativa vigente.
L’altezza del camino è stata cambiata passando dai 50 metri ai 62 m. ( anche se alcuni documenti non sono stati ancora aggiornati e l’altezza è rimasta di 50 m.), si dovrebbe aggiornare lo studio precedentemente effettuato su “un area sensibile“ di raggio 3 Km.  in quanto gli inquinanti emessi dal camino si andranno a disperdere più lontano e quindi l’area di studio dovrebbe essere di conseguenza di raggio  maggiore ai 3 km. considerati.
CAPITOLO 4
>53<
“EMISSIONI”
In nessuna parte della spiegazione del trattamento fumi viene precisata la tipologia di rifiuti utilizzata come dato di ingresso. Quindi lo scenario di riferimento esposto non ha alcuna base per quantificare l'efficacia assoluta del trattamento fumi.
L'unica esposizione possibile in queste condizioni sarebbe quella che indica l'efficacia del trattamento dei fumi in termini percentuali di riduzione dei vari inquinanti.
Non ci è ben chiaro inoltre se sono stati presi in considerazione i flussi gassosi uscenti dal serbatoio di stoccaggio dei residui provenienti dalle tramogge del filtro a maniche.
Nella relazione AIA del 2007, questi producevano circa 1.279.200 … residui dal filtro a maniche derivanti dalla reazione di bicarbonato di sodio o calce.
A che unità di misura si riferisca il numero sopra, non lo sappiamo perché a questa  osservazione non ci è stato mai risposto.
Nella nuova relazione non ci sembra che questa caratteristica venga analizzata.
Ci chiediamo se questa emissione è stata superata da modifiche tecniche o è sempre attuale, in questo caso vorremmo sapere questi residui quanti sono e come vengono smaltiti. 
Alcune delle tante emissioni vengono considerate in modo un po’ frettoloso perché il proponente afferma che siano tutte all’interno del corpo di fabbrica e/o convogliate (ma la E9 per esempio è relativa alla fossa di stoccaggio, che è fuori dal corpo di fabbrica).
Secondo il DM 31 gennaio 2005 recante “Emanazione di linee guida per l'individuazione e l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili, per le attività elencate nell'allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59”, le emissioni diffuse soprattutto nell’iter di AIA, devono essere identificate, monitorate, quantificate e ridotte.
Inoltre, nel DM suddetto, si legge: “Il gestore dell’impianto, nel richiedere l’AIA, deve presentare idonea documentazione progettuale relativa alla definizione di un piano di monitoraggio e controllo delle emissioni del proprio impianto e di ogni altra caratteristica d’impianto rilevante ai fini della prevenzione e del controllo ambientale”.
Le emissioni  E2-E3- E4- E5- e E7 non vengono prese in considerazione nemmeno nell’allegato 13 “Piano di Monitoraggio e controllo”, in cui ci si orienta più che altro sull’emissione E1.
Già in precedenti pareri di Arpat ( 22 gennaio 2008) si richiedevano “approfondimenti in merito ad ogni emissione individuata, onde poterne determinare con precisione l’entità, la modalità di emissione, la campionatura e la significatività ai fini autorizzativi”.
Anche per le emissioni diffuse, che non vengono prese in considerazione, nello stesso parere si legge: “di cui si dovrà valutare la presenza, l’entità e gli eventuali sistemi di contenimento”.
Ricordiamo inoltre come venga ignorato del tutto il “principio di precauzione”: qualora esista il rischio di danni gravi e irreparabili, la mancanza di piena certezza scientifica non può costituire il pretesto per rinviare l’adozione di misure efficaci per la prevenzione del degrado ambientale(1992, Conferenza Internazionale di Rio de Janeiro su Ambiente e Sviluppo e inserito nel Trattato Costitutivo dell’U.E.(art. 174), con il Trattato di Maastricht, 1992).
Si vuol ignorare, al raggiungimento delle elevatissime TEMPERATURE di COMBUSTIONE, che :
o   il particolato che esce dalla canna fumaria è delle più piccole dimensioni (diametro in micron PM2,5 e inferiori);
o   non viene fermato da nessun filtro B.A.T. (Best Available Techniques, la migliore tecnologia possibile);
o   si concentra nei nostri polmoni, supera il filtro alveolo-endoteliale e viene immesso nel circolo ematico dell’organismo (PM0,5, PM0,1: il particolato ultrafine).
o   Più piccole sono le dimensioni delle particelle di qualunque combustibile (Pet-coke, Cdr o quant’altro) più grande è la volatilità, l’invasività e il danno cellulare.
o   Le ceneri leggere e quelle pesanti sono le più pericolose scorie dei cementifici e degli inceneritori.
Ciò che importanti ricercatori (epidemiologi molecolari) stanno rivelando con sempre maggior evidenza scientifica è che le sostanze inalate (PM0,1) in 60 secondi vanno in circolo e in 24 ore si trovano nel cervello. Possono penetrare il nucleo cellulare, violare il DNA e indurre mutazioni genetiche!!!
