La Conferenza dei Territori, un incontro tra i movimenti nazionali in difesa dell’ambiente e contro le infrastrutture inutili e dannose che opprimono il territorio e i suoi abitanti, si è tenuta a Firenze nei giorni 6 e 7 ottobre. È stato scelto uno slogan che mettesse in risalto il fatto che i gruppi popolari sono un importante fattore di tutela e di crescita culturale: “Le resistenze nei territori difendono e rilanciano il Bel Paese”.
È evidente – e ormai e dato condiviso – che il fenomeno delle grandi opere inutili è connaturale a questo sistema economico che ha come dogma la ricerca del profitto e come concetto di libertà solo quello di garantire la ricerca dello stesso. Territori e abitanti sono piegati a questo imperativo, tanto da mettere a rischio la sostenibilità stessa del pianeta. In Italia, paese dotato di un patrimonio paesaggistico e artistico ricchissimo, l’esigenza della tutela diventa particolarmente sentita e questa si somma al diritto a condizioni di vita sane e dignitose.
Nel confronto e scambio di esperienze è emersa l’esigenza di una reale democrazia che consenta alle popolazioni di decidere della loro vita, mentre l’esperienza mostra che il sistema di governo del territorio è purtroppo in mano alla élite finanziaria e industriale.
È stato constatato che soddisfare le reali esigenze di un territorio sarebbe molto più economico che non seguire i fantasmi di mega-infrastrutture che non servono a niente. Emblematico l’esempio della Calabria che vede quantificate in circa 7 miliardi le reali esigenze, mentre si progettano cose che arrivano a costare 24 miliardi (senza contare il ponte che ancora minaccia lo stretto).
Un altro capitolo del dibattito è stata la critica ai principali soggetti economici: Confindustria e sindacati. Entrambi chiedono a gran voce “grandi opere, grandi opere” ovunque e comunque. Particolarmente grave che lo chiedano i sindacati senza rendersi conto che i grandi cantieri richiedono, a parità di investimenti, molta meno mano d’opera, cioè posti di lavoro, che non diffusi cantieri di manutenzione e restauro.
Diversi contributi hanno riguardato il tema dell’energia, della sua produzione, del trasporto, dello stoccaggio, dei perversi sistemi di sovvenzione, della necessità di diffondere fonti di energia alternativa che siano comunque indirizzate verso l’autoproduzione piuttosto che verso mega impianti invasivi e pericolosamente monopolisitici.
Il tema dei rifiuti ha messo in evidenza come la gestione finanziaria del settore provochi costi, sprechi nonché danni ambientali e sanitari. La necessità di salvare il pianeta e la vita che lo occupa impongono un radicale cambiamento della gestione delle risorse che non possono più essere affidate alla mitica mano invisibile di un “mercato” che mostra invece solo artigli rapaci.
Un capitolo a parte della questione rifiuti è stato affrontato, quello del grave problema dello stoccaggio delle scorie nucleari presenti anche nel nostro paese. Legato a questo il problema delle spese militari, una colossale “opera inutile” che rischia però di diventale letale. Il movimento No
MUOS ha evidenziato bene questo problema.
Se, dietro ogni tema, è stata presente la denuncia della mancanza di reale democrazia nei processi decisionali e di corretta informazione, allo stesso modo è apparso evidente che dietro ogni resistenza, ogni lotta, è presente un progetto alternativo frutto di un concreto processo di partecipazione, dove l’imperativo non è il profitto ma il bene e l’utilità comune, quella di tutti, anche di quell’1% che sta razziando ogni risorsa naturale e umana.
Nel confronto è stata ricordata la novità di un nuovo governo che all’interno avrebbe una componente critica nei confronti delle grandi opere e che ha avuto un successo elettorale anche grazie a queste sue posizioni; la realtà di oggi è un balbettio confuso dove ancora non è chiara la linea che dovrà essere seguita. Dietro il paravento della necessità di sottoporre i grandi progetti ad una seria verifica costi/benefici si cela una dura realtà dove le lobby stanno assediando un esecutivo confuso e che occhieggia pericolosamente al partito del cemento e delle privatizzazioni. Vista comunque la pretesa novità di questo esecutivo è stato deciso di inviare una missiva in cui si chiedano cose semplici e di veloce realizzazione, cioè l’abrogazione definitiva dei principali strumenti legislativi usati per devastare il Bel Paese:
- la “Legge obiettivo” di berlusconiana memoria
- lo “Sblocca Italia” di renziana realizzazione
- il DG 104/2017 “Gentiloni” che vanifica ogni efficacia dei procedimenti di VIA.
Oltre a questi immediati provvedimenti è indispensabile ritornare alla pianificazione della realizzazione delle infrastrutture altrimenti sprechi e disastri continueranno ad essere normalità.
Impegni semplici, di veloce realizzazione; una decisione che mette alla prova concretamente la volontà del governo.
Nelle due giornate è tornata spesso nel dibattito la necessità di una manifestazione nazionale sul tema ambientale e delle grandi opere. La sintesi è che, più che una singola manifestazione, si deve avviare un percorso in cui il primo passo potrebbe essere una manifestazione diffusa in ogni luogo d’Italia l’8 dicembre, la data che è diventata a livello europeo la “giornata contro le grandi opere inutili e imposte”. La data commemora la liberazione di Venaus dal cantiere TAV durante una manifestazione popolare nel 2005.
I video della Conferenza
Nei prossimi giorni saranno messi a disposizione i video degli interventi e il materiale prodotto nei siti dei promotori:
Tiziano Cardosi
Comitato No Tunnel Tav di Firenze. Il presidente, Tiziano Cardosi, già capostazione delle Ferrovie dello Stato, è attivista di perUnaltracittà
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