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Le attività e aperture del Laboratorio di Riparazione e Riuso di Londa 
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martedì 20 novembre 2018

Rispolveriamo un bell'articolo: "La Svezia costretta ad importare rifiuti per non morir di freddo"

La Svezia (nove milioni di abitanti) ha in funzione trentadue  inceneritori alimentati con rifiuti, che producono contemporaneamente calore ed elettricità.
Con il calore prodotto in questo modo, il 20% della popolazione svedese riscalda le proprie case, 

durante il lungo e freddo inverno che caratterizza le loro latitudini e l'elettricità copre i consumi di 
250.000 abitazioni.
Un esempio di successo, una scelta da esportare negli altri paesi d'Europa, compreso il nostro?
Così sembrerebbe, vista la rinnovata euforia degli inceneritoristi nostrani, dopo il regalo che gli  ha 

fatto il governo Renzi che,  con il decreto "sbloccaitalia", ha promosso i termovalorizzatori a scelta stretegica nazionale.
Ma chi plaude al modello svedese e auspica il proliferare di termovalorizzatori in tutte le regioni 

italiane, non racconta tutta la storia.
Ad esempio,  quanti sanno che nel 2006, con già trenta inceneritori in funzione, il governo svedese 

aveva deciso di tassare la termovalorizzazione dei rifiuti urbani?
In base alle dichiarazione del Ministro delle Finanze svedese, questa tassazione a carico della 

componente "fossile" dei rifiuti (plastiche miste), aveva l'obiettivo di incentivare la raccolta 
differenziata e il riciclo dei materiali e i trattamenti biologici degli scarti organici, finalizzati a 
produrre compost, metodi ritenuti migliori, ai fini della conservazione di risorse e del risparmio 
energetico.
Nel 2010 la tassa sull'incenerimento è stata abolita in quanto, in base alle dichiarazioni ufficiali,  si è ritenuto che questa scelta non sia stata utile per il raggiungimento degli obiettivi prefissati dal governo, in particolare quella di favorire il riciclo dei materiali. Ma anche questa scelta merita di essere meglio analizzata.
In quell'anno, in realtà, la Svezia riciclava e compostava il 49% dei suoi scarti, un risultato di tutto 

rispetto, specialmente se confrontato con il 33% di riciclo e compostaggio registrati in Italia.
Inoltre, sempre nel 2010, il governo svedese, per promuovere il riciclo della frazione organica,  introduceva l'esenzione di tasse sulla vendita e l'immissione in rete di biometano prodotto con la raffinazione del biogas (miscela di metano ed anidride carbonica) prodotto dalla fermentazione 

anaerobica degli scarti organici.
Infine, nel 2012 l'AgenziaSvedese per l'Ambiente elaborava un nuovo piano nazionale per la gestione

 dei Materiali Post Consumo, in accordo con le indicazioni della Unione Europea.
In questo Piano, il trattamento delle frazioni organiche prevedeva che almeno il 50% degli scarti di 

cibo fosse trattato con tecniche biologiche (compostaggio) per uso agricolo del compost prodotto e 
che il 40% di questi scarti fosse utilizzato anche per produrre biometano da usare per l'autotrazione 
o da immettere nella rete di distribuzione del gas.
Sono importanti scelte politiche che i nostrani amici degli inceneritori si guardano bene di segnalare.
Dal 2005, la quantità di rifiuti che la Svezia incenerisce (49%) e avvia al riciclo (49%) è sostanzialmente costante mentre si è costantemente ridotta la frazione di scarti avviati a discarica, arrivata all'1% della produzione, nel 2010.
I trattamenti biologici delle frazioni organiche, raccolte in modo differenziato nel 60% dei comuni 

svedesi, sono in costante crescita e, nel 2011, il 15% di tutti i rifiuti svedesi erano trattati con 
compostaggio e digestione anaerobica, valori confrontabili con quelli italiani.
La Figura 1 mostra l'andamento dei trattamenti adottati in Svezia, a partire dal 1976, per la gestione 