Si sta facendo strada la consapevolezza che le modificazioni del DNA sono la causa di patologie transgenerazionali, trasmissibili ai nostri figli e rivelarsi a volte soltanto nei nipoti!
>54<
4.2 SCARICHI IDRICI
Non ci sembra che la Relazione Tecnica affronti il problema del trattamento delle acque in eccesso utilizzate per lo spegnimento delle scorie che a lungo andare si caricano di sostanze tossiche e nocive.
Il progetto poi non presenta studi specifici alla falda acquifera, tenuto conto del pompaggio effettuato dai due pozzi artesiani, dell’interferenza della fossa di stoccaggio, del fatto di essere in area golenale sulle rive del fiume Sieve e presso aree  oggetto di bonifica.
Inoltre non si va a spiegare come mai l’uso di acqua potabile è così aumentato dalla precedente relazione AIA/2008.
Dagli schemi di pag. 31 e 32, il consumo di acqua potabile è passato da 80 kg./h. a 256 kg/ora (sia che si usi il bicarbonato di sodio o la calce).
Dallo schema riportato a pagine 92 si evince un consumo di acqua potabile, sommata a quella industriale pompata dai pozzi artesiani è estremamente  rilevante, fattore, questo, da considerare negativamente  per l’analisi integrata ambientale.
>55<
4.3.3 Confronto con i limiti
Dalla pag. 112 della relazione si nota che i valori di emissioni acustiche previsti per l’impianto sono estremamente vicini ai limiti  previsti dalla legge e si evidenziano delle scelte non cautelative soprattutto nel futuro.
>56<
4.4.          Rifiuti
Nell’elenco dei rifiuti prodotti non ci sono le “ceneri di caldaia contenenti sostanze pericolose” ( ex CER 190115*). Di “polveri di caldaia”, se rispondenti al codice anzidetto, se ne parla anche a pag. 116. Con il recente aggiornamento dei codici CER questa tipologia di rifiuto è confluita in altro codice? Quale?
La tabella di pag. 116 evidenzia che vengono prodotte 2441,7 Kg/h  di scorie , ma questo  valore non corrisponde alla figure di pag. 31 e 32 che indicano un valore di 3050 kg/h (indipendentemente se si utilizza bicarbonato o calce).
Anche se si sommano, alle 2441,7 le altre della figura a pag. 117, i risultati non coincidono con le suddette tabelle.
Inoltre la tab. 53, pag. 101, evidenzia che si producono 203 kg/h di ceneri e 164 kg/h di residui, ma i dati  corrispondono solo nel caso si utilizzi la calce.
Se si utilizza  il bicarbonato i valori infatti sono: ceneri 215 kg/h e  residui 171 kg/h
CAPITOLO 5
>57<
5.1.1.3 Filtro a maniche
Da pag. 122 si dice: “...(sulle maniche si formerà, progressivamente uno strato costituito da polvere, sali e reagenti, sul quale potranno definitivamente completarsi le suddette reazioni chimiche).”
“....Le maniche filtranti saranno costituite da un involucro cilindrico di tessuto sostenuto internamente da un cestello realizzato in rete metallica.
Le polveri accumulatesi sulla superficie esterna delle maniche daranno origine ad una perdita di carico nel flusso diretto verso il camino per cui le maniche dovranno essere periodicamente “scosse” per rilasciare le polveri trattenute: il “lavaggio” avverrà mediante lo sparo di un getto di aria compressa all’interno della singole file di maniche.”
Non  è specificato ogni quanto deve essere sostituito il filtro ne  come viene smaltito il filtro dismesso.
>58<
5.1.1.6 Ventilatore estrattore
A pag. 126 si dice: “Il ventilatore sarà in grado di adattarsi a tutte le condizioni di carico del forno (mantenendo cosi la combustione più stabile possibile) e, a tal proposito, sarà regolato mediante un apposito dispositivo di variazione della velocità di rotazione (inverter) pilotato dal valore della depressione misurato in camera di post combustione: se tale valore risultasse inferiore al set point (e questo implicherebbe un eccessivo “tiraggio”), la velocità di rotazione dovrebbe diminuire; se il valore della depressione risultasse superiore al set point, la velocità di rotazione dovrebbe aumentare (e, di conseguenza, anche il “tiraggio”)”
In riferimento alla velocità di rotazione non si capisce perché si continui ad usare il condizionale “ dovrebbe diminuire”, “dovrebbe aumentare”.
>59<
5.1.3.1  Sistema di monitoraggio delle emissioni
A pag. 142 si dice: “ Gli elementi qualificanti di questa soluzione tecnica saranno:
·        certificazione dell’Ente di Controllo Tedesco TUV per le misure di HCl, NH3, H2O, NO, CO, CO2, SO2, Hg e O2, secondo 17 BlmschV per impianti di incenerimento
·        semplicità di progetto globale per minimizzare i costi di installazione e gestione con operazioni di manutenzione di routine ridotte al minimo
etc.
Non si capisce come mai all’interno di un progetto così importante venga ritenuto come fattore qualificante la minimizzazione dei costi di installazione e gestione del sistema di monitoraggio delle emissioni.
A pag. 142 si dice: “Il monitoraggio continuo delle emissioni gassose in atmosfera sarà effettuato mediante un sistema di analisi continuo su tecnologia FTIR”.
