Scrive l’associazione di volontariato Idra in una lettera aperta al ministro dell’Interno, Matteo Salvini: Programmi divergenti fra Lega e Movimento 5 Stelle? “Se su qualche punto non si trovasse l’accordo, la via del popolo è la via maestra, è la via sovrana”, ha dichiarato Lei ieri, signor ministro, presso la Scuola di formazione politica della Lega. E ha aggiunto: “Io son convinto che l’Italia abbia bisogno di muoversi di più, di viaggiare più velocemente, più in sicurezza, quindi c’è bisogno di più energia, più strade, più autostrade, più ferrovie, più vicinanza, più collegamenti, più possibilità di essere vicini”.
Ma la “via del popolo”, gentile ministro, si doveva praticarla sin dall’inizio con la TAV e con le cosiddette “grandi opere”. Dovrebbe essere anzi la strada maestra proprio in tutte le scelte.
Si dà il caso invece che, per fare un esempio, i Comuni e le popolazioni del Mugello contrarie, condannate a trangugiare una cantierizzazione TAV che ha fatto scempio delle risorse idriche, del paesaggio, del rispetto dei diritti dei lavoratori e degli abitanti, dei coltivatori e degli allevatori impattati, infinita e costosissima (col denaro di tutti noi), siano stati tranquillamente scavalcati.
La stessa noncuranza si è dimostrata da decenni nei confronti delle popolazioni e dei Comuni motivatamente contrari in Val di Susa, che desiderano evitare di fare la fine del ‘giardino di Firenze’. Forse converrebbe rileggersi la requisitoria pronunciata dai pubblici ministeri in occasione del processo ai costruttori del tunnel TAV fra Firenze e Bologna, o la sentenza della Corte dei Conti a carico degli amministratori pubblici regionali e centrali che la TAV hanno fortissimamente voluto: si scoprirebbe di quanta legalità, democraticità e saggezza è costellata quell’impresa.
Senza contare che il “più in sicurezza” che Lei giustamente invoca è proprio quel che manca al tunnel TAV fra Firenze e Bologna, dove per 60 chilometri sottoterra i treni ad Alta Velocità si incrociano in un unico tubo senza galleria di soccorso, e con sette ‘vie di esodo’ su quattordici che distano una dall’altra fin oltre il massimo di quattro chilometri richiesto dal decreto-sicurezza sulle gallerie ferroviarie (come leggiamo anche nel Parere della competente Commissione Sicurezza del Ministero Infrastrutture e Trasporti!). Noi Le abbiamo scritto al riguardo, gentile ministro, ma ancora non abbiamo ricevuto risposte. Neppure sul progetto di sottoattraversamento TAV di Firenze: Lei pensi che – al netto di tutte le altre criticità – persino la scintillante stazione-simbolo targata Norman Foster è stata approvata senza una presentazione alla città, senza una raccolta di osservazioni, senza una valutazione di impatto ambientale!
Quanto ad alcuni dei “più” che Ella invoca (“più strade, più autostrade, più collegamenti”), non è detto che un +ismo indiscriminato aiuti davvero, di questi tempi. Il degrado idrogeologico del nostro Paese, e i disastri cosiddetti ‘naturali’ che con sempre maggiore frequenza si registrano, derivano proprio da decenni di cementificazione fuori controllo, scatenata in nome del ‘progresso’ e della ‘modernità’. In realtà, gentile ministro, è quanto meno dai primi anni Settanta del secolo scorso che si considera progressivo e moderno un atteggiamento che metta in conto i limiti della crescita: commissionato al Massachussets Institute of Technology, lo studio del Club di Roma intitolato “I limiti dello sviluppo” ammoniva già dal 1972 sulla direzione corretta da adottare a fronte dello stato del pianeta e delle risorse, della popolazione umana e dei sistemi naturali. E molti dei guai che tuttora lamentiamo derivano probabilmente anche dal persistente delirio sviluppista di cui non siamo riusciti a liberarci. Un delirio che la TAV fin qui sperimentata in Italia nei progetti e nell’esecuzione appare per l’appunto continuare ad incarnare.
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