dei propri scarti.
La Figura evidenzia come il principale risultato delle politiche Svedesi, che fin dal 2000 aveva 

introdotto pesanti tasse per la messa in discarica di residui con alto potere calorifico e  delle frazioni organiche, abbia fortemente ridotto l'uso della discarica, a favore del recupero energetico tramite combustione, ancora oggi il principale sistema di smaltimento.
Quello che non sembra funzionare in Svezia è il riciclo dei materiali che, nel 2006, smette di crescere 

e negli anni successivi mostra una tendenza alla riduzione.
FIG 2: gestione dei rifiuti urbani svedesi dal 1975 al 2012
Quest' andamento merita di essere correttamente interpretato.
Infatti ci potrebbe essere anche un altro motivo per spiegare la decisione di abolire, nel 2010, la tassa sull'incenerimento dei rifiuti: gli svedesi stavano riciclando più del previsto e in questo modo 

lasciavano a "bocca asciutta" i loro inceneritori.
Insomma, un'eccessivo riciclaggio degli scarti con elevato potere calorifico (carta, plastica) avrebbe costretto al freddo molti svedesi, in quanto i 32  inceneritori non avrebbero avuto a disposizione tutto 

il combustibile necessario per affrontare i freddi inverni del Nord.
Pertanto, a causa delle sue scelte energetiche, avviate negli anni '80, incentrate sulla produzione di 

calore ed elettricità dai rifiuti, la Svezia, da qualche anno, si trova nella singolare condizione di dover importare rifiuti se vuole continuare a fornire calore ai suoi abitanti.
Attualmente, la Svezia importa 813 mila tonnellate all'anno di rifiuti da utilizzare  nei suo inceneritori 

con recupero di calore ed energia elettrica.
Il maggiore fornitore di rifiuti è la vicina Norvegia (152.000 ton/anno), ma rifiuti arrivano anche da 

altri paesi europei, compresa l'Italia.
La Norvegia paga per questo servizio e, in sovrappiù, si accolla lo smaltimento delle ceneri prodotte 

con i suoi rifiuti. Ceneri tossiche, a causa della loro pesante contaminazione da metalli pesanti e 
diossine che la Svezia rimanda al mittente, guardandosi bene dal doverle inertizzare e smaltire nel 
proprio territorio.
E ovvio che anche la Norvegia abbia il suo tornaconto in questo scambio, trovando più economico 

per lei far fare il lavoro "sporco" e costoso ai suoi vicini, senza accollarsi il pesante costo finanziario 
della costruzione e gestione di inceneritori.
Per il momento questa gestione funziona e, grazie ai rifiuti propri ed altrui, gli Svedesi stanno al caldo ma i tecnici del settore sanno che non potrà continure così.
Sempre più paesi, insieme alla Unione Europea, stanno scoprendo come sia più conveniente, ambientalmente, ma anche dal punto di vista energetico e occupazionale, riciclare e compostare i 

propri materiali di scarto e avviarli in nuovi processi produttivi finalizzati all'uso delle materie 
recuperate.
E obiettivi di riciclo dei materiali superiori al 70% sono tecnicamente ed economicamente praticabili.
Pertanto, prima o dopo, quando gli investimenti dei termovalorizzatori saranno stati ammortizzati, gli Svedesi, per riscaldarsi, dovranno inventarsi qualche altra soluzione.
Riscaldarsi, bruciando "corone svedesi" non è proprio una furbata!
Invece l'Italia, senza la palla al piede di un grande parco di termovalorizzatori da tenere in funzione, 

può più facilmente  avviare la scelta virtuosa dell'economia circolare, fondata sul riciclo dei materiali.
Nonostante quello che il Governo Renzi pensi, l 'Economia Circolare è la vera scelta strategica, di 

interesse nazionale, in grado di garantire nuove e stabili opportunità di lavoro, elevati risparmi 
energetici, bassi impatti ambientali e sanitari.

Una scelta che certamente la Svezia ci invidierà.

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