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giovedì 3 settembre 2015

Il WWF: Un inceneritore in Abruzzo? No grazie


COMUNICATO DEL 26 AGOSTO 2015

Una secca risposta alla ipotesi del Governo che prevede la costruzione di 12 nuovi impianti
Il WWF: Un inceneritore in Abruzzo? No grazie
Scelta illogica e pericolosa. L’esposizione alle emissioni da incenerimento rifiuti aumenta il rischio relativo di malformazioni congenite e di numerosi tumori maligni: lo si legge persino sul sito ufficiale del Ministero della Salute. La Regione difenda i cittadini abruzzesi

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«Inceneritori? No, grazie». È questa la risposta del WWF al progetto governativo che vorrebbe promuovere la realizzazione di 12 nuovi impianti per l’incenerimento dei rifiuti, uno dei quali in Abruzzo, in aggiunta ai 42 attualmente operativi in Italia.
«Ribadiamo innanzitutto – dice Luciano Di Tizio, delegato Abruzzo WWF Italia – che l’uso del termine termovalorizzazione è fuorviante e scorretto. Si vorrebbe esorcizzare con un semplice espediente linguistico quella che era e resta una scelta sbagliata, pericolosa per la salute e antica, concepita nel secolo scorso prima che le evidenze scientifiche dimostrassero che ben altra è la strada da percorrere per una gestione dei rifiuti che tenga conto anche e soprattutto dell’esigenza di tutelare il bene primario della salute dei cittadini. Ci aspettiamo per questo che la Regione scenda ufficialmente in campo contro l’ipotesi inceneritori, in difesa di tutti gli abruzzesi».
La direttiva 98/2008/CE, che il Governo cita per giustificare la scelta dei 12 nuovi inceneritori, prevede in realtà tutt’altro, proponendo una precisa gerarchia degli interventi, con al primo posto la riduzione dei rifiuti, quindi il riutilizzo, il riciclaggio e soltanto all’ultimo posto, come estrema ratio, la destinazione ad altri scopi come il recupero energetico o lo smaltimento. E ci sarebbe molto da dire anche sul cosiddetto recupero energetico da rifiuti, considerato che l’energia ottenuta con tali sistemi è estremamente costosa e minore di quella necessaria per ricostruire nuovi materiali per sostituire quelli bruciati.
Ma non sono solo questi i problemi. Basta infatti avere conoscenze elementari di fisica per sapere che “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma” (legge della conservazione della massa; postulato di Lavoiser). Bruciare i rifiuti non significa farli scomparire con un colpo di bacchetta magica, ma trasformali in qualcos’altro e questo qualcos’altro, contenuto nei fumi diffusi dal camino dell’inceneritore, è estremamente pericoloso.
Nel recentissimo Position Paper della Sezione italiana dell’ISDE (International Society of Doctors for Environment), “La gestione sostenibile dei rifiuti solidi urbani” del 12 agosto 2015, si può leggere: “Dal punto di vista sanitario, l’incenerimento è senza dubbio il peggior modo di trattare i rifiuti, perché ne riduce solo il volume. Per di più, questa metodica da un solo tipo di scarto ne genera tre (aeriformi, liquidi, solidi), ciascuno dei quali contenente sostanze tossiche, mutagene e cancerogene. A loro volta, le frazioni liquide e solide devono essere smaltite, mentre quella aeriforme viene direttamente smaltita nell’atmosfera, che viene così trasformata in una sorta di discarica per rifiuti speciali pericolosi.
Citiamo in proposito il dottor Agostino Di Ciaula, coordinatore del comitato scientifico di ISDE Italia: «Numerose evidenze fornite dalla letteratura scientifica internazionale (pubblicazioni su autorevoli riviste con revisori e impact factor), in continua crescita, hanno ripetutamente dimostrato che gli inceneritori di rifiuti emettono sostanze tossiche per l’ambiente e per la salute, che molte di queste sostanze si accumulano nelle matrici ambientali e nell’uomo, che superano la barriera placentare (danneggiando la vita fetale), che sono trasmissibili persino attraverso il latte materno e che causano un incremento di rischio sanitario per malattie neoplastiche e non neoplastiche, un aumentato rischio di ritardo psicomotorio nei bambini, un aumentato rischio di malformazioni fetali, di basso peso alla nascita e di parti pretermine».