Non è chiaro cosa si intende per monitoraggio in continuo e qual è l’intervallo di tempo che viene considerato per definirlo monitoraggio in continuo.
>60<
5.3.1 Sistemi di contenimento
Nell’analisi dell’impatto acustico sono state prese in considerazione le sole sorgenti puntuali di rumore ma non sono stati valutati gli impatti diffusi delle tubazioni del vapore (seppur opportunamente coibentate) e dei vari spurghi continui che inevitabilmente devono esserci in questo tipo di impianti. Il rivestimento esterno dell’impianto ha una funzione preminentemente estetica e non può assolvere ad una funzione di mitigazione dell’impatto acustico.
>61<
5.3.2 Verifica del rispetto dei limiti di legge
A pag. 156 si dice: “Dalle valutazioni effettuate tramite lo sviluppo del modello numerico per la stima previsionale di impatto acustico prodotto dalla messa in funzione del nuovo impianto di termovalorizzazione, i valori di pressione acustica calcolati ai ricettori sono inferiori ai livelli misurati presso di essi in periodo antecedente all’inizio dei lavori.”
Si continua a parlare di nuovo impianto creando confusione tra nuovo impianto ed ampliamento.
Inoltre, visto che la pressione acustica misurata sui ricettori è dovuta alla componente dell’inceneritore attuale più altri fattori, non è chiaro se l’inquinamento acustico per la stima previsionale è inferiore a quello attuale nel suo complesso o tale impatto va sommato alla componente non generata dall’attuale impianto.
CAPITOLO 6
>62<
“BONIFICHE AMBIENTALI”
A pag. 160 viene detto: “Non sono state effettuate indagini ambientali, campionamenti ed analisi chimiche finalizzate alla valutazione dello stato di qualità di suolo, sottosuolo ed acque sotterranee sul sito in esame.
Allo stato attuale sul sito non sono state, inoltre, avviate procedure di cui al precedente D.M. 471/99 e al vigente D.Lgs. 152/06.”
Tale affermazione è estremamente vaga in quanto non viene specificato se e quando una bonifica deve essere fatta.
Inoltre non è chiaro come si possa descrivere lo stato del sito di ubicazione dell’impianto senza aver effettuato indagini ambientali, campionamenti ed analisi chimiche finalizzate alla valutazione dello stato di qualità di suolo, sottosuolo ed acque sotterranee, soprattutto se ricadenti in area golenale e a vulnerabilità degli acquiferi elevata.
>63<
I nuovi elaborati di AIA per il progetto in questione continuano a non prendere in considerazione la bonifica del sito sul quale sarà costruito il nuovo inceneritore. Si fa presente che l’impianto esistente sarà completamente demolito (cfr. all. 14) e che Arpat si era  già espressa in questo modo: “Relativamente all’impianto esistente, che sarà messo fuori servizio, si ricorda che dovrà essere presentato un apposito piano di dismissione e di ripristino ambientale del sito, completo di cronoprogramma degli inteerventi. Tale piano dovrà essere presentato  prima dell’attivazione dell’impianto oggetto del presente parere”(pag. 2-Parere di Arpat n. 81937 del 30 settembre 2008).
Oltretutto ci sembra del tutto irragionevole non effettuare la bonifica del sito dell’attuale inceneritore poiché durante i lavori di cantierizzazione è prevista movimentazione di terra ed escavazione di diversi metri del terreno fino alla falda per la creazione della fossa dei rifiuti. L’inquinamento del suolo e sottosuolo, dovuto all’attività ultratrentennale dell’attuale impianto potrebbe produrre, durante la fase degli scavi, un grave danno ambientale dato che gli inquinanti arriverebbero alla falda e al fiume.
CAPITOLO 7
>64<
“STABILIMENTI A RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTE”
A pag. 165 viene detto: “All’interno dello stabilimento non risultano presenti sostanze classificate come pericolose ai sensi della vigente normativa in quantità tali da superare i limiti previsti dal Decreto di riferimento
Nella Relazione Tecnica del 2007 in prossimità di questo paragrafo vi era una tabella che rappresentava i quantitativi e la classificazione delle sostanze pericolose di cui si diceva che sarebbero state comunque quantità considerevoli di sostanze pericolose”.
Ci chiediamo che fine abbiano fatto queste sostanze nella nuova Relazione.
Ricordando che l’ubicazione dell’impianto attuale, e ci auguriamo improbabile nel futuro, è in zona a rischio esondazione e a monte della presa dell’acquedotto.
CAPITOLO 9
>65<
“VALUTAZIONE INTEGRATA DELL’INQUINAMENTO”
In tutto il paragrafo non è chiara la metodologia di attribuzione dei livelli di rischio.
>66<
9.3.3 Gas naturale
A pag. 171 si dice: “Il consumo annuo è legato al numero di interventi totali, ad oggi non quantificabile”.
Non è chiaro come mai seppure non quantificabile non possa essere almeno ipotizzato. Tale dato risulta importante nei riguardi di un bilancio complessivo.

