Le accuse dell'organizzazione: peso della burocrazia sproporzionato,
regime fiscale incapace di scoraggiare gli inquinatori, la
sottovalutazione della green economy, il dimezzamento in 5 anni dei
fondi all'Ambiente
di ANTONIO CIANCIULLO
UN PESO della
burocrazia sproporzionato, un regime fiscale pesante e incapace di
scoraggiare gli inquinatori, la sottovalutazione della green economy, il
dimezzamento in 5 anni dei fondi all'Ambiente. E' dura la requisitoria
dell'Ocse sulle politiche ambientali italiane. Alcuni dei mali
denunciati sono condivisi da altri Paesi, ma in Italia il contrasto tra
le potenzialità del sistema economico e i risultati ottenuti è
particolarmente forte. "All'ambiente è stata assegnata una priorità
relativamente bassa nella maggior parte dell'ultimo decennio", si legge
nel rapporto Ocse. "Di conseguenza, la politica ambientale italiana è
stata caratterizzata da frammentazione e la sua formulazione è stata
dettata soprattutto dall'emergenza, con un orizzonte temporale di breve
termine".
Anni di impegni presi, rinnegati, corretti all'infinito
hanno impedito di creare "un contesto stabile e favorevole agli
investimenti in materia ambientale, generando inutili costi
amministrativi". E la politica della mannaia indiscriminata non ha
portato lontano. Il bilancio del ministero dell'Ambiente è stato ridotto
del 48% tra il 2006 e il 2011 e sono previsti ulteriori tagli del 20%
per il periodo 2011-2014. Ma invece di eliminare gli sprechi si è chiusa
una fonte che alimentava settori economici importanti.
Le
imprese della green economy hanno reagito in maniera dinamica riuscendo a
contenere il danno: "Le domande di registrazione di brevetti per
tecnologie legate all'energia da fonti rinnovabili sono aumentate più
rapidamente che le domande di brevetti per tutti gli altri tipi di
tecnologie". In particolare nel campo dell'energia rinnovabile ci sono
stati investimenti pari a 21 miliardi di euro nel 2011, con un aumento
del 43% rispetto all'anno precedente. "Gli incentivi", continua il
rapporto, "hanno portato a uno straordinario incremento della produzione
di energia elettrica da fonti rinnovabili e hanno incoraggiato la
crescita e l'occupazione nel settore. Nel complesso, nel 2010 le energie
rinnovabili hanno rappresentato circa il 10% del consumo finale lordo
di energia, in aumento rispetto al 2005 (meno del 5%). L'Italia potrà
quindi raggiungere l'obiettivo del 17% di energie rinnovabili sul
consumo finale lordo di energia fissato per il 2020. Un progresso così
repentino, tuttavia, ha comportato costi sempre più elevati".
La
green economy ha rappresentato una spinta vitale che ha contenuto il
peso della crisi economica e ha permesso di abbattere le emissioni serra
del 9% tra il 2000 e il 2010, ma è stata mortificata dalla mancanza di
capacità di programmazione e di certezze delle regole. Ad esempio
l'efficienza energetica delle auto continua a migliorare e l'Italia ha
già raggiunto l'obiettivo comunitario, previsto per il 2015, di una
media di 130 grammi di CO2 per chilometro per le macchine di nuova
immatricolazione. Ma per i veicoli commerciali il miglioramento è stato
molto più lento anche a causa dei vantaggi fiscali sui carburanti di cui
godono gli autotrasportatori: chi inquina di più paga di meno. Le tasse
automobilistiche non prendono in considerazione i livelli di emissione
di CO2 e quelle sui camion non sono legate a criteri ambientali.
Allarme
anche sul fronte dell'acqua. Il cambiamento climatico - ammonisce
l'Ocse - renderà ancora più grave lo stress idrico che già colpisce
l'Italia. Aggiungendo l'inquinamento delle acque si ottiene un quadro
preoccupante: oltre un terzo dei fiumi e dei laghi e l'11% dei corpi
idrici sotterranei non raggiungeranno gli obiettivi di buono stato
ecologico fissati dalla direttiva europea per il 2015.
(08 marzo 2013)
fonte: http://www.repubblica.it/ambiente/2013/03/08/news/ocse_ambiente-54097090/
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