«La certificazione di un incremento del rischio sanitario per i residenti nei territori limitrofi agli inceneritori - sono ancora parole di Di Ciaula - deriva anche, oltre che da studi internazionali, da ampi studi nazionali (ad esempio lo studio ERAS Lazio, lo studio Moniter), condotti da autorevoli enti pubblici (Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Nazionale della regione Lazio, Arpa Lazio, Regione Emilia Romagna, ARPA Emilia Romagna). Persino sul sito ufficiale del Ministero della Salute, si può trovare una Tabella tratta dalla “Relazione sullo stato sanitario del Paese 2009-­2010” nella quale si riporta un aumento del rischio relativo di malformazioni congenite e di numerosi tumori maligni in seguito all’esposizione di Comunità alle emissioni da incenerimento dei rifiuti».
Ma non basta: l’incenerimento non è conveniente neppure dal punto di vista dei risultati. Una discreta raccolta differenziata può ragionevolmente ridurre al 30% o anche a meno la parte residuale dei rifiuti da  destinare alla discarica. Ebbene le scorie alla griglia, cioè quel che avanza dopo la combustione, rappresentano circa il 30% del materiale bruciato (dato ARPA Emilia e Romagna), che andrà comunque destinato alla discarica, con l’aggravante che si tratta a norma di legge di un rifiuto speciale, per il quale servono maggiori cautele ed ovviamente maggiori costi di gestione.
«È evidente – secondo Luciano Di Tizio - che l’incenerimento è una pratica sbagliata e pericolosa utile solo a mascherare le inefficienze di molte pubbliche amministrazioni. Le buone pratiche nel campo della gestione dei rifiuti sono note da tempo. Bisogna spingere sulla riduzione alla fonte, eliminando ad esempio gli imballaggi inutili, valorizzando la vendita “alla spina” di detersivi  e altri analoghi prodotti, tornando là dove possibile al vuoto a rendere... E poi riusare tutto quello che è possibile riusare: abbiamo vissuto per anni in un consumismo sfrenato che ci ha portato, ad esempio, a cambiare prodotti ancora efficienti, ma fuori moda. Ebbene non possiamo più permettercelo e dobbiamo prenderne atto. Dopo la riduzione alla fonte e il riuso c’è il riciclo, sul quale molte amministrazioni comunali hanno efficacemente scommesso. Alla fine di questo processo virtuoso, che nella nostra regione va sicuramente migliorato, ci sono gli impianti TMB che con un trattamento a freddo riducono la parte non riciclabile. Ci sono insomma, in Abruzzo come altrove in Italia, tutti gli strumenti per ridurre davvero al minimo i volumi residuali, da destinare a discariche controllate e non certo a pericolose combustioni». 
«Il piano del Governo Renzi di costruire 12 nuovi inceneritori - conclude Dante Caserta, vicepresidente del WWF Italia - è poi profondamente sbagliato perché, sul modello dei fallimentari piani quinquennali di sovietica memoria, fissa un obiettivo generale avulso dai contesti in cui si dovrà calare. Se il Governo vuole concretamente intervenire in questo settore deve far predisporre con urgenza in tutte le regioni piani di gestione che tengano conto delle esigenze dei singoli territori, in modo che l’intero ciclo dei prodotti, con particolare attenzione al riuso e al riciclaggio, venga gestito in loco senza la necessità di creare un eccesso di impianti nella stessa area e senza essere costretti a trasportare rifiuti in giro per il Paese, aggravando ulteriormente la situazione. Servono rispetto dei principi di base, davvero ispirati alla direttiva europea, buona programmazione e capacità di guardare al futuro e non al passato. In questo quadro per gli inceneritori non c’è posto».
 
Info: 348.8130092
NOTA: il Position Paper di ISDE Italia è a disposizione su richiesta.

WWF Italia Onlus, Abruzzo

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