CONCLUSIONI

Per le ragioni suesposte si chiede:
A)   l’annullamento della procedura di VIA 2007 ( AD. 2123/2010);
B)   di dichiarare improcedibile la domanda di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) inoltrata da AER Impianti srl;
C)   di non autorizzare la realizzazione e la gestione dell’Impianto di Incenerimento dei rifiuti oggetto della presente procedura di AIA;
D)   l’annullamento della procedura di A.I.A. per le illegittimità denunciate nelle eccezioni pregiudiziali;
Si chiede inoltre
E)    che la Provincia riveda, con l’urgenza che la situazione impone, l’attuale Piano Provinciale di gestione dei rifiuti della Provincia di Firenze, di conseguenza il Piano Interprovinciale per la gestione dei rifiuti per le province di Firenze, Prato e Pistoia, nella parte in cui si prevederebbe l’inceneritore con produzione di energia nel Comune di Rufina località Selvapiana. Tale modifica ai Piani suddetti con lo scopo di preservare le comunità interessate da un intervento sicuramente esiziale per la salute delle popolazioni e per gli ecosistemi della Val di Siev, rovinoso per l’economia vitivinicola, olivicola, zootecnica e turistica in promettente fase di espansione e già ora altamente qualificata a livello mondiale, nella quale imprenditori avveduti e pubbliche amministrazioni, soprattutto locali, hanno profuso e dedicano energie, investimenti e risorse finanziarie.
Alla luce della letteratura scientifica sui danni alla salute e agli ecosistemi, in particolare di quella pubblicata e conosciuta dopo il 2002 (allegato 1), anno di approvazione del Piano provinciale di gestione dei rifiuti, si confida nella capacità di ripensamento delle Autorità deputate alle decisioni, segno questo sempre di intelligenza, di saggezza e di lungimiranza anche politica.



Con ogni più ampia riserva



                                                                      Il Presidente
                                                            Associazione Valdisieve
                                                                  Mauro Benvenuti
                                                  ………………………………………….
                            


                                                                      Il Presidente
                                                      Associazione “Vivere in Valdisieve”
                                                                     Roberta Vigna
                                                  ………………………………………….



Addì, 28 febbraio 2011.







Allegati:
1. Bibliografia.
2. Link Documento Le borra

ALLEGATO 1
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DELL’INCENERITORE DEI RIFIUTI

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ALLEGATO 2

http://files.meetup.com/1434076/DocumentoLeBorra.pdf

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